dall’omonimo racconto di Robert Walserprima assoluta drammaturgia e scrittura scenica di Claudio Ascoliin scena con Rosario Terrone – Il briganteSalomè Baldion – EdithSara Chieppa – Wandala violista Martina Weber – Una Signorae i danzatori Salvatore Nocera – Il Brigante altroe Linda Vinattieri – Selma spazio scenico Sissi Abbondanzaluci Teresa Palminiellosuoni Francesco Lascialfarimusica originale Dario Ascoli Se mi mancasse il sentimento del mondo, non potrei più scrivere nemmeno mezza lettera dell’alfabeto, né comporre alcunché in versi o prosa,
aveva scritto Robert Walser, prima ancora di conoscere l’ultima impresa creativa della sua vita.
Il poeta e scrittore, successivamente internato per una diagnosi di schizofrenia, aveva, tuttavia, continuato a scrivere, seppure a matita e con una grafia inspiegabilmente millimetrica, difficilmente interpretabile, idealmente non tracciata per rimanere, per contrastare l’usura del tempo, ma tendente quasi ad estinguersi in se stessa.
Il mistero di questa sua parte di produzione artistica, rimasta a lungo inedita dopo la sua morte, è stato sviscerato dal bellissimo lavoro del Maestro Claudio Ascoli che, a Robert Walser, ha dedicato questa prima assoluta, intensa, poliedrica, coraggiosa.
Il suo straordinario laboratorio di ricerca teatrale ha portato alla luce angolature poco conosciute di questo autore, avviluppato, come ci è parso, nello stritolante turbinio del pensiero e nel tentativo di una comunicazione di sé al mondo, dalla posizione profondamente alienata in cui si trovava.
Musica, danza, parola, si sono incontrate e articolate in una particolare fusione armonica, tale da valicare la concezione della forma e dello spazio, per ricalcare l’espressione letteraria dello stesso protagonista e la sua spinta oltre la banalizzazione del confine stilistico.
Era, nel Brigante, la certa parte viva che si agitava dentro di lui, che dialogava con la sua rassegnazione, che lo aveva, forse, aiutato a confrontarsi con se stesso, con le sue paure, con le ragioni del suo progressivo esilio.
Nei microgrammi, sembra sopravvivere davvero la testimonianza dell’evanescenza della vita che, in lui, andava consapevolmente assottigliandosi, fino a farsi un microdramma quasi invisibile, come comprova una scrittura, in qualche modo, prossima all’estinzione, eppure desiderosa di essere assorbita, integrata nel tutto.
Il viaggio nel suo processo creativo e nelle curiose modalità di escogitarlo, assomigliano, così, ad una gestazione, ad un ritorno alle origini, da cui si era sentito respinto.
Il Teatro dei Chille lo racconta e trasforma il racconto nella rara esperienza di una rivisitazione rituale e immersiva, che coinvolge lo spettatore, allargando la scena e trasformando le interpretazioni in vere e proprie manifestazioni dei personaggi, attraverso un lavoro attoriale sotterraneo, guidato dalla sapiente genialità di una regia unica, veramente sulla prima linea delle frontiere del teatro contemporaneo.
Ines Arsì