Abbiamo incontrato la scrittrice Dacia Maraini a Castiglion Fiorentino all’incontro con gli studenti del Liceo Giovanni da Castiglione, nell’ambito degli eventi connessi al Premio ‘Semplicemente Donna’ attribuito a donne vittime di violenza di genere, a donne di diversa estrazione culturale e sociale che si impegnano a sostegno di associazioni in difesa dei diritti umani o che si distinguono in campo imprenditoriale e nella ricerca scientifica.
Le abbiamo rivolto alcune domande, anche prendendo spunto dalle tematiche trattate.
La donna è stata la grande protagonista delle sue opere
È necessario valorizzare la donna. Emily Dickinson è considerata la più grande poetessa americana, ma non ha pubblicato poesie in vita perché riteneva di non poter competere con gli uomini. Tra uomo e donna c’è una differenza culturale, di origine patriarcale, che ha escluso il genere femminile da ogni forma di potere, rendendo le donne resilienti.
È degli Anni ’70 il Dialogo di una prostituta con un suo cliente. Da allora cosa è cambiato?
Il rapporto col cliente non è cambiato, ed è inumano che si debba comprare un corpo. Oggi le donne sono più libere e indipendenti e la paura spinge in alcuni casi l’uomo al femminicidio. È una guerra di culture, l’uomo proviene dalla cultura arcaica del possesso, se la donna di cui reclama la proprietà si ribella scatta la furia che porta alla tragedia. È messa in gioco la sua identità che si scontra con l’incapacità di adeguarsi al mondo. Una piaga sociologica è invece la tratta delle schiave destinate alla prostituzione.
Nel romanzo Donna in guerra del 1975 il riscatto femminile passa attraverso la lotta politica e di classe. Oggi è ancora così?
Oggi no perché la politica non esprime valori condivisi, i valori si sono frastagliati, manca una visione comune che sviluppi una ideologia, la cosiddetta fede politica.
Anziché sulle idee, nel mondo contemporaneo la politica si basa sul potere, che produce una miriade di partiti personali dalla vita breve. Viviamo un periodo di crisi in cui non si riesce a pensare in termini di comunità e ciò che si fa di buono è il volontariato, espresso dalla volontà personale.
Come nascono i suoi romanzi?
Per descrivere l’ispirazione uso una metafora: una persona bussa alla porta, le offro caffè e biscotti, mi racconta la sua vita e va via. Ma se chiede di restare a cena e passare la notte a casa mia, vuol dire che si è attestata nella mia immaginazione e vuole essere raccontata. E allora scrivo la sua storia, perché il personaggio mi è venuto incontro.
Oggi quale personaggio busserebbe alla sua porta?
È un momento di crisi globale e tutto ciò che succede nel mondo ci riguarda. In Iran c’è una rivolta popolare guidata dalle donne, perciò oggi alla mia porta busserebbe una ragazza iraniana.
La donna come può conciliare l’affermazione di sé con un equilibrato rapporto col maschile?
Deve trovare le ragioni per sentirsi parte di una comunità, una comunità di donne e poi comunità umana, perché il cambiamento avviene quando non si è isolati. Nessuno cambia il mondo da solo, ma insieme con la forza di un’idea. Negli Anni ’70 il femminismo ha cambiato leggi secolari perché il sentimento dell’identità femminile si è sparso in tutto il mondo. È necessaria un’idea forte comunitaria.
Le donne sono più sensibili al bene collettivo?
Le donne non sono biologicamente superiori all’uomo, ma hanno subito un tale grado di esclusione ed emarginazione da sviluppare una capacità di sublimazione che gli uomini non hanno, quindi in questo momento sono storicamente migliori, ma non biologicamente.
Qual è il segreto per rimanere giovane?
Lavorare tanto, mantenere l’equilibrio interiore e non coltivare odi e rabbie ci mantiene in un buon rapporto con la vita.
Tania Turnaturi