La Vienna musicale fra il 1770 e il 1820 è stata una straordinaria camera di compensazione di tutti gli stili musicali, fra i quali lo stile cameristico di conversazione strumentale resta uno dei più significativi; l’idea, realizzata in concreto da Haydn, Mozart e Beethoven, che un numero definito di strumenti potessero “conversare” in un loro linguaggio specifico resta una delle più alte conquiste della civiltà musicale. Oltre ai sommi compositori appena nominati, è pure da ricordare il tessuto di un pubblico di appassionati e dilettanti che tutti assieme costituivano un ambiente unico per diffusione comunicativa: a Vienna “anche i cuochi suonano la viola”, dichiarava Madame de Staël per dire che fioriva in quella città una classe di aristocratici e alti borghesi che praticavano essi stessi qualche strumento, ospitando gruppi di musicisti per concerti e “accademie musicali” domestiche.Per queste cerchie di appassionati sono nate le musiche in programma di Mozart e Beethoven. Il Quintetto per fiati e pianoforte K 452 di Mozart è poi una vetta del genere, composto nel 1784 ed eseguito nei concerti della quaresima dell’aprile dello stesso anno (in tempo di quaresima, chiusi i teatri, i concerti di musica strumentale avevano un raddoppiato impulso); non si sbagliava Mozart quando il 10 aprile 1784 scriveva al padre: “ho composto due grandi Concerti per pianoforte e un Quintetto che ha avuto uno straordinario successo: lo considero la cosa migliore che abbia composto nella mia vita”. Il miracolo di questo capolavoro è quello di tenere assieme una unità “sinfonica” di concepi- mento e una vitalità individuale di ogni strumento: oboe, clarinetto, fagotto e corno sono presenti in quello che hanno di più tipico nel timbro e nel fraseggio; in quanto al pianoforte, dialogando con gli altri strumenti, vede moltiplicare le sue facoltà espressive scomparendo fra i compagni o riemergendo con autorità di primo attore: nulla è più vicino allo spirito di Mozart di questo trovarsi a “far musica con altri”. Il Quintetto K 452 incomincia con un Largo che introduce a un Allegro moderato, ricchissimo di temi principali e secondari, di spunti, deduzioni e sviluppi; nel Larghetto successivo il modello è la cantabilità dell’aria vocale che ogni strumento prova a stilizzare secondo le sue proprietà timbriche; infine, la gemma dell’Allegretto, un Rondò pieno di verve e di spirito giocoso.Il Quintetto op.16 di Beethoven, composto nel 1796-97 (il primo movimento forse anche prima), prende chiaramente a modello il Quintetto di Mozart appena ascoltato. Ma a questo proposito è bene ricordare che, diversamente dai tempi moderni, i maestri delle età classiche non si sentivano per nulla diminuiti o limitati dal seguire le orme dei predecessori, anzi ne ricevevano stimoli a commentare e inventare; specie nel nostro caso, con un Mozart al massimo della sua parabola creativa, e un Beethoven ventiseienne che sta rapidamente assorbendo le esperienze e gli insegnamenti di Haydn e Mozart. Sicché, rispetto all’infinita sapienza e libertà espressiva di Mozart, il discorso di Beethoven sembra meno ardito, la conversazione fra i cinque strumenti più legata alla forma e alle convenzioni: il che non impedisce naturalmente al- l’impronta impaziente del giovane Beethoven di farsi riconoscere. La prima esecuzione del Quintetto op.16 avviene nell’aprile 1797 in una Accademia organizzata dall’amico Schuppanzigh nella sala del dispensiere di corte Ignaz Jahn a Vienna. Come Mozart, anche Beethoven impiega lo stesso gruppo di strumenti nella medesima tonalità di mi bemolle maggiore; simile è pure l’articolazione complessiva in tre movimenti e pure analoga la prima mossa di incominciare con un portale introduttivo, un Grave che conduce all’ A llegro ma non troppo: anche qui l’Andante cantabile mira all’ampiezza vocale (e nelle prime note si può anche percepire un’eco di “Batti, batti bel Masetto” dal Don Giovanni); il Rondò, Allegro ma non troppo, è attraversato dallo stesso ritmo festoso del finale del Secondo Concerto per pianoforte elaborato proprio in quegli anni.Domenico Scarlatti è uno dei casi più sorprendenti, e non ancora ben “posseduti”, della storia della musica: ha lasciato oltre 550 Sonate per clavicembalo, quasi tutte in un solo movimento, apparentemente uguali, ma guardate da vicino tutte diverse; vero uomo del Settecento, Scarlatti non si ripete mai, sobrietà e arguto intellettualismo restano la base del suo pensare la musica. Sembra scrivere solo per sé, o per una cerchia di pochi intenditori; salvo una raccolta di 30 Esercizi stampati a Londra ha lasciato manoscritta la massa della sua opera, catalogata dal clavicembalista Ralph Kirkpatrick. La Sonata K 239, Allegro in fa minore, esordisce come una fuga, all’antica, con un tema ripetuto in tre registri diversi; ma subito lo dimentica, con scale che si inseguono velo- ci prima di insistere su una idea ritmica di carattere popolaresco. Anche nella Sonata in mi maggiore K 531 (Allegro) l’inizio è convenzionale, un semplice arpeggio, ma poi poco alla volta la sequenza di tre note scorrevoli si arricchisce di riflessi estranei, e ad un certo punto il flusso si blocca come trattenendo il respiro; quindi riprende a seguire la sua traccia, sempre in un clima di delicata sospensione.L’omaggio di Tiziano Citro è pensato come un tessuto di temi di Beethoven, sigle famose che siano ben riconoscibili, dall’attacco della Quinta Sinfonia al foglio d’album “Per Elisa”, alla Sonata detta “Al chiaro di luna”; le quattro note iniziali della Quinta, oltre ad aprire e chiudere, sono usate come richiamo all’ordine quando il discorso tende a evadere. Lo spirito del breve brano è quello del Divertimento, dove il gusto della combinazione, dell’incastro dei temi si accompagna al senso dell’omaggio; verso la fine appare e prende volume conclusivo il tema della gioia dalla Nona Sinfonia.Giorgio Pestelli
FABIEN THOUAND
Dopo avere ottenuto il primo premio del Conservatoire National Region de Paris nella classe di Jean-Claude Jaboulay nel 1996, studia con Jacques Tys e di Jean-Louis Capezzali al Conservatoire National Supérieur de Musique de Paris, dove ottiene il primo premio all’unanimità nel 2000. Dal 2001 segue la classe di perfezionamento di Maurice Bourgue al CNSM di Parigi. Ottiene nello stesso anno il secondo premio al Concorso Internazionale del- la Primavera di Praga, il terzo premio al Concorso Internazionale Giuseppe Tomassini di Petritoli.
Infine nel maggio 2002 il terzo premio al Concorso Internazionale di Strumenti a fiato di Tolone. La sua carriera si sviluppa in Francia e in tutta Europa in orchestre e complessi da camera.
Nel 2004 vince il Concorso di Primo oboe del Teatro alla Scala, ruolo che ri- copre tutt’ora, Dopo essere diventato assistente di Jean-Louis Capezzali e Gérome Guichard al CNSM di Lione, diventa Professore di oboe al Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano e al Royal College of Music di Londra.
FABRIZIO MELONI
Primo clarinetto solista dell’Orchestra del Teatro e della Filarmonica della Scala dal 1984, ha compiuto gli studi al Conservatorio “G. Verdi” di Milano diplomandosi con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore. Vincitore di concorsi nazionali e internazionali, ha collaborato con solisti di fama internazionale quali Bruno Canino, Alexander Lonquich, Michele Campanella, Heinrich Schiff, Friedrich Gulda, Edita Gruberova, Quartetto Hagen, Myung- Whun Chung, Phillip Moll, Nazzareno Carusi nonchè Riccardo Muti nella veste straordinaria di pianista.
Ha tenuto tournées negli Stati Uniti e in Israele con il Quintetto a Fiati Italiano, eseguendo brani dedicati a questa formazione da Berio e Sciarrino. Con il Nuovo Quintetto Italiano, nato nel 2003, ha già all’attivo tournées in Suda- merica e nel Sud-est asiatico.
La sua tournée in Giappone con Phillip Moll e I Solisti della Scala (Tokyo e Osaka) è stata accolta da entusiastici consensi di pubblico e critica: il pro- gramma di musiche italiane è stato raccolto nel CD I fiati all’Opera.
È stato invitato a tenere masterclass in numerose istituzioni musicali internazionali, tra le quali il Conservatoire Supérieur de Musique di Parigi, il Conservatorio della Svizzera Italiana, la Manhattan School of Music New York, la Northeastern Illinois University di Chicago, la Music Academy of the West di Los Angeles e le Università di Tokyo e di Osaka.
Tiene i corsi di alto perfezionamento all’Accademia “Cà Zenobio” di Trevi- so, all’Accademia Teatro alla Scala, al Conservatorio di Udine, al Conservatorio Superiore di Musica di Saragozza e molte altre. Vanta numerose incisioni ed è inoltre autore del libro Il clarinetto.
GABRIELE SCREPIS
Nato a Genova, studia presso il Conservatorio “Niccolò Paganini” della sua città, diplomandosi con il massimo dei voti e la lode. Primo fagotto solista dell’Orchestra del Teatro alla Scala e dell’omonima Filarmonica, all’attività in orchestra affianca una carriera in veste di solista ed in formazioni cameristiche. Ha partecipato a importanti stagioni concertistiche come il Festival di Aix en Provence, Le Settimane Musicali Internazionali di Napoli, la Stagione di musica da camera del Teatro alla Scala e dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma. Ha tenuto concerti in tutto il mondo, in prestigiose sale quali la Carnegie Hall di New York, la Tonhalle di Zurigo, la Suntory Hall di Tokyo, la Sala della Filarmonica di San Pietroburgo.
Ha all’attivo numerose incisioni, è docente presso l’Accademia Teatro alla Scala e tiene regolarmente corsi di perfezionamento
DANILO STAGNI
Diplomatosi al Conservatorio G. Verdi di Milano sotto la guida di Elvio Modonesi, a soli sedici anni viene scelto da Claudio Abbado come Primo corno solista dell’Orchestra del Teatro alla Scala, ruolo che ricopre tuttora. Negli anni 1979-80, sempre con Abbado, vince il posto di Primo corno nella European Community Young Orchestra, periodo in cui viene premiato anche in vari concorsi internazionali come il G.B. Viotti (1978), il F. Verganti di Stresa e il Concorso internazionale di fiati di Ancona (1979), oltre a vari concorsi e rassegne nazionali. Dal 1981 in poi affronta il repertorio lirico sinfo- nico con alcuni fra i più prestigiosi direttori d’orchestra come Carlos Kleiber, Leonard Bernstein, Seiji Osawa, Georg Solti, Wolfgang Sawallisch, Carlo Maria Giulini, Valery Gergiev. Con Riccardo Muti in Sigfrido, nell’Anello del Nibelungo wagneriano del 1997, ricopre il ruolo di “Corno sul Palco”. Tra le più significative incisioni con Muti: la Sinfonia per 4 fiati solisti K 297 di Mozart, l’integrale di Le baiser de la fée di Stravinskij, la Serenata n. 1 di Brahms, e inoltre con Giulini le 9 Sinfonie di Beethoven e con Riccardo Chailly due cantate inedite di Rossini come corno obbligato.
Nella stagione dei concerti 2002 della Filarmonica della Scala esegue e regi- stra in video la Serenata op. 30 per corno, tenore e archi di Britten con Jeffrey Tate, e con Muti il corno obbligato nella Messa in si min di Bach. Ha eseguito in più occasioni al Teatro alla Scala i concerti per corno di Mozart, con l’orchestra dell’Accademia di cui è docente dal 2000.
Con l’orchestra della Radio della Svizzera Italiana ha registrato i Concerti per corno di Haydn. Ha tenuto Masterclasses in Italia e Giappone (Università di Ashikaga e Sapporo Summer Festival).
Dal 2008 collabora come Primo corno ospite con la Berlin Staatskapelle Orchestra con la quale ha eseguito l’integrale delle Sinfonie di Brukner ed il Ring wagneriano sotto la direzione di Daniel Barenboim.
EMILIO AVERSANO
Ospite di importanti Festival ed Associazioni quali Serate Musicali di Milano, Amici della musica di Palermo, Ravello Festival, Teatro Politeama di Catanzaro (dove ha suonato il Concerto k 488 di Mozart con i Cameristi della Scala di Milano), ha riportato in auge un genere esecutivo di antica tradizione, la “maratona pianistica”, eseguendo a memoria nella stessa serata quattro tra i più celebri concerti per pianoforte e orchestra al Teatro Dal Verme di Milano per le Serate Musicali. Ha tenuto “Concerti – Maratona” nella Goldener Saal del Musikverein di Vienna con la Mav Symphony Orchestra di Budapest oltre che alla Gewandhaus di Lipsia, concerto pubblicato in doppio CD live che ha rice- vuto particolare attenzione dalla critica specializzata. Nel 2018 ha esordito al Teatro alla Scala nella stagione da camera, suonando il Quintetto di Dvòrak con il Quartetto della Scala. Ha inoltre appena pubblicato un CD monografico con un’esecuzione di 12 Sonate di Scarlatti. Conclusi gli studi classici si è laureato cum laude in lettere e filosofia ed ha avuto occasione di attendere per diversi anni agli insegnamenti di Aldo Ciccolini.
MARIO ACAMPA
Regista, autore e conduttore, da sempre impegnato nella divulgazione scientifica e artistica, nel 2017 scrive e dirige la prima trilogia italiana di Opera Kids Show, Le Muse di Elicona, mettendo insieme canto lirico, musica, recitazione, balletto e nuove tecnologie parlando però di bullismo, diversità e tematiche sociali, e proponendo al mondo dell’education musicale una nuova frontiera. Su Sky è ideatore e conduttore del programma tv TAO – Tutti all’Opera, per il quale vince il Premio Moige (Associazione Italiana Genitori) come miglior trasmissione dell’anno per ragazzi.
Nel 2020 è regista del primo Opera Movie Show, L’anfora di Clio, che entra nella selezione ufficiale del Torino Film Festival e, girato in pieno lockdown, racconta il mito moderno sull’origine delle muse dell’arte, approfondendo la tematica del cyberbullismo.
Per Rai Ragazzi, è divulgatore, conduttore e autore del programma di successo in diretta quotidiana La Banda dei FuoriClasse, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione su Rai Gulp. Accompagna fin dai primi giorni di lockdown, e ancora oggi, gli studenti e le studentesse di tutta Italia attraverso una trasmissione multidisciplinare e innovativa.
È il conduttore italiano ufficiale del Junior Eurovision Song Contest.
MATTEO SALA
Attore e performer diplomato all’accademia professionale di musical di Parma. Ha calcato i palchi nazionali con spettacoli musicali e di prosa, ballerino professionista ha una particolare predilezione per il tip tap di cui è anche insegnante. Da West Side Story ad Alice nel paese delle meraviglie, ama entrare nei suoi personaggi a passo di danza.