L’adattamento teatrale de “Il piccolo principe”, basato sulla novella bestseller del 1943 di Antoine De Saint-Exupéry, andato in scena in prima nazionale al Teatro Sistina, è una produzione progettata per un immaginario viaggio nello spazio, attraverso nuovi cieli e asteroidi.
Costruito su una solida base di arte visiva e di arti circensi, lo spettacolo fonda su questi elementi, per la maggior parte non verbali, la sua narrazione. Come si legge nelle note di regia: “Stefano Genovese ha deciso di non lasciare alle parole il ruolo centrale, ma di affidare il racconto all’immaginazione”. Infatti, è come se fosse un libro pop-up che ci viene mostrato, che a ogni pagina da sfogliare svela un mondo animato da svariati personaggi. Quando gli artisti oscillano su funi aeree per simulare il volo sembrano sospesi nel mezzo dell’universo. C’è spesso un tripudio di stelle, il che ha perfettamente senso: questa è una storia che guarda costantemente alle stelle e sottolinea il loro valore.
Il piccolo principe è noto per la sua prosa scarna e semplice. Un aviatore atterra nel mezzo del deserto africano dove incontra il principe, un ragazzino dai capelli biondi che ha lasciato il suo minuscolo asteroide per viaggiare attraverso la galassia visitando un certo numero di pianeti, ciascuno popolato da un personaggio che fa il più bizzarro dei mestieri; incontri che insegnano al principe che le parti più preziose della vita si trovano al di là del lavoro, della routine e delle abitudini. Ma il personaggio più importante per il misterioso principe viaggiatore stellare è la rosa, di cui si è preso cura sul suo pianeta natale, interpretata da Adele Tirante, una cantante straordinariamente talentuosa che assume seducenti forme ora romantiche ora malinconiche.
Per quanto sfuggente sia il significato della storia, pochi romanzi hanno eguagliato l’universalità del suo fascino. “Tutto ciò che è essenziale è invisibile agli occhi si vede chiaramente solo con il cuore”: è il magico palpito del cuore, che ci definisce come esseri umani, che ci collega gli uni agli altri, dandoci una ragione per vivere e per comprendere non solo il valore della felicità e dell’amicizia, ma anche la loro stretta vicinanza al dolore e alla perdita.
Il disegno luci, affidato alle mani esperte di Giovanni Pinna, la scenografia ben curata (Carmelo Giammello) e gli originali costumi (Guido Fiorato) costituiscono l’elemento più abbagliante, ma sono i brani musicali, selezionati e magistralmente arrangiati da Paolo Silvestri, a conferire ritmo e spessore allo spettacolo.
Le acrobatiche sfere in equilibrio rappresentano abilmente i pianeti e, nel finale, vengono lanciati per gioco al pubblico. E sembra davvero un incantesimo: ma, come ogni incantesimo, affinché Il piccolo principe faccia la sua magia, gli spettatori devono essere pronti a abbandonarsi e, come dice la rosa, essere disposti “a sopportare qualche bruco pur di vedere le farfalle”.
Roberta Daniele