“Ma perché un romanzo per fare teatro? Non sono il primo che porta un romanzo a teatro. Ma come si fa, in teatro, a rendere questo continuo sfumare di sensazioni, ambienti, volti, voci che scolorando dall’uno all’altro s’inabissano nella luce o nella trasparenza dell’acqua del mare? È una sfida, un azzardo forse, ma vale la pena di correrne i rischi… E il romanzo rappresenta la possibilità concreta di acciuffare il tema dei temi del teatro: il fuggevole” commenta Roberto Andò che porta al Teatro Argentina di Roma, dal 10 al 15 gennaio, Ferito a morte, romanzo capolavoro di Raffaele La Capria che gli valse il Premio Strega nel 1961.
“Il vero protagonista di questo romanzo, fatto di impressioni sovrapposte, di dialoghi che hanno la futilità di tutto ciò che è fuggevole, di tutto quel che passa, è il tempo. Il tempo della giovinezza” commentava La Capria parlando di questo appassionante romanzo polifonico, un diario romantico sullo sfondo dello spaccato crudele della borghesia napoletana indolente e immobile, simbolo di un mondo ripiegato su sé stesso.
Frammenti, ricorsi episodi si alternano nella regia attenta del regista napoletano attraverso un susseguirsi di voci, di personaggi, di visioni e di storie che racconta la Napoli del Dopoguerra, che «ti ferisce a morte o t’addormenta», e che si sovrappone alla società borghese dell’epoca, apatica e annoiata, immobile, fallita sotto il profilo non solo materiale, ma anche morale.
Se il tempo rappresenta il vero protagonista del romanzo articolato in dieci capitoli, l’adattamento teatrale curato da un fuoriclasse come Emanuele Trevi che propone attraverso il racconto di una sola mattinata racconto di un’esistenza narrata nell’arco temporale di undici anni che si snoda dall’estate del 1943 quando, il protagonista Massimo De Luca, interpretato da Andrea Renzi, incontra Carla Boursier durante un bombardamento, fino al giorno della sua partenza per Roma all’inizio dell’estate del 1954.
«Come ogni racconto del tempo che passa – commenta il regista – il romanzo di La Capria, in modo del tutto originale e unico, è attraversato dai fantasmi della Storia. In questo senso è anche un libro sul fallimento della borghesia meridionale, sul marciume corrosivo del denaro, sullo sciupio del sesso, sul disfacimento della città all’unisono con chi la abita, sulla logorrea e la megalomania, sul piacere di apparire e fingersi diversi da come si è”.
Accanto a Renzi, un ricco cast di 16 attori e attrici impegnati a incarnare i protagonisti della pagina scritta di un classico della letteratura italiana del Novecento, fra pensieri e storie, ricordi e illusioni, amori e disillusioni, fughe e aspirazioni, amicizia e rimpianti. A incarnare la “confusione emozionante delle voci,” come commento Domenico Starnone a proposito del romanzo, Paolo Cresta (Gaetano), Giovanni Ludeno (Ninì), Gea Martire (Signora De Luca), Paolo Mazzarelli (Sasà), Aurora Quattrocchi (Nonna), Marcello Romolo (Zio Umberto), Matteo Cecchi(Cocò), Clio Cipolletta (Assuntina/Mariella), Giancarlo Cosentino (Signor De Luca), Antonio Elia (Glauco), Rebecca Furfaro (Betty), Lorenzo Parrotto (Guidino), Vincenzo Pasquariello (Cameriere), Sabatino Trombetta(Massimo giovane), Laure Valentinelli (Carla), mentre la voce di Roger in inglese è di Tim Daish.
“Probabilmente quello che più mi attrae, da scrittore e uomo di teatro, in Ferito a morte è proprio “il tentativo riuscito di raccontare la vita che succede prima ancora che diventi racconto, e la malinconia di raccontarla quando ormai lo è diventata”, come scrive ancora Starnone” commenta Andò, direttore del Teatro Stabile di Napoli, interrogandosi sull’immortalità di un classico del Novecento.
In scena dal 10 al 15 gennaio a Roma (martedì, giovedì e venerdì ore 20.00 | mercoledì e sabato ore 19.00 | domenica ore 17.00), info e dettagli www.teatrodiroma.net.
Fabiana Raponi