“Aspettando il finale” è un bel titolo: da un lato, descrive un gioco tutto metateatrale, un ammiccamento al numero conclusivo di uno show brillante, dall’altro tratteggia le ombre sinistre di una catastrofe imminente. Ma soprattutto, è una crasi piuttosto trasparente dei due testi più iconici di Samuel Beckett, a sua volta icona irraggiungibile del Novecento teatrale.
La trasparenza è davvero la caratteristica principale di questo lavoro di scena e di riscrittura, interpretato e firmato da Edoardo Oliva e Vincenzo Mambella, a segnare un nuovo inizio per le attività della compagnia Teatro Immediato nella nuovissima, interessantissima sede intitolata ad Enzo Spirito.
Trasparenza nella resa di un linguaggio – semplice quanto complicatissimo da veicolare semplicemente – quale è la drammaturgia beckettiana. Più volte e sempre più incisivamente, lungo mezzo secolo di riflessione su Beckett e sul teatro contemporaneo, si è giunti ad una rivelazione: su Beckett si è sbagliato tutto, per mettere in scena Beckett bisogna preservare la messinscena da ogni aura di gravità, da ogni spessore filosofico che pure affiora e tracima come sostrato dalle superfici di un scrittura carica di allusioni. Eppure, questa rivelazione fatica a trasferirsi dalla teoria alla pratica del palcoscenico: persino le regie che basano sulla leggerezza, ispirate al cabaret o alla tecnica dei clown circensi, falliscono nel loro intento titolare. Si trasformano all’istante in torri d’avorio, perché cambiano solo il vestito a quello che resta un algido, gelido monumento.
Fino a ieri, la nostra illuminata “rivelazione” su Beckett era ancora in cerca di una insperata
“illuminazione”. Perché un Beckett come quello di Edoardo Oliva e Vincenzo Mambella mancava agli occhi ma anche all’immaginazione, all’idea, alla capacità di progettare “l’implementazione” di una concetto acquisito. Oliva e Mambella colgono un raggio di pura illuminazione: la chiave per disinnescare questo meccanismo delicatissimo risiede tutto nella lingua. La riscrittura, anzi la loro fedelissima traduzione in dialetto abruzzese delle pagine di Beckett non ha nulla a che spartire con il nuovo teatro territoriale, da Emma Dante in poi, nè con sedicenti rivisitazioni della Commedia dell’Arte e tantomeno con l’amatorialità del teatro vernacolare. Non è una ricetta per ingraziarsi il pubblico ma la “trasparente” ricezione della lezione di Beckett, che non a caso poggiava sulla ricerca linguistica. Una ricerca lavorata per sottrazione dall’autore irlandese, portando lo stesso Beckett a rifuggire la sua madrelingua inglese per “riparare” nel francese, scelto come una qualunque lingua altra che gli consentisse di emendarsi dai cortociruiti quasi inevitabili della ricercatezza, della letterarietà. E poi, quella ricerca del proprio pubblico ideale non tra le file dei dotti – capaci di cogliere le raffinate implicazioni dei suoi scambi scarni – bensì tra i semplici, i reietti o i marginalizzati, come i carcerati del famigerato Penitenziario di San Quintino.
In questo senso, appare naturale il coinvolgimento in scena di Gianna Camplone (storica paladina di progetti a favore della diversità) e dei suoi ragazzi, perché “Aspettando il Finale” è uno spettacolo di inclusione ma resta soprattutto uno spettacolo “maledettamente” riuscito. Attraverso il trittico dei quadri scenici proposti, la poetica di Beckett risalta nei suoi leitmotiv più ricorrenti, porgendosi ad una leggibilità improvvisamente specchiata, “trasparente”. Non semplicemente attuale ma eternamente presente.
Paolo Verlengia
CREDITS:
“Aspettando il Finale” da Samuel Beckett
Elaborazione drammaturgica e Regia: Edoardo Oliva e Vincenzo Mambella
con Vincenzo Mambella, Edoardo Oliva
con la partecipazione di Gianna Camplone e di Caterina Pozzi, Cinzia Chiaiese, Giampaolo Di
Carlantonio, Mattia Mucci, Martina Amicone
Assistente alla Regia: Sofia Ponente
Scenografia: Francesco Vitelli
Aiuto scenografo: Gianluca De Dominicis
Scenotecnica: Dario Marchegiani
Luci e fonica: Black Service
Foto di Scena: Carlo Pavone
Comunicazione e stampa: Roberto Melchiorre
Segreteria e Organizzazione: Anastasia Delle Monache, Silvia Palma, Veronica Pellegrini