Tre ore intensissime di “Maria Stuarda” di Friedrich Schiller per la regia di Davide Livermore, grazie a due straordinarie interpreti quali Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi, senza naturalmente trascurare gli altri attori, caratterizzano una tragedia al teatro Donizetti nella pomeridiana di domenica che chiude una settimana eccezionale di successo e consensi.
Tre ore che calamitano letteralmente l’attenzione degli spettatori sul palcoscenico senza mai far calare la tensione. Ma è tutto l’insieme che funziona: una miscellanea di colori, musica, costumi delle regine (di Dolce e Gabbana, oltretutto) e di Anna Missaglia che si lega bene ad un allestimento scenico essenziale di Lorenzo Russo Rainaldi, con tratti di modernità assoluti. Senza considerare le musiche di Mario Conte (che ne è il direttore musicale) e di Giua con chitarra e voce a “cadenzare” le interpretazioni. “Maria Stuarda” è la storia risaputa di due regine che si contendono il potere nell’Inghilterra di fine ‘500 e che nel testo di Schiller in cui la scrittura è totalmente rispecchiata, intravediamo uno scontro forte tra la cattolicissima regina di Scozia e la protestante Elisabetta I Tudor.
E’ la storia di una famiglia dalle tante traversie che si diparte dal suo capostipite Enrico VIII in poi. E’ una tragedia dove politica, religione, potere hanno il sopravvento, ma dove passioni ed intrighi pubblici e privati si mescolano in vicende particolari che sfuggono all’occhio sia pure attento dello spettatore e che lo intrigano sempre di più, perché ogni cosa che succede sul palco e fuori scena, diventa un modo in più per comprendere situazioni altre, che rendono il “recitar cantando” con la splendida voce di Giua con le sue due chitarre, uno spettacolo nello spettacolo.
Questa tragedia è anche un caleidoscopio di sentimenti che suscitano talvolta sorprese o contrasti in continuazione. Rappresenta pure l’occasione per riflettere quale sia il rapporto tra donne e potere, le sfide che si pongono dinanzi e i relativi dubbi che scaturiscono se quell’azione porti al risultato sperato o meno, o meglio, se ciò che si sta fecendo sia più o meno giusto. La Stuarda di Schiller e Livermore è dunque non soltanto “un profondo atto d’accusa ai meccanismi contorti del potere, – come si legge in una nota della regia – ma è una forte partitura scenica, che diventa una sfida” – l’ennesima – per due attrici del calibro della Marinoni e della Pozzi. Due attrici che a fine tragedia, quasi come un atto di liberazione, si abbracciano emozionate mentre sullo sfondo s’intonano tra gli applausi scroscianti e convinti del pubblico “Dancing Queen” degli Abbae “Sweet Dreams” con gli Eurythimics ed Annie Lennox a cantare e ballare per diversi minuti in un abbraccio ideale tra gli attori e gli spettatori, veramente tanto divertiti.