Grande successo al TAM Teatro Arcimboldi Milano per la retrospettiva dedicata a David Bowie che dal 2 aprile ha accolto più di 8.000 visitatori e che, a grande richiesta, viene prolungata fino al 26 giugno 2022.
“DAVID BOWIE the PASSENGER. By Andrew Kent” racconta attraverso le immagini e le memorie del fotografo americano Andrew Kent, la straordinaria avventura di David Bowie al suo ritorno in Europa a metà degli anni 70.
La retrospettiva si compone di oltre 55 scatti, diversi cimeli e documenti originali provenienti dall’archivio di Kent. Accanto al percorso fotografico sono stati fedelmente e filologicamente ricostruiti gli ambienti protagonisti dell’avventura europea di Bowie: dal vagone del treno che lo portò fino a Mosca, alla sua stanza di albergo a Parigi. E ancora abiti, microfoni, macchine fotografiche, dischi, modellini, manifesti, memorabilia varia e proiezioni completano la mostra accompagnando il visitatore in un viaggio spettacolare ed immersivo all’interno di una delle parentesi più affascinanti della carriera dell’icona della cultura popolare
Oltre altre all’aspetto emozionale, la mostra è anche occasione di approfondimento, sia per il grande pubblico che per i fan più appassionati: con un’analisi scientifica condotta attraverso le memorie di Andrew Kent, infatti, è stato possibile ricostruire fatti fino ad ora poco conosciuti e svelare dettagli inediti della carriera di Bowie.
DAVID BOWIE the PASSENGER. By Andrew Kent è allestita al TAM Teatro Arcimboldi Milano, luogo di eccellenza dello spettacolo dal vivo, ma anche un hub culturale dove Teatro Arte e Musica si rincorrono e si fondono.
Un percorso artistico che ha già ospitato, con grande attenzione da parte del pubblico e della stampa, mostre d’arte e che continua a essere il palcoscenico prediletto dei grandi artisti italiani e internazionali.
Sempre in tema, Finger’s A.R.T.S., il ristorante affacciato sul foyer del teatro, si lascia ispirare da David Bowie e dedica due piatti inediti proprio alla mostra in corso.
Si tratta di HIRO’S e LONG ONE, due nuove creazioni pensate dallo Chef Okabe.
HIRO’S, che rimanda inequivocabilmente al brano – e all’omonimo album – Heroes di Bowie, è dedicato a Hirota Shimpei, lo chef giapponese che da dieci anni è al fianco di Okabe e di Finger’s. Un delicato e raffinato carpaccio di butterfish (le cui carni bianche e burrose ne fanno un grande protagonista di sushi e sashimi) con crema di funghi shiitake, salsa ponzu e caviale di soia.
LONG ONE è invece dedicato a Gianmario Longoni, alla guida di ShowBees, la società che dal marzo 2020 ha preso in gestione il TAM Teatro Arcimboldi. LONG ONE è composto da nove Hakozushi (uno degli stili più antichi nella preparazione del sushi) di tonno spicy con l’aggiunta di capasanta e tartare di gambero rosso di Sicilia in salsa speciale a base di soia e wasabi: un sushi molto particolare e ricercato che rivisita, con la consueta creatività dello stile Finger’s, un grande classico della tradizione nipponica.
La mostra DAVID BOWIE the PASSENGER by Andrew Kent è prodotta da Navigare Srl e Show Bees Srl, a cura di Vittoria Mainoldi e Maurizio Guidoni per ONO ARTE
David Bowie the Passenger. By Andrew Kent
Tra il 1975 e il 1976 Bowie decide di lasciarsi alle spalle l’esperienza americana, culminata con il successo di un LP come Young Americans e le riprese del film L’uomo che cadde sulla terra, per tornare nella nativa Europa e rifondare la sua carriera.
Qualche tempo prima di morire Bowie disse che, nonostante vivesse a NY da anni, si sentiva profondamente europeo. Deve aver provato lo stesso sentimento a metà degli anni Settanta quando tentava di sopravvivere a Los Angeles tra esoterismo, magia nera e cocaina. Quest’ultima lo stava facendo implodere proprio all’apice del successo americano e Bowie cercava conforto in Addio a Berlino, il romanzo di Christopher Isherwood ambientato durante la Repubblica di Weimar, nel suo lavoro e nella musica dei Kraftwerk. Sono questi fattori importanti che spingono Bowie ad immaginare il proprio ritorno in Europa.
Berlino era la città prescelta, nonostante a Londra – la sua città natale – ci fossero i segnali di un’altra rivoluzione imminente: il Punk. L’ex-capitale del Terzo Reich non poteva non esercitare un fascino discreto su Bowie anche per via del muro che divideva due mondi:
Est e Ovest, Capitalismo e Comunismo. Una frontiera costruita nel cuore della città a creare una frizione costante, nella quale artisti come lui trovavano ispirazione.
Durante il tour promozionale del suo ultimo album, Station to Station, Bowie era diventato “The Thin White Duke” ovvero “Il Sottile Duca Bianco”: un elegante, sofisticato, pallido – ed eccessivamente scavato in viso – crooner con camicia bianca, panciotto e pantaloni neri. Un antistyle per eccellenza che nasceva dalla mente non convenzionale di un artista che aveva espanso i confini del pop, introducendo nuovi elementi come la performance, costumi di scena che avrebbero influenzato la moda, la letteratura, la politica e una teatralità prima sconosciuta in quel contesto.
Le fotografie e le testimonianze di Andrew Kent che compongono questa mostra raccontano quel periodo concitato nel quale tutto stava di nuovo cambiando sia per Bowie che per il mondo attorno a lui.
Non solo foto da palco, quindi, ma anche testimonianze di quel frenetico viaggiare, soprattutto in treno e nave (Bowie infatti detestava volare in quegli anni) per raggiungere quei luoghi dove la maggior parte delle persone comuni non poteva andare, come ad esempio il Blocco Sovietico. Bowie aveva già visitato Mosca nel 1973, ma durante una pausa del segmento europeo dell’Isolar Tour, il tour promozionale di Station to Station, annuncia al suo entourage che vuole raggiungere di nuovo la capitale russa. Sarà Andrew Kent à occuparsi dei visti per accedere all’Unione Sovietica. Di quel breve soggiorno rimangono le fotografie incluse nel percorso della mostra a restituirci un istante unico. Si tratta di snapshot e qualche foto in posa – davanti al Cremlino o al Mausoleo di Lenin – di un istante unico nel quale la fame di onniscienza che alimentava la mente di Bowie, lo stava preparando per Low, Heroes e Lodger: La Trilogia di Berlino.
Nella ex-capitale del Terzo Reich Bowie, assieme ad Iggy Pop, avrebbe scritto e registrato alcuni dei sui album piiù importanti e influenti. Musica europea: decadente, morbosa, malinconica e rarefatta in alcuni casi. La Cortina di Ferro e il Muro di Berlino attrassero Bowie e lo stimolarono a produrre la sua ennesima rivoluzione, nel tentativo appunto di cambiare il mondo e il suo mondo. Due anni dopo, se ne sarebbe di nuovo andato, non senza aver prima dato tutto, come ricorda lo stesso Kent. Alla fine dei conti, come canta in Be my Wife (Low, 1976) “I’ve lived all over the world… I’ve left every place”.
Andrew Kent (Los Angeles, 20 febbraio 1948) è un acclamato fotografo che ha creato molte delle immagini più iconiche delle superstar del rock degli anni ’70, tra cui Freddie Mercury, Elton John, Jim Morrison, KISS, Iggy Pop e Frank Zappa, anche se indubbiamente, la collaborazione più importante di Kent è stata con David Bowie dal 1975 al 1978.
Sito web: mostradavidbowie.it