Le proprietà dei metalli
Il film di Antonio Bigini girato in Toscana, selezionato alla Berlinale
Sostenuto da Toscana Film Commission per il programma Sensi Contemporanei Toscana per il Cinema, il film sarà presentato in anteprima assoluta al 73esimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino La proiezione lunedì 20 febbraio alle 17.00, sala Urania, per la sezione Generation – K Plus Gli scorci di Sestino, località in provincia di Arezzo, le location dell’Appennino tosco-romagnolo, le colline nelle terre di confine tra Toscana e Emilia-Romagna, molto poco frequentate, conosciute e abitate, quasi terre di nessuno, dove paesaggi rigogliosi si alternano a zone brulle e lunari, insieme alle zone boschive di Badia Tedalda, saranno protagoniste sul grande schermo, per essere conosciute dal pubblico internazionale.
Sono infatti questi i luoghi nei quali è ambientato il film Le proprietà dei metalli, opera prima di Antonio Bigini, girato a settembre 2021, sostenuto da Toscana Film Commission nell’ambito del programma Sensi Contemporanei Toscana per il Cinema.
Il film è stato selezionato al 73° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, nella sezione
Generation – K Plus, dove sarà presentato in anteprima assoluta, lunedì 20 febbraio, alle ore 17.00, in Sala Urania. Il film è una produzione Kiné Società Cooperativa con Rai Cinema e vede nel cast Martino Zaccara, David Pasquesi, Antonio Buil Pueyo e Edoardo Marcucci.
Siamo negli anni Settanta, in un piccolo borgo dell’Italia Centrale, dove vive Pietro, un bambino cresciuto da padre duro e problematico, a causa di dissesti finanziari. Il piccolo Pietro manifesta doti misteriose: piega i metalli al solo tocco, per questo, uno scienziato americano comincia studiare il suo caso. Gli esperimenti porteranno Pietro a contatto con il mondo dell’invisibile, dove le leggi della fisica lasciano il passo a pulsioni profonde.
Liberamente ispirato a una vicenda poco nota, il film Le proprietà dei metalli va ad indagare sul fenomeno dei cosiddetti minigeller, quei bambini che alla fine degli anni Settanta, dopo aver assistito all’esibizione televisiva dell’illusionista Uri Geller, apparentemente in grado di piegare chiavi e cucchiai con la forza mentale, hanno cominciato a manifestare fenomeni simili. Casi di minigeller si sono verificati un po’ in tutta Europa. Due professori universitari italiani dal 1975 al 1980 hanno condotto studi scientifici su alcuni di questi bambini, raccogliendo i risultati delle loro esperienze in un corposo dattiloscritto, mai pubblicato.
I bambini studiati dai due professori avevano aspetti in comune: vivevano in campagna e
provenivano da famiglie umili e in molti casi problematiche. Gli esperimenti condotti dagli
scienziati consistevano in incontri domestici in cui ai bambini veniva richiesto di piegare oggetti metallici in situazioni sempre più controllate. I bambini più “dotati” venivano poi studiati all’interno di laboratori universitari. Nessuno di questi esperimenti è arrivato al dunque, e cioè alla dimostrazione scientifica dell’esistenza di un fenomeno paranormale.
“In un momento di rapida trasformazione come quello che stiamo attraversando” – afferma il regista in una nota stampa – “penso che si avverta il bisogno di storie autentiche che sappiano andare alle radici di quello che siamo. La storia di Pietro è una storia minima, fatta di pochi personaggi, che si svolge prevalentemente in interni. È una storia scandita da oggetti banali come chiavi, coltelli, cucchiai. Credo che in questa semplicità risieda parte della sua universalità. Gli anni Settanta sono stati il momento in cui l’Italia ha definitivamente rinunciato alla sua millenaria identità contadina per sposare la via del neocapitalismo. La vicenda di Pietro racconta gli ultimi bagliori di un paganesimo rurale, già contaminato dalla civiltà dei consumi. Oggi nella nostra società non c’è più spazio per il mistero, ma questa rimozione ha prodotto, credo, un bisogno latente. Proprio per questo penso che oggi più che mai ci sia bisogno di film che sappiano parlare in modo sincero, senza spettacolarizzazione e senza passare dalle forme del cinema di genere, della
vita e dei suoi misteri. Anche da un punto di vista estetico penso che ci sia un crescente bisogno di pulizia. La fruizione sempre più frammentaria di immagini sempre più grafiche e irreali ha prodotto un bisogno ancora non pienamente inteso di film lineari e visivamente limpidi, che facciano ritrovare allo spettatore una forma di purezza”.
Antonio Bigini, classe 1980, è sceneggiatore, curatore e regista. Ha diretto con Mariann Lewinsky il documentario Ella Maillart – Double Journey (Visions du réel, 2015). È autore del film Anita di Luca Magi (Doclisboa, 2012). Per la Cineteca di Bologna ha curato svariate mostre sulla storia del cinema (Sergio Leone, Marcello Mastroianni, Pier Paolo Pasolini, ecc.) allestite presso musei come la Cinémathèque Française, l’Ara Pacis, il Museo di Roma, il MAMbo. Le proprietà dei metalli è il suo primo lungometraggio.