All’interno della stagione del Teatro Stabile di Torino va in scena Antigone e i suoi fratelli, spettacolo diretto da Gabriele Vacis, membro fondatore della compagnia Potenziali Evocati Multimediali (PEM), creata con Roberto Tarasco e i giovani attori e le giovani attrici che hanno frequentato la Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino dal 2018 al 2021, nati e nate fra il 1996 e il 1999. Tra la generazione di Vacis e la loro è cambiato il mondo, l’umanità si è sgretolata in mille rivoli di incertezze, ha visto pandemie e guerre, cruente lotte per l’affermazione di diritti che pensavamo assodati, ha dato alla luce strumenti di disgregazione e connessioni iperveloci, che hanno lasciato indietro sguardi, mani, corpi. E il teatro di Vacis che viene da lontano, fatto di piedi scalzi e abiti neutri, di scenofonie e ambienti creati da Roberto Tarasco, inseparabile compagno creativo del regista piemontese, porta con sé quella formidabile capacità di emozionare con il semplice sguardo, con il tocco di un braccio, con lo slancio vitale di ventenni che cercano la via per brillare, per agire, per sentirsi sazi. I ragazzi di oggi, afferma Vacis, hanno fame di senso, fame di obiettivi, fame di rischio, ammirano i giovani ucraini e i giovani iraniani impegnati in contesti in cui è chiaro l’impegno da profondere, la strada da percorrere, la bandiera sotto cui piantare il loro picchetto. E per questo Gabriele Vacis ha deciso di far parte di PEM, “[…]per emanciparmi dall’incubo della forma, per ritrovare la bellezza nelle relazioni. Nello sguardo di due persone che si guardano veramente c’è più bellezza che nelle forme con cui ci bombardano tutti i media”, come afferma in un’intervista di luglio 2022. E Antigone e i suoi fratelli porta gli spettatori in una dimensione di presenza e di partecipazione, di visione e di condivisione che va oltre qualsiasi esperienza virtuale, che abbatte ogni metaverso e ci rende testimoni di un rito collettivo, che non è solo rappresentazione, ma pratica, pratica sociale e pratica civile, evoluzione umana e spirituale conciliazione. Dalla storia di Antigone emergono frammenti attuali che non riguardano solo gli attori e le attrici sulla scena, ma tutti noi, si interrogano sulle questioni fondanti della loro vita, sulle cose per cui vale la pena vivere o sacrificarsi, in quale campo schierarsi e donarsi, come riconoscere una strada che luccica e seguirla fino a venirne acciecati. Ma il mondo è spiazzante, le regole della legalità, il rigido impianto burocratico dell’ordine e della sicurezza si alzano come muro possente a contrasto del potere pervasivo dell’amore fraterno, famigliare, umano che spazza via ogni gabbia e si libra alto in un cielo di martirio e purezza, di valori radicali che fondano il nostro genere, la stirpe di sangue, corpo e respiro. Un tempo c’era la rabbia, ora ci avete lasciato solo la stanchezza, così lapidario e desolante apre il cuore un giovane attore a noi, coro degli anziani, spettatori che raccogliamo il tonfo dei tempi odierni, vivificati dalla storia di Antigone che è il dilemma fra ragione e sentimento, eros e thanatos. Antigone e i suoi fratelli non è solo uno spettacolo, ma un esercizio di civiltà, di comunità, di condivisione, è il ritorno alla fonte dell’agire, una ridefinizione di senso che parte dai corpi, dagli sguardi, dalle luci sempre accese in teatro, dagli occhi dei giovani e delle giovani sulla scena piantati nei nostri, dalle domande affamate che sgorgano da quelle pupille e da un’alleanza di cuori e respiri, affinché possiamo sentire le nostre comuni radici umani e comprendere con consapevolezza che siamo una sola moltitudine.
Antigone e i suoi fratelli
da Sofocle
adattamento e regia Gabriele Vacis
con (in ordine alfabetico) Davide Antenucci, Andrea Caiazzo,
Chiara Dello Iacovo, Pietro Maccabei, Lucia Raffaella Mariani, Eva Meskhi, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti,
Letizia Russo, Daniel Santantonio, Lorenzo Tombesi,
Gabriele Valchera, Giacomo Zandonà
scenofonia e ambienti Roberto Tarasco
pedagogia dell’azione e della relazione Barbara Bonriposi
dramaturg Glen Blackhall
suono Riccardo Di Gianni
cori a cura di Enrica Rebaudo
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
in collaborazione con Associazione culturale PEM