L’attesissimo debutto di Cats, una delle creazioni del teatro musicale di maggiore successo, portato in scena e diretto da Massimo Romeo Piparo, celebra i 40 anni di un’opera che ancora oggi riesce a mantenere una presa simile ad un artiglio nella cultura popolare.
Questa produzione presenta la storia di una tribù di gatti chiamata Jellicle, che si riunisce per decidere quale gatto andrà in paradiso e tornerà con una nuova vita, tra le rovine di Roma. La scenografia è impressionante, un’enorme luna proiettata sul retro del palco e reperti archeologici intonacati, con il Colosseo sullo sfondo. Ogni gatto deve mettersi alla prova cantando una canzone: il fortunato vincitore verrà scelto dall’Old Deuteronomy, interpretato dal torreggiante baritono lirico Fabrizio Corucci, in un’alternanza di esibizioni frenetiche e irresistibili, tra cui spiccano quelle di Luca Giacomelli Ferrarini (Rum Tum Tugger) e di Sergio Giacomelli (Munkustrap).
Ma sebbene Cats ora sia una tigre ruggente, lo spettacolo una volta era – come si direbbe oggi – un “underdog”. All’inizio degli anni ’80, Andrew Lloyd Webber non si era ancora costruito la reputazione di compositore e impresario e il debutto di Broadway del 1982 ebbe recensioni contrastanti per l’esile trama del musical, basato su una raccolta di alcune divertenti poesie per bambini di T.S. Eliot del 1939. La terra dei gatti di Eliot è tuttavia caratterizzata da un senso di disordine cronico, in cui la vanità ribolle appena sotto la superficie, il rimpianto annega l’ottimismo e l’ostinato interesse personale prevale ogni volta sui sentimenti più raffinati.
Senza un’impalcatura narrativa, senza una trama, per due ore e mezza si resta ipnotizzati da uno spettacolo in cui la danza è una serie di fantastici tour de force per la bravura dei ballerini, coreografati da Billy Mitchell, mentre fanno salti a forbice e salti mortali con i loro body in lycra a tema felino sulle canzoni di Lloyd Webber e Trevor Nunn, tradotte in italiano con ricchi riferimenti di attualità e magistralmente eseguite da un’orchestra di 8 elementi diretti dal Maestro Emanuele Friello.
Cats mette in scena i racconti di 27 gatti – dispettosi, raffinati, magici, sensuali – è uno spettacolo tutto coro e niente protagonisti, ad eccezione di Grizabella, interpretata da Malika Ayane straordinariamente talentuosa nell’intrecciare testo e voce con una sincerità e una padronanza invidiabili, sulle cui spalle deve poggiare la canzone più famosa del musical, la struggente Memory. E ha passi difficili da seguire: il brano è stato interpretato, nel corso degli anni, tra gli altri, da Barbra Streisand e Celine Dion.
Ma torniamo a Malika. Una canzone che, nel corso degli anni, si è slegata dalla colonna sonora ed è diventata un successo a se stante è difficile da reintegrare nella narrazione originale che vede l’emarginata Grizabella ostracizzata per il suo desiderio di girare il mondo, poiché, alle prime battute iniziali, l’artista milanese, con il tratto morbido della voce, delinea raffinate rotondità emotive, unite a una lirica semplice e diretta, che immediatamente fanno sognare il pubblico.
Questa edizione di Cats fa dimenticare il colossale flop della versione cinematografica, approdata nelle sale nel 2019, per la quale ci si augurava la prospettiva di un revival di culto, riabilitazione critica e seconda vita. Per un film sui gatti, con il suo potenziale per nove, quella a cui abbiamo assistito è stata la rappresentazione perfetta.
Roberta Daniele