Peter Stein
torna a misurarsi con Harold Pinter e ne porta in scena Il compleanno (The Birthday party), in replica al Teatro Sala Umberto di Roma fino al 12 febbraio.
Testo giovanile del 1958 scritto a soli 27 anni dal Premio Nobel inglese, è un lavoro che richiama esplicitamente il teatro dell’assurdo di Beckett, ma che Stein porta in scena come fosse una commedia naturalistica. La regia di Stein esalta un testo in cui si insinua l’ambiguità e la suspence, creando un’atmosfera enigmatica, pervasa di costante e sottile inquietudine.
Una commedia dell’assurdo che smaschera le convenzioni borghesi attraverso l’elemento perturbatore, nemmeno ben troppo identificato, che viene dall’esterno.
Stein colloca l’azione in un ambientazione classica con le scene anni sessanta di Ferdinand Woegerbauer con le pareti tinte in verde e i costumi di Anna Maria Heinreich che richiamano chiaramente gli anni cinquanta, fra colori sgargianti, ampie gonne, eleganti gessati doppiopetto o capelli cotonati.
L’incipit della commedia è quasi banale, mettendo in scena la monotonia quotidiana e usurata di una coppia di sessantenni, Meg e Petey che gestiscono una pensione vicino al mare. Tutto sommato vivono a loro agio in una quotidianità calma e senza alcuna sorpresa. Il loro unico cliente è Stanley, un pianista dal passato oscuro e tormentato: trasandato e solitario, sciatto e irascibile, sembra volersi isolare dal mondo. In scena arriva anche la vivace Lulu, amica della coppia.
Tutto cambia quando arrivano alla pensione due nuovi ospiti, due distinti, ma ambigui signori in abiti gessati, Goldberg, elegante e spigliato, e Mc Cann , burbero e impacciato. La situazione degenera proprio in occasione del compleanno di Stanley trasformando la festa in un compleanno Una commedia dai tratti apparentemente innocui, si trasforma rapidamente in una commedia dell’orrore: la minaccia, mai troppo definita, prende forma attraverso le parole, la paura di Stanley e l’ambiguità di Goldberg e di Mc Cann.
E la comicità, a tratti forzata, rappresenta solo un modo per nascondere la violenza e tutta l’assurdità di comportamenti insiti nella società borghese, smascherati da una situazione non convenzionale.
La regia di Stein crea un’atmosfera enigmatica e inquietante appoggiandosi a un testo difficile che punta tutto sui guachi di parole e alla presenza di alcuni dei suoi attori preferiti che tratteggiano con grande efficacia e naturalezza i tratti distintivi dei loro personaggi.
Straordinaria Maddalena Crippa, svagata e ingenua Meg, Fernando Maraghini disegna uno stanco e rassegnato Petey, l’ottimo Alessandro Averone è lo stralunato e inquieto Stanley, vittima sacrificale della storia. Accanto a loro, Gianluigi Fogacci, che tratteggia con inquietante eleganza il luciferino Goldberg accanto al riottoso e ottuso Mc Cann di Alessandro Sampaoli. Uno spettacolo a tratti deflagrante per il grande Stein che riesce a incutere disagio e inquietudine nello spettatore.
Fabiana Raponi