La prima assoluta della drammaturgia scritta e interpretata da Luca Mascolo è un’emozione che perdura e induce una traslazione sorprendente dell’immagine stereotipata nell’immaginario collettivo del compositore tedesco, capace di generare, nonostante la sordità, una produzione musicale di impattante potenza espressiva, cerniera tra classicismo e musica romantica.
La messinscena si basa sul testamento morale scritto da Ludwig Van Beethoven nel 1802 a Heiligenstadt, nei sobborghi di Vienna, che resterà chiuso in un cassetto per altri 25 anni, fino alla sua morte nel 1827, attingendo anche alle lettere.
Luca Mascolo inizia a raccontare in sordina e a torso nudo la vita di Beethoven in prima persona, a partire dall’equivoco sulla data di nascita (1770 o 1772?) derivante dall’atto di battesimo, forse perché gli era stato imposto il nome del primogenito vissuto pochi giorni.
La tradizione musicale in famiglia risaliva al nonno maestro di cappella del principe elettore di Colonia e al padre tenore, uomo brutale e alcolizzato che sfruttava la genialità del figlio.
Durante lo stacco musicale del violoncello di Donato Cedrone su musiche a cura di Alessandro Cedrone, l’attore indossa la camicia bianca e il pastrano grigio e annoda al collo il foulard rosso evocando l’iconografia del famoso ritratto di Beethoven.
Con la manifestazione della sordità fin dal 1796, il compositore acquista la reputazione di misantropo poiché si chiude in un ostinato isolamento per non rivelare l’infermità e danneggiare la credibilità di pianista virtuoso, pervaso da frustrazioni, solitudine, nevrosi, arrivando a ipotizzare il suicidio (in una lettera all’amico Wegeler chiamerà la sua salute demone geloso). “O voi, uomini che mi reputate o definite astioso, scontroso o addirittura misantropo, come mi fate torto! Voi non conoscete la causa segreta di ciò che mi fa apparire a voi così. Il mio cuore e il mio animo fin dall’infanzia erano inclini al delicato sentimento della benevolenza e sono sempre stato disposto a compiere azioni generose”. La musica lo salva, la creazione artistica trascende il dolore e la sua attività compositiva non conosce soste, utilizzando una speciale bacchetta di metallo da stringere tra i denti e poggiare sulla cassa del pianoforte, per percepire le vibrazioni. Avverte la responsabilità di non sprecare il suo talento: “Mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo prima di aver compiuto tutto quelle opere che sentivo l’imperioso bisogno di comporre; e così ho trascinato avanti questa misera esistenza”.
Il tono adesso si irrobustisce, il coinvolgimento incalza veicolando passioni e sofferenza, rievocando gli idilli e gli amori deludenti. Il pensiero di Beethoven sgorga con veemenza, lascia in eredità ai fratelli e al mondo una ricchezza interiore di gioia, religiosità, creatività, libertà per contrastare tristezza, malattia, misantropia e difficoltà economiche, è l’anelito della sua anima alla bellezza e all’armonia tra arte e morale che si polarizzano nella musica.
Le parole, espressione di un pensiero che si sente investito dello spirito divino, si accavallano, il significato letterale diventa evanescente e si trasformano in suono evocativo e potente e in canto, invitando alla gioia e alla felicità. “Addio, non dimenticatemi del tutto, dopo la mia morte. Io merito di essere ricordato da voi, perché nella mia vita ho spesso pensato a voi, e ho cercato di rendervi felici – Siate felici”.
Il finale è della musica, anche quella delle vibrazioni prodotte dall’attore soffiando sull’imboccatura di bottiglie di vetro parzialmente e adeguatamente svuotate dall’acqua.
Luca Mascolo offre un’interpretazione maiuscola spaziando fra i registri di una recitazione emotiva ed empatica, veicolando l’interiorità del compositore nella sua dolorosa dimensione umana e nell’enfatica dimensione artistica, oltre ad esprimere notevoli dote canore.
Un’esperienza emotiva che merita di essere vissuta.
Tania Turnaturi