Light of Passage è la prima serata intera ideata da Crystal Pite appositamente per il Royal
Ballet, ora in scena alla Royal Opera House in diverse rappresentazioni tutte sold out.
L’opera si articola in 3 parti, dove la prima, Flight Pattern, riprende una creazione di Pite per la compagine inglese del 2017. Una prova che, allora come oggi, dimostra il fatto che la
danza può essere uno strumento per evidenziare problemi sociali – in questo caso, la
difficile situazione dei rifugiati – in modo intenso, comunicando emozioni autentiche ma
senza eccedere nel melodramma.
La vicenda di Flight Pattern si sviluppava sulle note del primo movimento della Symphony of Sorrowful Songs di Górecki: ora con Light of Passage, Pite estende la sua creazione in danza all’intera opera musicale del compositore polacco.
Light of Passage aggiunge a Flight Pattern due nuovi atti, sempre incentrati sul concetto di
passaggio e anch’essi caratterizzati da un forte realismo, che si riflette anche nella varietà
generazionale del cast in scena.
Un omogeneo corpo di 36 danzatori è il protagonista del primo brano, dove non contano
tanto i singoli quanto l’idea del gruppo. Un gruppo che viaggia senza conoscere realmente la propria destinazione, che si muove ma rimane comunque sospeso in un limbo.
Covenant (il secondo pezzo) presenta sei bambini in scena vestiti di bianco che vengono
guidati, sollevati e supportati da un gruppo di adulti. Il riferimento sociale qui è la
Convenzione sui diritti dell’infanzia dell’ONU e il principio di tutela delle giovani generazioni.
Passage, sul finale, presenta una coppia più anziana insieme al corpo di ballo ad evocare
l’idea della transizione dalla vita alla morte.
Il movimento coreografico di Pite si caratterizza per la fluidità della danza e la creazione di
forme mutevoli in scena, che si muovono come un universo che si espande e contrae.
Un’immagine efficace, che fa da fil rouge a tutti e tre gli atti e che risulta particolarmente
evidente in apertura, dove l’intero corpo di ballo ondeggia a ritmo del leitmotiv quasi
cantilenante di Górecki.
Anche costumi, luci e design riflettono un passaggio cromatico – dall’ombra alla luce. Se il
primo atto è dominato dai toni cupi del grigio, si ha una graduale apertura alla luce in
Covenant con i 6 bambini vestiti in bianco che spiccano tra un corpo di ballo ancora vestito
in scuro, fino ad arrivare ad un finale interamente settato sulla luce (dalla scenografia ai
costumi).
La serata risulta complessivamente riuscita nonostante manchi una connessione narrativa
forte tra i tre brani. Al di là della partitura e del movimento, infatti, gli atti possono essere
considerati dei lavori a sé stanti e non propriamente parte della medesima serata.
Applausi calorosi animano comunque una sala al gran completo.