Darwin inconsolabile (un pezzo per anime in pena) al Piccolo Teatro Grassi di Milano
Tra vita e finzione umana: verso l’interspecie
Sino al 6 novembre 2022 al Piccolo Teatro Grassi di Milano andrà in scena Darwin Inconsolabile scritto e diretto dalla drammaturga, regista e attrice romana Lucia Calamaro.
Come si sta evolvendo la specie umana? La vera domanda è: si sta evolvendo la specie umana?
Cosa farebbe Charles Robert Darwin – autore del testo Sull’origine della specie (1859) – se potesse vedere il presente?
Dentro un ritmo e situazione che evoca la sit comedy inglese, Darwin Inconsolabile (un pezzo per anime in pena) di Lucia Calamaro è un lavoro scorrevole, impegnato e ironico, con risvolti geniali e riflessioni estrapolate da metafore e parallelismi, che strizzano l’occhio a un gusto poetico, ma dall’intento rivoluzionario. Il ritratto quasi pittoresco dei personaggi, delinea atteggiamenti peculiari e topici, come di icone universali o specie umane distinte in cerca di riscatto nel mondo che essi stessi hanno creato, metafora di un mondo artefatto (il nostro) in cui non si rispecchiano e dentro il quale non riescono a comunicare. Lo spettacolo infatti mette in scena come sopravvivere all’interno di una famiglia: si tratta del rapporto tra tre figli – un insegnante (Riccardo Goretti), un’artista ambientalista (Gioia Salvatori) e un’ostetrica (Simona Senzacqua)- e la loro madre anziana (Maria Grazia Sughi) – un’artista performer in fin di vita (?) che crea accessori di scena e che custodisce (?) segretamente uno dei manoscritti originali di Darwin. La lotta per la sopravvivenza
tra madre e figli diventa lotta verbale, di opinioni e scontro di personalità.
Il carrello pieno della spesa che appare nella prima scena come metafora del caos e primo motivo di conflitto dei personaggi – ambientata all’interno di un supermercato – diventa, in un secondo momento, un letto-carrello pieno di verdure marce, collocato all’interno della stanza da letto della madre. Questa madre, che è alla continua ricerca di attenzioni da parte dei figli, adotta la strategia
ferina della tanatosi, tuttavia qui intesa più come una trappola psicologica. Fingere la vita o fingersi in fin di vita diventano per l’anziana madre due azioni intercambiabili. Dopo aver costruito una relazione con i suoi figli basata sulla finzione e sulle bugie, finisce per voler vivere la vita come su un set cinematografico per immortalarla: alla fine si scoprirà che ha registrato i dialoghi e i momenti di vita quotidiana con i figli all’interno della casa in cui abitano, sempre rappresentata da una scenografia fissa: un letto-carrello di verdure marce al centro – le quali rappresentano qui la possibilità di energia intercambiabile tra mondo umano e mondo vegetale. Sul backdrop si ergono per accumulo concettuale le creazioni-invenzioni della madre stessa, tra cui spicca la madre-terra che emette lamenti (in chiaro parallelismo con la madre di famiglia) e la macchina del “cubotto
dell’asfissia”, che per funzionare usa quasi una formula matematica applicata ai verbi: inspirare + espirare = soffocare.
La gabbia dell’antropocentrismo, del consumismo e dell’egoismo, cerca di essere spodestato dai dialoghi di questi personaggi a favore di teorie ambientaliste quali l’interspecismo e la cosmologia amazzonica, il contatto con madre natura davanti a un uomo ormai disumanizzato. Torna insistente anche l’immagine del fuoco che fa bruciare. Il tema della fine non lascia spazio a un futuro promettente. I concetti di futuro e orizzonte non trovano una collocazione, pensiamo alla frase incompleta e spezzata pronunciata da uno dei personaggi “l’alba del futuro che ci sta…..non riesco a finire le frasi”..
Lo spettacolo si chiude con un colpo di scena (la scoperta che il manoscritto custodito di Darwin è in realtà stato scritto dall’anziana madre) ma anche con una immagine dolce e poetica: il ritratto di una madre che ha “finito la scatola dei sonni (sonniferi)”, lì dove è facile l’assonanza tra sonni e sogni.
Perchè questa madre avrebbe costruito questa realtà artefatta? Si tratta di un messaggio di allerta e di salvaguardia di noi stessi e dei nostri sogni dentro un mondo che ci sta schiacciando. Perchè
costruire delle macchine di autocontrollo dentro la propria abitazione (il proprio piccolo mondo costruito per vivere meglio) e immaginare un altro tipo di evoluzione?
In concomitanza con il colpo di scena, sul palco vediamo infatti l’ultima realizzazione dell’anziana madre: si tratta del modellino dell’evoluzione della specie umana (dopo l’uomo vi è un elefante) e l’immagine di un clownesco pupazzetto di Darwin che butta fuori acqua dagli occhi. Così per rispondere alla domanda iniziale: cosa farebbe Charles Robert Darwin se potesse vedere il presente e aggiungerei, il futuro?
Piangerebbe.
Lavinia Laura Morisco