Ritmo ed espressività corporea sono i personalissimi stilemi scenici del teatro di Emma Dante in cui è il corpo dell’attore che veicola il messaggio quando il testo è scarno o addirittura incomprensibile, come in questa messinscena ispirata alla fiaba Pinto Smauto (Smalto splendente), terzo racconto della quinta giornata de Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile.
Nel meridione d’Italia il 2 novembre, commemorazione dei defunti, è la festa dei bambini cui nella notte i morti della famiglia portano dei regali, è una ricorrenza gioiosa che omaggia la vita.
La sera del 2 novembre un vecchio ‘nzenziglio e spetacchiato (Carmine Maringola) aspetta che l’impasto di acqua, farina e zucchero lieviti per sagomarlo come un pupo da infornare e colorare, dono per le anime dei defunti. Nel buio della scena alle sue spalle le sorelle Rosa, Viola e Primula, una delle quali ha una bambola per compagna (Nancy Trabona, Maria Sgro, Federica Greco) “tre ciuri c’addorano ‘e primmavera” (una prega, una canta e una suona) tintinnano i campanelli. La mente dell’uomo, rimasto solo nella vecchia casa, man mano inizia a pullulare di immagini e ricordi vividi: ecco spuntare dal nero fondale mammina dal core tremmolante e cadenza francese (Stephanie Taillandier), il giovane padre disperso in mare (Giuseppe Lino), Pedro che giunge dalla Spagna (Sandro Maria Campagna) e si strugge d’amore per Viola, zio Antonio (Valter Sarzi Sartori) e zia Rita (Martina Caracappa) che s’abboffavano ‘e mazzate esprimendo un selvaggio erotismo, Pasqualino figlio adottivo tuttofare (Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout).
Nel buio della scena risalta la solitudine del vecchio, crollato in catalessi sull’impasto col rosario in mano. Sull’onda del respiro profondo del dormiente, la casa si popola delle figure festanti dei suoi familiari che prendono vita evocati dal ricordo e dalla nostalgia, che ballano festosamente, cantano, fanno piroette, litigano, ridono, si abbracciano proprio come avviene nella vita quotidiana. L’uomo si sveglia, desideroso di portare a termine il pupo, Viola canta armoniosamente “Luna nova” di Salvatore Di Giacomo e Mario Costa, e il vecchio le fa eco con “Mi votu e mi rivotu”, una delle più belle canzoni di Rosa Balistreri. In un tripudio di coperte colorate volteggianti, paillettes luccicanti, coriandoli fluttuanti tra passi di flamenco e canti melodiosi, tanto che il vecchio dirà tra sé e sé: “Il 2 novembre è l’unico iuorno ca ce sta nu poco de vita dinta a sta casa”.
In questo caotico afflato di vita l’impasto viene passato di mano in mano cadenzando i ritmi delle danze e sembra non voler lievitare, finché in un turbinio di piroette saranno gli stessi trapassati a plasmarlo nella sagoma antropomorfa del pupo, colorandolo e decorandolo con pietre preziose, realizzando il pupo più bello che si sia mai visto, affinché il vecchio abbia piena gratificazione.
“Tata mio, se mi vuoi bene, portami mezzo vaso di zucchero di Palermo e mezzo di mandorle ambrosine, con quattro o sei fiaschette d’acqua di rose e un poco di muschio e d’ambra, e dovresti portarmi anche una quarantina di perle, due zaffiri, un poco di granatine e rubini e un poco di fili d’oro e con tutte queste cose una madia e un rasoio d’argento”.
La vita è la vera protagonista finché la morte torna a insinuarsi, e i personaggi rientrano sul palco sorreggendo il proprio burattino che appendono a due grate unite insieme come un cancello alle spalle del vecchio. È tutto ciò che resta, mentre uno scampanellio sancirà per loro il ritorno all’Altrove e il vecchio accende i lumini prima di reclinare il capo, forse per sempre.
“I morti – scrive Emma Dante – finché ci sarà qualcuno che non li dimentica non spariranno mai”.
I burattini sono realistiche e stupefacenti sculture di Cesare Inzerillo, che si è ispirato alle mummie custodite nelle catacombe dei Cappuccini di Palermo.
Oltre al testo e alla regia, Emma Dante ha disegnato i costumi, luci di Cristian Zucaro.
Uno spettacolo che titilla vista e immaginazione, dove l’oscuro linguaggio dialettale è corollario alla potenza delle immagini pregnanti ed evocative.
Tania Turnaturi