liberamente tratto da Piovono pietre. Cronache marziane da un paese assurdo di Alessandro Robecchi
adattamento teatrale di Luca Palli e Alessandro Robecchi
regia Pietro Venè
con Pietro Venè, Aldo Innocenti, Cristina Bacci, Simone Petri, Bettina Bracciali, Paolo Gualtierotti, Ilaria Morandi, Graziano Dei
Produzione I Pinguini Theater
“Quando avrete finito di ridere vi chiederete perché avete riso. È lì che ci sarà da ridere”. È così che viene presentato lo spettacolo, un atteso ritorno della compagnia I Pinguini Theater, andato in scena al Borsi di Prato lo scorso fine settimana.
Montabbano sono! è tratto dall’omonimo racconto di Alessandro Robecchi in Piovono Pietre. Cronache marziane da un paese assurdo (Editori Laterza), Premio Viareggio per la satira politica nel 2001.
Mombelli è un critico letterario del suo secolo: docile, sorridente, affatto austero, di quelli con la barba disordinata, un po’ incolta, ché la mattina preferisce leggere o dormire piuttosto che curare il suo aspetto. Magari non è quel tipo di intellettuale che ostenta un che di trasandato per mostrare la sua avversione al mondo materiale, ma sicuramente ci va d’accordo. Un uomo che scopriamo presto accondiscendente, ai limiti dell’arrendevole, con una forte passione per Gogol e un’indole debole. Un uomo liquido. È insieme a lui che il pubblico entra nell’Istituto di Rieducazione dove si svolge tutta la vicenda, ed è tramite lui che conosciamo uno per uno gli altri personaggi. Primo tra tutti Sempieri, ex sceneggiatore, che sfoga la sua rabbia in un segretamente liberatorio ‘Montabbano sono!’ urlato contro il cielo. E poi Step, cultrice della musica di alto livello, e Furlan, uno psicoterapeuta che frequenta gli ambienti accademici. O meglio, frequentava.
Il direttore della struttura, affiancato da una dottoressa intransigente e da un infermiere tra il grottesco e lo sgradevole, ha il compito di rieducare, appunto, questi intellettuali anticonformisti (così vengono definiti) e riluttanti alle mode social(i). In una parola: snob. La cura? Una terapia di intrattenimento di basso calibro, una maratona infinita e accuratamente progettata di trash televisivo: (sur)reality, talk show urlanti, varietà monotoni e idioti game show. Se i personaggi dello spettacolo sono tratti da un racconto, i nomi che risuonano nell’istituto – chi nella presentazione del palinsesto, chi nelle imprecazioni dei protagonisti – sono reali personaggi dello spettacolo italiano. Presentatori, comici e giornalisti di fama e formazione molto diverse tra loro, ma tutti graditi al grande pubblico del belpaese, l’unico dove splende il sole, ma piovono pietre.
La critica al nazionalpopolare riesce facile, forse troppo, in un contesto come il teatro che qualcuno decide di frequentare proprio per sentirsi migliore degli altri. La costruzione del testo è piacevole e si sviluppa con un ritmo crescente che non annoia, nonostante qualche posa già scritta e qualche altra fuori contesto. La satira, nel bene e nel male, non è mai tagliente quando te l’aspetti, e forse Montabbano sono! sconta gli anni che lo separano dal primo concepimento del testo.
Forse c’è un po’ di Robecchi in Mombelli, interpretato abilmente da Pietro Venè, che ha curato anche la regia dello spettacolo. Forse c’è un po’ di Mombelli in ognuno di noi, che a teatro ci andiamo e ci piace pure. E forse, alla fine, anche Mombelli si farà ammaliare dal fascino del mainstream. Oppure, starà attento a non guardare mai i cinepanettoni in pubblico, per evitare che qualcuno si accorga delle sua risate.