«Se vi chiedessi di colorare un principe, voi che colore usereste?». Inizia subito in medias res lo spettacolo teatrale “Viola e il Blu”, andato in scena l’11 novembre al Teatro Modus di Verona in prima nazionale. Un successo clamoroso, che ha registrato quattro sold out per tutte e quattro le recite iniziali e che preannuncia il successo per le prossime date in programma il 16 e 17 gennaio, alle ore 10, al Teatro Stimate di Verona, il 19 gennaio, ore 10, al Teatro Dim di Castelnuovo del Garda (Verona) e il 16 marzo, ore 10, all’Auditorium Vivaldi di Cassola (Vicenza). La produzione è firmata da Fondazione Aida, una realtà impegnata nel teatro e teatro-ragazzi (ma non solo), da quasi quarant’anni attiva su tutto il territorio nazionale. Lo spettacolo è tratto dall’omonimo romanzo di Matteo Bussola, che ne ha fatto la prima trasposizione drammaturgica teatrale insieme alla sceneggiatrice e scrittrice Paola Barbato. La sapiente e lungimirante regia è di Lucia Messina, che
ha immaginato un allestimento semplice eppur carico di significati, con scatole multiuso e
multicolore che diventano quadri, monopattini, divani, muretti del parco giochi, edicole, alberi e trampolini semantici. Sulla scena, due attori d’esperienza: Stefano Colli, classe 1989, che ha iniziato la sua carriera artistica a 17 anni affiancando Iskra Menarini, la storica vocalist di Lucio Dalla, all’interno di concerti, trasmissioni televisive e radiofoniche e che ha conquistato il grande pubblico partecipando a “The Voice” nel 2019, ed Elisa Lombardi, con un lungo curriculum artistico, tra cui spicca la partecipazione a importanti produzioni teatrali come “Mammia Mia” e “Flashdance”, a film sul grande schermo “La casa di famiglia” di Augusto Fornari e la compartecipazione a fiction come “Una pallottola nel cuore” e “Un passo dal cielo”.
Elisa calza a pennello i panni di Viola, con gli occhi sgranati, le sopracciglia aperte alla meraviglia e un atteggiamento ridanciano che ricorda i pomeriggi assolati senza compiti, da trascorrere tra il cortile della scuola e giù in giardino. Stefano interpreta il papà, con la sua imponente fisicità e il sorriso aperto del padre buono che abbraccia la figlia e le augura di diventare «una persona storta», perchè le persone storte sono le sue preferite. Quando era il suo turno essere figlio, non ha ricevuto gli abbracci da suo padre perchè le mamme erano icone di cura e coccole, mentre alle figure maschili toccava incarnare il rigore e il lavoro. Ma chi dice che sia sempre stato così? E chi dice che il rosa sia il colore delle femmine e il blu quello die maschi? A ritmo serrato, avvincente, con battute di spirito e domande dirette al pubblico, la trama disvela l’intento di abbattere gli stereotipi di genere. «Di che colore è il velo di Maria nel quadro “La Madonna del Granduca” di Raffaello?».
Blu, come la maggior parte delle volte in cui viene rappresentata Maria. «E di che colore è l’abito di Dio nell’affresco “La Creazione di Adamo” di Michelangelo?». Ebbene sì, è rosa. Un messaggio diretto e lampante come il sole dell’alba che divampa all’orizzonte col primo raggio. La platea ride, formata da bambini e ragazzi, ma ridono anche gli adulti, perchè la semplicità ha sempre il potere di arrivare a tutti. «Lo stereotipo è un’immagine rigida, come se qualcuno ti mettesse in un recinto, in una scatola da cui non puoi uscire» spiega il papà alla figlia, entrambi dentro due scatole di colore blu e rosa, prima di uscirne col sorriso. E se possono farlo loro, perchè non possiamo provarci anche noi? «Ieri sera sono stato con Paola Barbato e le ragazze a vedere lo spettacolo teatrale tratto da “Viola e il Blu” – svela Matteo Bussola sulla sua pagina Facebook -. Adesso posso dirlo: non mi aspettavo che sarebbe stata un’emozione così forte. Il fatto è che il lavoro di scrittura è un lavoro
solitario. Uno scrittore o una scrittrice mettono su carta parole, personaggi, azioni e situazioni che appaiono e vivono solo nelle loro teste, come immaginazioni private. E poi quelle parole, una volta libro, saranno lette da altri occhi e diventeranno altre immaginazioni, altri pensieri, altri spunti, ma anche in quel caso il rapporto con il singolo lettore e la singola lettrice resta un rapporto in un certo modo personale. Quando invece quei personaggi si fanno corpo, postura, carne, movimento, espressione, esperienza collettiva, quando li vedi vivere e parlare e agire su un palco, quando li incontri non più solo dentro di te ma anche fuori, davanti, quando da un lato li ritrovi e li riconosci ma, da un altro, è invece come se, anche tu, li conoscessi per la prima volta, allora è magia vera.
Stefano Colli ed Elisa Lombardi, sotto l’attenta guida di Lucia Messina, in scena sono
semplicemente eccezionali. Davvero, non lo so se abbiano piena cognizione della potenza
espressiva che, indossando i panni di Viola e del suo papà, riescono a sviluppare. Delle energie che riescono a smuovere. Ieri sera ho visto bambine e bambini ridere, partecipare, commuoversi, ma pure i loro genitori, io stesso ho pianto in silenzio in un paio di momenti, protetto dal buio. Era come se l’intera sala fosse un unico respiro. Non lo so se riuscirò mai a ringraziarli abbastanza per questo grande regalo. Per essere riusciti a far diventare un piccolo libro sugli stereotipi di genere, scritto nella solitudine di una stanza, un’opera corale, collettiva, realistica ma metaforica, piena di colore e di forza e di delicatezza insieme. Un grande grazie anche a Fondazione Aida per la produzione e per averlo reso possibile. L’abbraccio che mia figlia adolescente, alla fine della rappresentazione, ha voluto andare a dare agli attori, per essersi sentita su quel palco in qualche modo vista, rappresentata e compresa, lo porterò con me per sempre».