Quando la finzione si mischia alla realtà, divenendo, la finzione, per certi versi, realtà essa stessa! E’ stata questa la sensazione che s’è avvertita e che ha sospinto ad una riflessione profonda quasi ogni spettatore che ha potuto assistere al “Que serà” scritto da Roberta Skerl, andato in scena in una doppia rappresentazione serale nel caratteristico teatro del Grillo a Soverato (Cz), domenica scorsa, e di cui è direttore artistico un “sempre avanti” Claudio Rombolà.
Prendi tre amici di una vita: Filippo (un grande Paolo Triestino che ne è anche il regista), Giovanni (uno stupendo Emanuele Barresi) e Ninni (una fantastica Edy Angelillo) che decidono una sera d’estate di mangiare nel giardino di casa di uno di loro “tra note brasiliane e profumi” e raccontarsi reciprocamente il vissuto fino a quel momento. E ad un tratto scoprire, loro malgrado, che proprio uno di loro (Filippo) non avrà vita lunga giacché decide di disvelare, come a breve, non sarà più della compagnia perché colpito da un tumore che non gli darà tregua e che ha già segnato indelebilmente il suo destino. Com’è pensabile che si sentano appena appreso tutto ciò gli altri due! Soprattutto, quando questi, dichiari di voler morire ancor prima che il tumore lo devasti totalmente e chieda esplicitamente a loro due di aiutarlo nel suo tentativo di suicidio “assistito” con un’iniezione letale perché già “si caca sotto” – lui che oltretutto è un medico di fama – di tutte le cure a cui verrà sottoposto e che non serviranno a nulla.
Un autentico dramma nel dramma! Ebbene, quanti tra gli spettatori hanno immaginato, almeno per un attimo, di vivere realmente quei momenti intensi portati sul palcoscenico da questi tre autentici “mostri sacri” della prosa – e non solo – italiana. In una parola: splendidi!
Eppure doveva essere soltanto una reunion, uno dei tanti momenti d’evasione dalla realtà per rifuggire dai problemi quotidiani con qualche tratto d’umorismo che ha fatto naturalmente suscitare più di un sorriso e qualche risata tra gli “allegri” amici ed il pubblico: da una madre colpita dal morbo d’Alzheimer e sempre bisognosa di attenzioni della figlia (Ninni) e da una famiglia con figlie “sanguisughe” (quelle di Giovanni) che “andrebbero congelate dai 6 anni fino ai 25” affinché non creino altri problemi oltre quelli normali legati all’adolescenza! La cena assumerà così i toni di un redde rationem”! L’invito pressante e la preghiera dell’amico di una vita che non vuol rimanere più solo, che non ha più nessuno e che s’affida ai suoi unici “conoscitori” della sua irrimediabile condizione, per lasciare questa vita difficile e complessa dove i soldi alla fin fine non serviranno a nulla: la disperazione di Giovanni che vorrà “pagare” tutto di tasca sua “perché i soldi ce li ha” pur di trovare medici d’Oltreoceano che gli consentano di poterlo salvare, lo dimostra, e lei: Ninni, l’unica donna che Filippo chiederà di sposare per trasmettergli alla fine tutti i beni in possesso perché solo di lei si fida! La scena finale è da cardiopalma e lascia tra gli spettatori un magone infinito! Cinque minuti di applausi ininterrotti con gli stessi attori che smorzano la tensione, con Paolo Triestino a scherzare con la bottiglia di spumante in mano dello stesso nome del teatro ed invitare conseguentemente gli spettatori a sorseggiare per un buon anno nuovo; come, del resto, si fa tra amici!