In scena a Zurigo fino a 24 giugno 2022
Ancora una volta le scelte artistiche del Balletto di Zurigo non deludono. Ieri sera, infatti, lunga standing ovation per la sesta rappresentazione del balletto Peer Gynt di Edward Clug presso l’Opera di Zurigo.
Dopo essersi già fatto conoscere qui con le sue spettacolari interpretazioni sia de Le Sacre du printemps e Faust, il coreografo sloveno Edward Clug torna a coreografare per la compagnia elvetica attingendo da una delle opere più famose di Henrik Ibsen, Peer Gynt, scritto nel 1867. Presentato in prima assoluta nel 2015 dal Balletto Nazionale Sloveno di Maribor, che egli dirige, il suo Peer Gynt si presenta come uno spettacolo fantastico visivamente potente ed enigmatico e come un balletto narrativo moderno ispirato al surrealismo, all’assurdità e all’ironia.
Clug combina le versioni di Ibsen e Edvard Grieg per creare un’esperienza di danza speciale. Non solo utilizza le due note suite di Peer Gynt, ma le amplia con il Quartetto per archi in sol minore op. 27 di Grieg, il Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 16 ed estratti dai Pezzi lirici.
Con immagini di grande effetto, Clug racconta la storia di Peer Gynt, figlio di una contadina, che si fa strada nel mondo a suon di favole e bugie cercando sempre di sfuggire alla realtà. La sua ricerca di amore e avventura lo porta a confrontarsi con un mondo di troll, demoni, beduini dell’oriente e ospedali psichiatrici. Sarà solo l’amore della giovane Solveig – figura che incarna la lealtà e la dolce devozione – riuscirà a salvare l’anima di Peer Gynt.
Una coreografia vivace e mai noiosa, priva dell’utilizzo di punte ma che piuttosto predilige piedi nudi e un vocabolario contemporaneo. Un vero lavoro davvero neoclassico che consente agli eccellenti interpreti di cimentarsi con un nuovo repertorio.
Ottimo il lavoro dei costumi di Leo Kulaš, doveroso citare il lavoro svolto nel creare i vestiti dei troll che appaiono con tute gommose, livide e deformi e rendono perfettamente il magico modo in cui Peer viene catapultato. Allo stesso modo è giusto menzionare l’ottimo lavoro delle scenografie di Marko Japelj specialmente nella creazione di una rampa ad anello oblunga che solleva qualsiasi azione sul palco e, saggiamente, evita il pericolo di avere troppi corpi in scena contemporaneamente.
Naturalmente, per un adattamento dell’opera teatrale in cinque atti di Ibsen, è stato necessario eliminare e accorciare ampie parti dell’originale. Ma Edward Clug ci è riuscito in modo straordinario. Con il suo fantasioso linguaggio teatrale della danza, Clug riesce anche a incorporare ironia e satira, e in alcuni momenti ci consente addirittura di sorridere, per esempio quando ha fatto salire Peer (interpretato da un bravissimo Esteban Berlanga) su uno di quegli aerei a gettoni che da bambini trovavamo davanti alle entrate dei supermercati. Grazie a questo piccolo espediente ci ha mostrato quanto sia difficile per Peer, che è bloccato nella fase preedipica, diventare adulto. Il rapporto con la madre Åse (interpretata in modo impressionante da Mélanie Borel) è disegnato in modo molto differenziato, un rapporto che rimane bloccato nella sfera infantile fino alla morte della madre (che lo sculaccia ancora sul letto di morte). Tutti i suoi incontri con esseri femminili sono segnati dall’immaturità: Rapisce Ingrid durante il suo matrimonio; si innamora dell’astuta Anitra con incredibile ingenuità; si sottrae alla relazione con la figlia dal volto di Giano del re dei troll (magnificamente interpretato da Rafaelle Queiroz) quando dovrebbe assumersi la responsabilità del figlio concepito con lei. Riconosce in Solveig (che Francesca Dell’Aria balla con una fantastica presenza scenica), colei che lo ama davvero, come la salvatrice della sua anima in cerca di pace solo quando è quasi troppo tardi. Tutto dovrebbe ruotare intorno a Peer, il destino sotto forma di cervo bianco (Jesse Fraser) e la morte (Matthew Knight) sono i suoi compagni costanti. Nemmeno il soggiorno nel manicomio del dottor Begriffenfeldt al Cairo (splendida pantomima di Dominik Slavkovsky) e la visita dei pazzi riescono a far crollare Peer.
La coreografia di Clug è narrativamente densa, poetica e profonda, ma non rimane bloccata nella pantomima. Esige dai ballerini un ricco vocabolario di movimenti, includendo diversi momenti corali mai banali, utilizza oggetti di scena come i tappetti per le danze orientali e ancora scene spiritose e potenti come quelle dei troll. Speriamo di poter godere in futuro di molti altri lavori così ben fatti ed eseguiti.