Un gioco al massacro in un testo contemporaneo e visionario che si esalta attraverso il potere devastante e corrosivo della parola: Antonio Latella porta in scena al Teatro Argentina di Roma, dal 31 gennaio al 12 febbraio, Chi ha paura di Virginia Woolf?, classico della drammaturgia americana proposto nella traduzione di Monica Capuani con la drammaturgia di Linda Dalisi.
Un testo che scava nelle più recondite inquietudini della borghesia anni sessanta svelandone le ipocrisie e le menzogne attraverso il racconto di un amore tanto violento quanto disperato e che si fregia necessariamente delle capacità virtuosistiche degli attori in scena, Sonia Bergamasco (Martha) e Vinicio Marchioni (George), Ludovico Fededegni (Nick) e Paola Giannini (Honey).
“Ho voluto circondarmi di un cast non ovvio, non scontato, un cast che possa spiazzare e aggiungere potenza a quella che spesso viene sintetizzata come una notturna storia di sesso ed alcool – spiega Latella – Un cast che avesse già nei corpi degli attori un tradimento all’immaginario, un atto-attore contro il fattore molesto della civiltà, che Albee ha ben conosciuto, come ci sottolinea nella scelta del titolo. Chi ha paura di Virginia Woolf? Se c’è qualcuno alzi la mano”.
La storia è nota, resa estremamente popolare dal film omonimo che segna l’esordio cinematografico di Mike Nichols nel 1966 e che può vantare nel cast due stelle come Elisabeth Taylor e Richard Burton. Al centro della storia, due coniugi, insegnanti universitari di mezza età, Martha e George, che invitano a casa Nick, un giovane collega di lui, e la moglie Honey: i fiumi d’alcool che scorrono a cena, consentono di liberare e di mettere in luce la maschera dell’ipocrisia borghese, fatta di frustrazioni e menzogne, insoddisfazione e debolezza, con tutte le contraddizioni irrisolte del ceto medio. Lo scontro verbale fra Martha e George diventa sempre più violento e senza esclusioni di colpi, in un crescendo letale che mina le certezza della vita e della coppia fa vendo fuggire la coppia di ospiti.
Cuore del testo e dello spettacolo resta la potenza della parola, distruttiva, violenta, manipolatrice e se Albee è ossessionato dal ritmo e dalla punteggiatura, Latella riesce a portare in scena “un testo realistico, ma che diventa visionario per la potenza del linguaggio, per la maniacalità della punteggiatura e per la visionarietà, dovuta ai fumi dell’alcool e alle vertiginose risate che divorano e fagocitano i protagonisti di questo testo. Albee, nel rifuggire ogni sentimentalismo, applica una sua personale lente di ingrandimento al linguaggio che sente parlare intorno a sé, ne svela i meccanismi di ripetizione a volte surreali che portano ad uno svuotamento di significato, ma come spesso accade in questo testo, parallelamente mostra come il linguaggio sia un’arma efferata per attaccare e ridurre a brandelli l’involucro in cui ciascuno di noi nasconde la propria personalità e le proprie debolezze”.
Le scene realistiche, ma decostruite, sono di Annelisa Zaccheria, i costumi di Graziella Pepe, musiche e suono di Franco Visioli, la documentazione video di Lucio Fiorentino in uno spettacolo Produzione Teatro Stabile dell’Umbria con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli.
“Non posso non partire dal titolo per affrontare questo testo: per sostituire il lupo della canzoncina “Who’s Afraid of the big bad Wolf?” Albee scomoda Virginia Woolf, una donna che insegnò alle donne a uccidere le loro madri, o meglio un’idea di madre, “l’angelo del focolare” – commenta il regista – Credo che tanto di tutto questo si trovi nel testo, la Woolf è presente nei due protagonisti che fanno da specchio alla giovane coppia scelta come sacrificio di questo violentissimo e disperato amore, questo: “jeu de massacre”.
Orari dello spettacolo, martedì, giovedì e venerdì ore 20.00, mercoledì e sabato ore 19.00 | domenica e giovedì 9 febbraio ore 17.00, info e dettagli su teatrodiroma.net.
Fabiana Raponi