L’impianto delle commedie di Shakespeare segue i medesimi stilemi: situazioni improbabili o esasperatamente composite, sentimenti non corrisposti, equivoci e fraintendimenti, eventi secondari che si intersecano con la storia principale, beoni che parlano a sproposito, il giullare matto che dissemina pillole di saggezza. Tutto si mescola e si amplifica in un turbinio di dialoghi surreali con intermezzi di tangibile realismo, che generano un divertimento collettivo.
Come nella vita reale, anche quando sconfina in elementi farseschi, la commedia shakespeariana esalta le passioni e, dopo un estenuante e laborioso tourbillon, tutto si risolve e si chiarisce e i sentimenti si incanalano nella giusta direzione.
La data di stesura di questa commedia è incerta, tra il 1599 e il 1601, si dice scritta in quattordici giorni per soddisfare il desiderio della regina Elisabetta, conquistata dal personaggio di Falstaff visto nell’Enrico IV e V, di vederlo protagonista assoluto di una nuova commedia.
Ne sono protagoniste le donne, ‘libere’ più che ‘allegre’, cioè capaci di esprimere un pensiero e un agire autonomi e di tenere sotto scacco Sir John Falstaff.
In questa versione del testo, che il grande drammaturgo Roberto Lerici curò nel 1988 per Mario Carotenuto, vediamo Falstaff, reduce dalla prima guerra mondiale negli anni ‘20, connotato oltre che dal carattere brillante anche da un’umanità e sensibilità che lo proiettano ai giorni nostri.
Un gruppo di attori riprende possesso dello spazio teatrale dopo una pandemia, stigmatizzando la decadenza della società basata su false notizie. Lo spazio della rappresentazione è la locanda gestita dalla signora Quickly che tiene in mano le fila delle vicende umane: tenere a bada il cialtrone e squattrinato Falstaff che corteggia due ricche signore con lettere d’amore identiche per estorcere loro soldi, e favorire il matrimonio della graziosa Anna Page con un giovane gradito ai genitori.
Le donne, scoperto il raggiro, puniscono l’uomo che ha osato attentare alla loro virtù chiudendolo in una cesta di panni sporchi gettata nel Tamigi, poi facendolo travestire da vecchia zia presa a randellate dai mariti, al terzo tentativo inducendolo ad andare nel bosco di notte, dove viene accolto da una schiera di finti folletti. Contemporaneamente la giovane Anna è costretta a fare lo slalom fra i numerosi pretendenti per difendere il suo amore.
L’intento moraleggiante della commedia stigmatizza grettezza, gelosia e avarizia, vizi capitali che vengono beffardamente castigati, in un susseguirsi di imprevisti, intrighi, imbrogli e beffe ma, al contempo, il libertino e godereccio Falstaff si scaglierà contro l’ipocrisia e l’egoismo di quel mondo borghese dominato dal denaro e bersagliato da calunnie e false notizie, esaltando virilità, passione e voglia di vivere.
La regia di Carlo Emilio Lerici impegna gli attori a entrare e uscire senza soluzione di continuità da tre porte poste al centro del palcoscenico e spostate all’occorrenza, come se entrassero e uscissero dalla locanda, punto focale dello svolgimento scenico, con la locandiera Quickly attenta a riscuotere mazzette da ognuno cui promette il suo appoggio, deus ex machina di tutti gli eventi, mentre le musiche originali di Francesco Verdinelli segnano il ritmo della messinscena, e i costumi di Annalisa Di Piero disegnano l’atmosfera, soprattutto nel finale impregnato di magia.
Edoardo Siravo è un autentico mattatore nel ruolo di Falstaff, imponente e agile nello stesso tempo, sfacciato ed emotivamente fragile, affiancato da un cast eccellente. Francesca Bianco è una signora Quickly spigliata e onnipresente, che ammannisce consigli e tranquillizza; Ruben Rigillo è il geloso e veemente signor Frank Ford, e poi Marco Bonetti (Roberto Sciapito), Fabrizio Bordignon (Bardolfo/Fenton), Gabriella Casali (Comare Ford), Giuseppe Cattani (Abramo Carente), Beatrice Coppolino (Anna Page), Alessandro Laprovitera (Simplicio), Germano Rubbi (Don Ugo Evans), Susy Sergiacomo (Comare Page), Roberto Tesconi (Pistola / Dottor Caius) e Tonino Tosto (Mastro Page).
Edoardo Siravo, attore regista e doppiatore e Premio Flaiano alla Carriera 2020, ringrazia il pubblico ricordando Antonio Salines, scomparso nel 2021, direttore artistico del Teatro Belli che produce lo spettacolo: ” È un omaggio affettuoso. Riproporre lo spettacolo e ricoprire da parte mia, il ruolo che è stato di Salines è un recupero della memoria teatrale. La drammaturgia di Roberto Lerici e la direzione del figlio Carlo Emilio sono un ricordo di Antonio Salines: ho fatto Compagnia con lui portando in scena tanti classici, Carlo Emilio Lerici è stato il suo braccio destro e lo spettacolo è realizzato dal Teatro Belli di Antonio Salines con la compagnia Mauri-Sturno”.
Tania Turnaturi