Dal 31 gennaio al 12 febbraio sul palco del Teatro Argentina la regia di Antonio Latella affonda nell’efferato gioco al massacro di un amore violento, disperato e vissuto tra confessioni, bugie e drammi borghesi che si inanellano nel capolavoro più celebre di Edward Albee, Chi ha paura di Virginia Woolf?, un classico della drammaturgia americana proposto nella traduzione di Monica Capuani e con drammaturgia di Linda Dalisi.
In scena un cast straordinario di attrici e attori – Sonia Bergamasco (nel ruolo di Martha) e Vinicio Marchioni (George) insieme a Ludovico Fededegni (Nick) e Paola Giannini (Honey) – per interpretare un testo contemporaneo, realistico e visionario, che esalta la potenza lacerante e vorticosa del linguaggio, un’arma letale in cui precipitano le personalità e le debolezze che divorano e fagocitano i protagonisti.
Lo spettacolo, reso eterno anche dal film del 1966 di Mike Nichols con Elisabeth Taylor e Richard Burton, racconta la storia di una doppia coppia: due coniugi, insegnanti universitari di mezza età, Martha e George, che invitano a casa Nick, giovane collega di lui, e la moglie Honey, liberando tra fiumi d’alcool e vertiginose risate tutto il variegato assortimento di frustrazioni, ipocrisie e contraddizioni irrisolte del ceto medio. Durante la folle nottata il tasso alcolico cresce parallelamente all’intensificarsi dello scontro, anti-epico e senza esclusione di colpi, in cui si abbandonano Martha e George per scoperchiare la matassa di stereotipi, rapporti di potere, idee e certezze sulla vita, fino a far fuggire la coppia di ospiti.
Dopo La valle dell’Eden di John Steinbeck, il regista Antonio Latella ci riporta ancora in America spingendosi nelle pieghe dell’immaginario di Edward Albee, dentro il linguaggio e nelle parole rivoluzionarie del drammaturgo, mentre ritrova anche alcune risonanze con Virginia Wolf, una vera visionaria e combattente instancabile per l’emancipazione femminile: «Non posso non partire dal titolo per affrontare questo testo: per sostituire il lupo della canzoncina “Who’s Afraid of the big bad Wolf?” Albee scomoda Virginia Woolf, una donna che insegnò alle donne a uccidere le loro madri, o meglio un’idea di madre, “l’angelo del focolare” – commenta il regista – Credo che tanto di tutto questo si trovi nel testo, la Woolf è presente nei due protagonisti che fanno da specchio alla giovane coppia scelta come sacrificio di questo violentissimo e disperato amore, questo: “jeu de massacre”. La Woolf è presente anche in una idea di narrazione che riguarda lo stesso Albee: “Ogni volta che entra la morte, bisogna inventare, mentire, ricostruire. La morte la puoi vincere solo con l’invenzione”. Ed è proprio quello che fa fare Albee ai suoi protagonisti, prende spunto da questa frase della Woolf e porta questa coppia, ormai morente, a inventare per ricrearsi, per restare in vita, a scegliere di inventare un figlio mai esistito, ed è spiazzante che lo faccia proprio lui che fu adottato. Bisogna scegliere di spiazzare la morte, di vincere la depressione, la paura, forse anche di anticiparla proprio come fece la grande Virginia Woolf».
Una pièce che celebra la potenza disarmante della parola, distruttiva, violenta, manipolatrice, svelando i meccanismi di un linguaggio che Albee svuota di significato: «come per la Woolf, anche Albee è ossessionato dal ritmo, che incide con una scelta maniacale della punteggiatura, forse oltre al linguaggio la sua vera ricerca. Le cronache raccontano che quando dirigeva gli attori pretendeva un rispetto totale della punteggiatura che aveva scelto, un rispetto della partitura, e quindi del ritmo. Tutto ciò mi porta ad una nuova avventura – continua il regista – un testo realistico, ma che diventa visionario per la potenza del linguaggio, per la maniacalità della punteggiatura e per la visionarietà, dovuta ai fumi dell’alcool e alle vertiginose risate che divorano e fagocitano i protagonisti di questo testo. Albee, nel rifuggire ogni sentimentalismo, applica una sua personale lente di ingrandimento al linguaggio che sente parlare intorno a sé, ne svela i meccanismi di ripetizione a volte surreali che portano ad uno svuotamento di significato, ma come spesso accade in questo testo, parallelamente mostra come il linguaggio sia un’arma efferata per attaccare e ridurre a brandelli l’involucro in cui ciascuno di noi nasconde la propria personalità e le proprie debolezze».
Una miscela drammaturgica che diventa esplosiva attraverso il virtuosismo attoriale di un cast di grandi interpreti, giocolieri delle parole che, come arma e scudo, svela la maschera di falsità e convenzioni sociali dell’America degli anni Sessanta, che avrebbe poi rivendicato diritti e cambiamenti nei movimenti collettivi del 1968. «Per fare tutto questo ho voluto circondarmi di un cast non ovvio, non scontato, un cast che possa spiazzare e aggiungere potenza a quella che spesso viene sintetizzata come una notturna storia di sesso ed alcool. Un cast che avesse già nei corpi degli attori un tradimento all’immaginario, un atto-attore contro il fattore molesto della civiltà, che Albee ha ben conosciuto, come ci sottolinea nella scelta del titolo. Chi ha paura di Virginia Woolf? Se c’è qualcuno alzi la mano».
TEATRO ARGENTINA_ Largo di Torre Argentina, 52 – 00186 Roma _ www.teatrodiroma.net
Biglietteria Teatro di Roma: tel. 06.684.000.311 _ email biglietteria@teatrodiroma.net
Orario biglietteria Teatro Argentina: lunedì dalle 11 alle 17 e dal martedì alla domenica dalle 11 fino a inizio spettacolo.
Si ricorda che da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo la biglietteria sarà attiva esclusivamente per la replica del giorno.
Biglietti: da € 40 a € 25 | con TdR Card € 132 / 6 ingressi al Teatro Argentina o 12 ingressi al Teatro India e al Teatro Torlonia
Orari spettacoli: prima, martedì, giovedì e venerdì ore 20.00 | mercoledì e sabato ore 19.00 | domenica, giovedì 9 febbraio ore 17.00 | lunedì riposo
Durata spettacolo: 2 ore e 40 più intervallo