Il bis di Una furtiva lagrima, la più celebre aria de L’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti è il simbolo del successo della prima al Teatro dell’Opera di Roma per il primo titolo del 2023.
A regalare l’inatteso bis (sempre più raro) al pubblico entusiasma e commosso è il tenore americano John Osborn, nel ruolo dell’innamorato Nemorino, voce, tecnica e interpretazione magnifiche, già ampiamente apprezzate e note al pubblico romano. Un Nemorino di lusso, dalla voce limpida, il fraseggio elegante, un’interpretazione che sfiora la perfezione di un Nemorino in bilico perpetuo fra malinconia e ingenuità. Il bis rappresenta solo il culmine di una recita pressoché perfetta.
Altrettanto applaudita e apprezzata la performance del soprano polacco Aleksandra Kurzak (al debutto all’Opera) nel ruolo di Adina, capricciosa, volubile e frivola, voce limpida e luminosa nelle coloriture e belle sfumature del personaggio. Due autentiche star del belcanto che lasciano ricordare questa bella edizione del melodramma giocoso di Donizetti (si alternano nel cast con Juan Francisco Gatell e Ruth Iniesta).
Questa ripresa dell’Elisir d’amore, nell’allestimento di Ruggero Cappuccio (del 2011, già ripreso nel 2014) si lascerà ricordare per la bellezza delle voci in un cast di voci di alto livello. Ottimo anche il resto del cast, con tanti bravissimi comprimari.
Molto brioso il Dulcamara ciarlatano, particolarmente spassoso nell’interpretazione di Simone Del Savio (si alterna con Davide Giangregorio), fanatico il Belcore di Alessio Arduini (che si alterna con Vittorio Prato), vezzosa la Giannetta di Giulia Mazzola, luminoso il Coro della fondazione ben diretto da Ciro Visco.
Convince la direzione briosa e decisa di Francesco Lanzillotta, romano al debutto nel teatro della sua città (dopo numerose esperienze in realtà come la Staatsoper di Vienna, Semperoper di Dresda, Deutsche Oper di Berlino) che tiene salda l’Orchestra in un’opra costruita sulla bellezza delle voci.
Luminoso con un tocco circense l’allestimento di Ruggero Cappuccio (qualche giusta contestazione nel finale) che richiama lo stampo bucolico dell’opera ravvivandolo con un quid non invadente di modernità: le scene di Nicola Rubertelli sono pulite e richiamano le architetture in lontananza del paese, due lunghi tavoli diventano il centro della scena, le luci di Vinicio Cheli seguono ogni stato d’animo dei personaggi, i costumi di Carlo Poggioli sono tutti giocati sul candore del bianco, con colori e fantasie e con un tocco di plastica a ravvivare il tutto.
Cappuccio, secondo cui “Tutta la storia della lirica può essere ricondotta ad una triade, un lui, una lei ed un impedimento”, pensa a una messinscena moderna pur non tradendo la tradizione e concedendosi qualche libertà soprattutto nelle scene di Dulcamara, imbroglione imbonitore e ingannatore, che compare fra carrozzoni, giocolieri e artisti circensi a lasciar intendere che forse nulla è veramente come appare. Molto suggestiva la scena di Una furtiva lagrima dove alla spalle di Nemorino – Osborn un acrobata volteggia fra lunghi nastri rosso vivo. Un allestimento che si prende qualche giusta libertà, ma senza eccedere e senza tradire lo spirito dell’opera, restituendone tutto il colore, il divertimento, il lato comico e giocoso regalando un’atmosfera fiabesca.
Un grande successo per il classico del repertorio del teatro romano accolto con calore dal pubblico. Recite fino al 15 gennaio a Roma.
Fabiana Raponi