Un triplice debutto al Teatro dell’Opera di Roma che dal 23 maggio (cinque recite fino al 30 maggio) ospita in scena Da una casa di morti di Leoš Janáček, il capolavoro del compositore ceco che arriva per la prima volta al Costanzi nell’allestimento firmato da Krzysztof Warlikowski, Leone d’oro alla Biennale Teatro di Venezia, al suo debutto in Italia nell’opera, diretto dal giovane direttore bielorusso Dmitry Matvienko vincitore di recente della Malko Competition di Copenaghen.
Il capolavoro di Janáček, tratto da Dostoevskij, un’importante coproduzione internazionale realizzato in collaborazione con Royal Opera House di Londra, è il secondo tassello del progetto dedicato al compositore ceco dall’Opera inaugurato lo scorso anno con Kát’a Kabanová e che si concluderà nel 2022/2023 con Jenůfa.
“È importante partire dalle storie del passato per raccontare il tempo che viviamo – ricorda il Sovrintendente dell’Opera Francesco Giambrone – È importante affidarsi a interpreti e registi che suscitino il turbamento necessario per aprire la mente, perché i teatri sono luoghi di riflessione e di incontro”.
Carcere duro, privazione della libertà, colpa e pena sono al centro di Da una casa di morti, ultima opera di Janáček, che andò in scena per la prima volta nel 1930 al Teatro Nazionale di Brno, due anni dopo la morte del compositore. I due copisti che avevano affiancato il compositore completarono le parti dell’orchestrazione del terzo atto sostituendo la marcia finale con un coro di libertà, ma la versione in scena all’Opera si basa sull’edizione critica di John Tyrrell e Charles Mackerras pubblicata nel 2017, depurata da tutte le precedenti modifiche.
Il libretto di Janáček si ispira alle Memorie da una casa di morti di Dostoevskij che raccontano la vita dei detenuti in un campo di prigionia in Siberia, dove lo stesso scrittore era imprigionato per quattro anni.
L’opera in tre atti racconta l’arrivo in un campo di prigionia siberiano di un nuovo detenuto, Alexandr Petrovič Gorjančikov, un giovane aristocratico, annunciato come prigioniero politico. Tra vessazioni e lavori forzati, tutti i detenuti si presentano al nuovo arrivato, ciascuno ripercorrendo la propria storia e i motivi della prigionia.
Il nuovo allestimento è affidato al regista polacco Krzysztof Warlikowski, Premio Europa per il Teatro dalla Commissione Europea, Leone d’Oro alla carriera teatrale a La Biennale di Venezia, premiato per questo allestimento nel 2019 il premio per la Miglior Nuova Produzione agli International Opera Awards di Londra.
“Non ci sono donne in quest’opera che si ambienta in un carcere con soli uomini, ma ci sono le storie dei prigionieri che sono anche le fantomatiche storie di uomini che ritornano. Questi uomini non sono veramente morti, ma sono una sorta di spettri viventi che vivono e rivivono tutto quello che hanno vissuto – spiega il regista polacco – Tutta la vicenda si sviluppa nell’arco di un anno: nel primo atto arriva un nuovo prigioniero ed è come se noi, società libera e rispettabile, entrasse in un mondo di prigionieri di cui non conosciamo le colpe e scopriamo che cosa significa essere trasformato da uomo normale in uomo colpevole.
Nel secondo atto, un anno dopo, il prigioniero è diventato un uomo che legge e pensa, che sente e che guarda e scopriamo le storie dei diversi prigionieri e le loro colpe.
Nel terzo atto, si scopre che il prigioniero è stato prigioniero incarcerato senza ragione, lascia la prigione mentre gli altri restano. Si tratta della storia di un’iniziazione, non ci sono amori ma si parla di arte impegnata: dobbiamo pensare sempre alla società e al sistema di sorveglianza, al fatto che si tratti di un’opera politica che ci fa riflettere. Quale funzione ha il giudice nella società?”
A creare continuità drammaturgica all’opera il lavoro del drammaturgo Christian Longchamp che raccoglie le storie dei detenuti per riflette sul ruolo della prigione moderna e sulla necessità dell’opera che non deve essere pensata come momento di divertimento, ma come momento di riflessione.
“Janáček è un compositore è fondamentale per la storia del secondo Novecento che ha voluto indagare da un certo momento in poi della sua carriera, il pensiero umano diventando lo Janáček che conosciamo – spiega Longchamp – La sua musica è estremamente misurata e ha una capacità di creare una vera drammaturgia musicale che non conosce paragoni. Nonostante incontriamo persone violente che si sono macchiate di delitti, Janáček non giudica mai nulla anche grazie alla sua lettura intima di Dostoevskij e con la sua musica regala momenti di luce anche ai personaggi più bui”.
Nell’allestimento del 2018 che vede le scene e i costumi di Małgorzata Szczęśniak, le luci Felice Ross, i video Denis Guéguin e i movimenti coreografici di Claude Bardouil, non manca un cast internazionale che il basso-baritono statunitense Mark S. Doss (dopo The Bassarids di Hans Werner Henze del 2014) nel ruolo di Alexandr Petrovič Gorjančikov, il tenore Pascal Charbonneau nelle vesti del giovane tartaro Aljeja. Numerosi gli altri tenori, Štefan Margita (Filka Morozov), Erin Caves (Il grande prigioniero), Julian Hubbard (Skuratov), Marcello Nardis (Kedril), Pawel Żak (Il giovane prigioniero), Michael J. Scott (Šapkin), Christopher Lemmings (Čerevin) e Colin Judson (Il vecchio prigioniero), i baritoni Lukáš Zeman (Il piccolo prigioniero Nikita/Čekunov/Cuoco), Aleš Jenis (Il fabbro/Un prigioniero) e Leigh Melrose (Šiškov), il basso Clive Bayley (Il direttore della prigione). In scena anche Eduardo Niave (il prigioniero ubriaco), talento di “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma e Carolyn Sproule, unica voce femminile nel ruolo della prostituta, il Maestro del coro è Ciro Visco.
“Janacek è una grammatica musicale assolutamente nuova nel teatro musicale lirico – spiega il giocane direttore bielorusso Dmitry Matvienko premiato nel 2020 con il premio della Critica e il premio Made in Italy al Concorso Cantelli di Novara –
quest’opera è stata completata dagli allievi di Janáček e ha subìto molte interpolazioni e modifiche, ma abbiamo preso come base l’edizione critica del 2017 purificata di tutte le incrostazioni dei direttori e dei critici che si erano occupati di quest’opera e che si caratterizza per una maggiore densità orchestrale”.
La prima rappresentazione al Costanzi si terrà martedì 23 maggio alle ore 20 e sarà trasmessa anche in diretta su Rai Radio3 (in onda su Rai5 il 16 novembre 2023 alle 21.15)
Preceduta da “Lezioni di Opera” con Giovanni Bietti che si svolgerà sabato 20 maggio alle 16. Domenica 21 maggio alle 16.30 è prevista un’anteprima per i giovani con meno di 26 anni poi spazio alle repliche di giovedì 25 (ore 20), sabato 27 (ore 18), domenica 28 (ore 16.30) e martedì 30 (ore 20). Info e dettagli su operaroma.it.
Fabiana Raponi