Un Palinsesto tutto da ridere
in scena il 31 Marzo e il 1° e 2 Aprile al Teatro Ar.Ma di Roma.
Il palinsesto tutto da ridere ha una presentatrice con un corpo imploso che sembra stare stretto dentro i vestiti da fagocitata donna-audience e che per questo si pone, ad ogni notizia (o battuta), ad un passo dalla sclerotizzazione. Il terzetto che introduce parafrasando Branco e le Stelle (Bronco con il broncio, a intercalare la nostra immancabile animalità sovrana), sono figurine scomposte (e scostumate) della deriva dei notiziari televisivi.
Il nuovo palinsesto, da “scompisciarsi” dal ridere, non offre però molto (anzi un “cazzo”, termine rozzamente imposto dalla volgarità imperante). Detto alla romana (e talvolta alla partenopea, alla veneta, alla toscana e/o con accenti russi), Pierfrancesco Galeri, Federico Baldini e Salvatore Mazza, intervallati di tanto in tanto da un brillante showman della réclame più triviale (stile Drive In), sanno come andare al sodo del “giuoco è bello quando dura assai”, attraverso la messa in scena di cianfrusaglie della comunicazione. Quelle stesse cianfrusaglie delle quali la comunicazione è costantemente confusa e interrotta. Il gioco è sostanzialmente quello di un’impostazione di base cabarettistica, per poi inframmezzare con un situazionismo apparentemente casuale che mira a coinvolgere “pirandellianamente” il pubblico, spingendolo a porsi inevitabilmente delle domande.
Solo che le maschere, per forza di cose vengono giù di botto, volgendo rapidamente al demenziale. Diventa tutto un giro di doppi sensi e di “locuzionismi” che cercano di donare rapidamente la battuta, nella consapevolezza cosciente che il pubblico televisivo, per poter stare con le orecchie ritte, ha bisogno di addormentarsi il pensiero, al pari di una messa in letargo della coscienza critica.
Tutto deve essere necessariamente rapido e confondente. Le informazioni, al pari dell’intrattenimento, mirano ad ottenere plausi facili, finendo per instillare una oggettiva difficoltà nel non riuscire a distinguere più la reale cronaca dalla farsa e la menzogna. Su questo frangente il testo scritto da Pierfrancesco Galeri riesce piuttosto bene ad evidenziare il danno che a lungo andare trasforma gli ascoltatori, quindi le persone fruitrici, in automi dissociati dal libero pensare. Si finisce per credere a tutto, in un minestrone dove la pubblicità va a braccetto con la presunta disamina dei fatti. La Sambuca Molinari che “sembuca” è come il seme del veleno televisivo, sei al secondo o terzo goccetto e ci arrivi perché il primo ha già fatto il suo effetto, senza che tu te ne accorga. Il Grande Fardello imperversa senza precisi punti di riferimento culturali e non c’è alcun fratello che possa tenere le redini di un oblio mentale in progressiva stagnazione.
Il Commissario Montalbagno sarebbe da evitare proprio perché è la replica della replica di cose già viste, di storie e volti riciclati, generati per dare l’impressione che non esista e non possa esistere un’alternativa, altrui e migliori forme di creatività. A forza di vedere e rivedere sempre le stesse cose, si rischia di finire in un Distratto di Polizia. E bisogna fare attenzione, perché chi ci controlla è sempre in agguato, se ci lasciamo controllare la mente. Non possono mancare poi le tristi disamine riguardo le buche romane, con netturbini al pleonastico servizio del tran-tran del solito “magnamagna”.
I cosiddetti osservatori romani non possono fare che ammirare l’incredibile paesaggio deturpato da così tanta noncuranza, e osservano rimirando, biascicando improperi bestiali. Improperi tipici di quella complicità servizievole che l’Informazione protegge a discapito del consumatore e quindi del cittadino, alle prese con gli stessi, soliti problemi. Un circolo vizioso del quale la televisione si fa portatrice di scandalo, senza darne reale voce. Il popolo romano (gli osservatori) annuisce, contentamente convinti di poter, un giorno lontano, risolvere i problemi interni.
La speranza allontana dal “qui e ora” e le emittenti televisive neanche ne fanno mai nome. Alla farsa si aggiungono invettive mal riposte e non adeguatamente sfruttate dai colpi in canna umoristici, riguardo Sanremo. Sono rigurgiti di pancia che talvolta rompono gli schemi, andando a segno, scandendo il tempo, di volta in volta, nella macchietta di costume.
L’Informazione volge al talk-show proprio quando le cartucce contro i consumatori si sono decisamente consumate. Ma tutto ha una sua logica illogicità. Quello che i sintonici e bravi interpreti ci vogliono sottolineare è che tutto dipende sempre e comunque da noi. Finire per spegnere o saper accendere. Non necessariamente secondo l’accezione letterale dei termini. Quello di andare avanti nella programmazione (…), senza dover necessariamente spegnere, potrebbe rivelarsi allora un vero e proprio miracolo. Bisognerebbe provare ad accendere (…) proprio quando, finalmente, si decide di cambiare canale, perché qualcosa si è scoperto.
Federico Mattioni