Regista, autore e attore, Pietro Vené è tra i fondatori della compagnia teatrale I Pinguini Theater, nata nel 1982 dall’entusiasmo di alcuni giovanissimi appassionati di teatro che decidono di dedicare tre anni alla loro formazione prima di debuttare con la commedia Due atti unici… più unici che rari!, interpretata e scritta da loro stessi.
Sabato 11 e domenica 12 febbraio I Pinguini saranno in scena al Teatro Reims di Firenze con La vedova in nero, di cui Pietro Vené ha curato drammaturgia e regia. Da autore, regista, ma soprattutto componente storico de I Pinguini Theater, ha delineato i personaggi sulla base della personalità scenica e delle caratteristiche degli attori, dando vita a uno degli spettacoli più amati e premiati della compagnia. La vedova in nero, infatti, è stata la commedia vincitrice del 4° Festival regionale ‘Il Toscanello’ di Ponte a Moriano (Lucca) nel 2018; nello stesso concorso ha ottenuto anche il riconoscimento per la migliore caratterizzazione maschile per la parte di Oscar, il maggiordomo, interpretato da Aldo Innocenti, oltre alle candidature per il miglior attore (Lorenzo Lombardi) e la miglior attrice (Cristina Bacci). Sempre nel 2018, lo spettacolo è finalista alla XXIII edizione de ‘L’estate di San Martino – Premio Città di San Miniato al teatro amatoriale’, dove vince il premio per la migliore scenografia. Ad aprile 2019 I Pinguini partecipano con questo spettacolo alla rassegna ‘In fonte Veritas’ presso il Centro di teatro internazionale diretto dalla regista russa Olga Melnik, riscuotendo un grande successo.
La vedova in nero torna in scena al Teatro Reims per la prima dopo lo stop dovuto all’emergenza sanitaria.
Come nasce l’ispirazione per la drammaturgia de La vedova in nero?
In occasione di un concorso teatrale ad Ancona, nel 2015. Ero in albergo e stavo guardando la TV quando, scorrendo i canali, mi soffermo su un film muto con Charlie Chaplin. Eravamo alla ricerca di nuovi mezzi espressivi e così mi si è subito accesa la lampadina! E se portassimo il cinema muto in teatro? Così abbiamo tentato un esperimento alquanto singolare: realizzare uno spettacolo teatrale ispirato nei tempi, nei modi, nelle scenografie, nelle musiche e nei colori al cinema muto.
In effetti, il linguaggio dello spettacolo è unico nel suo genere: un omaggio al cinema muto, ma con la musica dal vivo. Come si conciliano questi due aspetti?
Perfettamente! Senza la musica non esisterebbe questo spettacolo e forse neanche il cinema muto! In più, abbiamo avuto l’enorme fortuna di trovare due musicisti di grande talento, che hanno creato e diretto musiche originali straordinariamente azzeccate, grandi professionisti anche sotto il profilo umano. Enrico Guerrini ed Emiliano Benassai eseguono tutti i pezzi dal vivo in ogni replica de La vedova in nero e con loro, il cast e i tecnici si è creata subito la giusta sinergia.
Lo spettacolo nel tempo ha riscosso un grande successo di pubblica e di critica. Che cosa lo rende unico?
L’idea è ciò che lo rende unico! Non è certo il primo spettacolo “senza parole” ma, che io sappia, nessuno di questi è una vera trasposizione dal cinema muto, che ne ricalca ritmi e musiche, gesti e spirito. È un esperimento drammaturgico senza mai realizzato prima.
È cambiato qualcosa nella messinscena, dal debutto a oggi?
Sì, ci sono state molte evoluzioni. Per prima cosa il ritmo, che con il passare del tempo ha assunto una precisione sempre maggiore. La messinscena è sostanzialmente la stessa del debutto, ma abbiamo aggiunto una scena, quella che si chiama ‘Il sogno di Celestino’.
Quale spettatore non dovrebbe assolutamente perdersi questo spettacolo?
Non dovrebbero perdersi questo spettacolo le persone curiose della vita e delle emozioni che ne derivano. Gli spettatori dovrebbero lasciarsi trasportare all’interno di questa storia narrata con un linguaggio non usuale ma primordiale, condito di romanticismo, grottesco e… un tocco di thriller, che non guasta mai! Con La vedova in nero si sorride, si ride di gusto, ci si commuove e ci si chiede come andrà a finire.