SVELARSI_UNVEIL
Drammaturgia e regia di Silvia Gallerano
Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Serena Dibiase, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano e la voce di Greta Marzano
Allestimento luci Camila Chiozza
Consulenza costumi Emanuela Dall’Aglio
Una co-produzione Teatro di Dioniso e PAV nell’ambito di Fabulamundi Playwriting Europe
Si ringraziano per il sostegno e l’ospitalità Lottounico, Fortezza Est e Fivizzano27
Mi sento invasa dai consigli non richiesti dal mio bisogno di sembrare sempre dignitosa dai libri sul mio comodino.
Mi sento invasa dagli insetti dalle cimici dalle ciglia indebolite
dai capelli, prodotti per capelli, capelli nel letto, per terra, capelli bianchi.
Mi sento invasa dall’elettricità dalla luce e la luce al neon bianca dei negozi dal riscaldamento a schiaffo quando ci entri
dal produci consuma produci consuma produci consuma.
Mi sento invasa dalla dipendenza dall’erba che non mi fa ricordare i sogni al mattino dai mezzi pubblici la notte quando ci sono solo maschi a bordo da mia madre che ancora mi sbuccia la frutta
Ora io vi sembro piccola. Vi ingannate. Fra poco porterò 53 di piede. Le mie cosce misureranno 2 metri di diametro. I capelli
cresceranno spessi come crini di cavallo. Gli occhi saranno talmente grandi che nelle orbite non ci staranno. Le mani, poi, saranno gigantesche e quando ne alzerò una per grattarmi la testa, scapperete via, terrorizzati. Sarò enorme (…) Non vi sembrerò più
piccola. Sarò sconfinata.
Svelarsi è un’altalena tra questi stati: un senso di invasione, una mancanza di spazio, una compressione, da una parte. La potenza, lo strabordare, la risata travolgente, dall’altra.
La cultura patriarcale che ancora ci circonda, insegna alle donne, sin da piccole, a limitare i propri desideri di potenza, ad accettare invasioni di campo da parte dell’altro sesso (dove il campo è il
corpo), a mettersi in disparte e per senso di costrizione spesso a esplodere. Si parte da vissuti diversi che hanno una nota comune: di umiliazione, di mutilazione, di invisibilità.
Messi insieme, tutti questi vissuti, si mostrano per quel che sono: semplici soprusi, spesso meschini. Se ne vedono i contorni tragicomici, si impara a riderci su e a rispondere con una potenza che non è stata sopita.
Il lavoro di scrittura è un lavoro condiviso: ogni attrice ha scritto con le parole o con il proprio corpo la sua presenza in questo lavoro. La scrittura non è solo di parole, anzi è soprattutto una
scrittura di corpi. Le parole a volte sono gli inganni, il rumore dell’abituale: i corpi, in questi momenti di svelamento rivelano la vera essenza, il discorso non articolato ma presente.
Anche per questo Svelarsi si rivolge a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binarie). Tutte quelle che si sentono e definiscono donne: non si tratta solo di creare uno spazio sicuro per chi è sul palco, ma anche di permettere a chi guarda di sentire il proprio corpo risuonare più profondamente con quello che vede, nudo, in scena.
NOTE DI REGIA
Solo corpi femminili: è questo l’esperimento.
Quello che mi è chiaro è che Svelarsi non è uno spettacolo e basta. Potremmo definirlo una miccia: un evento che accende delle curiosità, delle domande, una visione che interroga. Potremmo definirlo un pretesto: una scusa per trovarsi in una platea separata e osservare l’effetto che ci fa.
A me piace chiamarlo esperienza o un’osservazione, perché è ancora aperta dentro di me la domanda di quale sia il risultato finale di questo percorso.
Credo che possa essere scritto solo con le persone che vi assistono.
Che lo spettacolo, se vogliamo chiamarlo così, sia la risultante dell’incontro sempre diverso tra chi è sul palco e chi è in platea; che quello che desideriamo non sia la realizzazione di un oggetto
artistico chiuso e definito bensì indagare quella zona fluttuante nella quale i corpi che sono sul palco incontrano quelli che sono seduti in platea.
Si tratta di una chiamata. Risponde chi se la sente. Non è per tutti. È per chi ha voglia di incontrarci. Non ci mostriamo come animali di uno zoo. Accogliamo chi è interessata a rispecchiarsi.
Ci sono parole. Tante. Che coprono, che proteggono i corpi. E poi ci sono i corpi. Così come li guardiamo allo specchio quando ci svegliamo. Prima di camuffarli per camminare in mezzo agli altri. Sai quando si dice: immagina una persona che ti fa paura mentre è nuda. Per smontarla. Per vedere che è composta dagli stessi pezzi che compongono te. Ecco, noi ci spogliamo proprio. I nostri pezzi li mostriamo tutti. E come i nostri corpi mostrati a pezzi, così si presenta il lavoro. Una composizione di quadri, fatti di immagini e parole. Una successione di tappe, per arrivare ad assemblare i giusti pezzi, per trovargli collocazione. Per trovargli visione.
Silvia Gallerano
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