GUIDO MIANO EDITORE
NOVITÀ EDITORIALE
È uscito il libro di poesie:
CORRISPONDENZE di ROSSELLA ABORTIVI
con prefazione di Enzo Concardi
Pubblicato il libro “Corrispondenze” di Rossella Abortivi, con prefazione di Enzo Concardi,
nella prestigiosa collana “Alcyone 2000”, Guido Miano Editore, Milano 2023.
La poesia di Rossella Abortivi è essenzialmente di carattere esistenziale ed onirico allo stesso tempo, con un’alternanza fra realtà e sogno che mette in luce i chiaroscuri di una vita vissuta con ritmi bipolari, dunque tra riflessioni amare sulla condizione umana e momenti – a dire il vero più brevi – di riconciliazione con se stessa e la propria vicenda terrena. Corrispondenze è una raccolta lirica suddivisa in quattro parti: Nuvole, Epochè (termine della filosofia scettica e husserliana traslitterato dal greco antico, stante ad indicare la “sospensione del giudizio”),
Vortici, Circuito, tuttavia unite fra di loro dalla medesima ispirazione tematica e da una
particolare scelta formale che potrebbe richiamare talvolta lo sperimentalismo grafico dei
Calligrammi di Guillaume Apollinaire (1880-1918), ovvero libertà dalla metrica tradizionale,
eliminazione parziale della punteggiatura, scrittura sulla pagina delle parole formanti un
disegno, un’immagine. Nel caso dell’autrice si possono intravedere forme poligonali (trapezi, rombi …) ed anche figure di vasi o calici: si tratta di una disposizione verticale che può attrarre il lettore per una certa eleganza percepibile dal colpo d’occhio da diverse distanze e inclinazioni.
La dialettica esistenziale incrociata con le immagini oniriche si traduce in un’altalena di stati
d’animo, impressioni, ricapitolazioni, bilanci, considerazioni, aneliti … che trasformano la
poetica da una perduta linearità ad acquisite metamorfosi e sublimazioni. Esse visitano gran parte delle creazioni della poetessa: richiamiamo qui le più emblematiche e paradigmatiche.
In Azzurro è lampante l’oniricità evasiva, espressione dell’intenso desiderio di abbandonare
la fatica del vivere per contemplare il mondo dall’alto di un paradiso etereo: «Vorrei entrare / nelle finestrelle del cielo / accucciarmi tra le nuvole / e dormire. //…// Potrei sciogliere / i duri lacci di terra / distendere i pensieri / e volare lontano. // Da lì esplorerei le vie / i sicuri campi di luce / le sconfinate albe / nel tempo». In Notte avviene già la discesa dalle nuvole per affrontare il dolore della vita annegando «nel mare delle mie lacrime», nella continua lotta per resistere: «La notte è scivolata come un olio / sul mio dolore muto … // Ed è una pesante montagna che accumulo: / quella dei miei sogni scomparsi…».
C’è poi la conseguente e logica presa di coscienza della fragilità e caducità dell’esistenza,
dovuta sia alle esperienze di tale impronta vissute, sia alle meditazioni di tipo filosofico
sull’essere effimero dell’individuo. La poetessa si paragona ad un’esile barchetta che affronta le burrasche del mare, ma che impavida continua a navigare (Io) ed afferma la provvisorietà dei «momenti che ci avvolgono» (Corrispondenze). Ma su questa precisa tematica del virgiliano “tempus fugit” e del biblico “memento mori”, contrapposti alla latina “spes ultima dea” e al neo- testamentario “Christos anesti”, le liriche più immaginifiche ed esaurienti si rivelano Cosmo, Amnesia, Astri.
In tali testi Rossella Abortivi realizza compiutamente quelle metamorfosi e sublimazioni di
cui si parlava in precedenza: il processo di trasformazione parte dal negativo, pur esistente,
per raggiungere il positivo e l’armonia che man mano si scoprono con stupore e meraviglia.
E ciò avviene con grazia ed eleganza formale, sorrette da scenari di ampio respiro e cadenze cristalline. Nella vita – dice la poetessa – vi sono spine, sangue, lacrime, singulti profondi, triste pianto e «… spesso manca il cinguettio dell’anima. // Però, da lontano a volte perviene / una tenue melodia / un soffio gentile che si insinua nell’anima…» (Cosmo) e tutto inizia a cambiare: ci fermiamo per ascoltare e gustare la vita su onde diverse, e siamo riconoscenti al tempo che ci fa esistere; in noi subentrano stati di pace e contemplazione: «…Placati gli affanni, / lasciati i laceri abiti del viandante / ci sentiamo parte del Tutto…» (ibid.). E diventiamo come «…il vento che percorre la terra / nel segno di ogni vita rinnovata / dove l’occhio riluce di perle / incastonate nelle speranze» (ibid.).
Poi la memoria ci inganna con vuoti e assenze, punti ignoti sui quali possiamo solo
fantasticare, senza più ritrovare un vero legame col nostro passato. È tale la condizione che ci assegna «il solitario tempo di noi mortali» (Astri). Con Vedute e Stella si ritorna a
vagheggiare altri mondi, con immagini esemplari e simboliche di aneliti metafisici e
universali: «…La mia testa immersa / nella Via Lattea», o anche: «La mia poltrona è una
stella. / Rotea nello spazio / mentre io / osservo quieta dalla mia sede…». Diverse tonalità
ancora mutano il registro delle visioni terrene ed ultraterrene, che assumono colorazioni più
forti e terminali: osservando un nero corteo con destinazione cimiteriale, la poetessa elabora un pensiero sul chi siamo e dove andiamo di chiara matrice religiosa: «…La vita resta / un sussurro / tra le labbra di Dio» (Funerale). E, in sintonia con la tematica del destino, ecco apparire Sentiero, in cui l’impronta dantesca e la visionarietà delle cantiche della Commedia sono tutt’uno: vi albergano la vetta del monte da salire (la salvezza), le anime vocianti dell’oltretomba (i dannati), la felicità del cammino verso la meta (la dritta via), l’ostacolo della fiera ringhiante (il peccato) … finché ella, con un salto temporale – raggiunge una sorta di Eden dove è immersa in «un cielo di luce» e lì si compie il suo destino.
Tuttavia – come si diceva – a confermare la poetica dei contrasti e dei contrari, Rossella
Abortivi ci riporta, verso l’epilogo di Corrispondenze, ad alcune raffigurazioni e
rappresentazioni segnate dal pessimismo e dall’abbandono della speranza. Così è in Dubbi:
«Cosa rimane dei mille / doni della vita? / Solo un senso di / perdute occasioni / cocciute cecità / e implacabili rotaie / a dirigere un cammino / mai squarciato dal suono / di tenerezze appagate». Così è, ancor di più, in Quel luogo, lirica che forse richiama la sua esperienza di carcerazione ingiusta: l’uso dell’anafora estesa su tre versi: «In quel luogo desolato / lontano dall’amore / -sì, l’ho visto- /…» rende maggiormente drammatica la sua narrazione (nella terza reiterazione «posto arido» sostituisce «luogo desolato», mentre nella quarta diviene «posto lunare»). Qui la sofferenza, il tormento e la solitudine assumono diversi volti: l’essere rannicchiata sotto travi di cemento tra pietre appuntite; fissare il vuoto della dimora nell’aria pesante; la desolazione delle grigi pareti di cemento; sentire il nulla tra quelle rovine. Unico conforto: il calore delle gambe contro il cuore. Fisicità e psichicità sono dolenti all’unisono.
Sicuramente il trauma di quella carcerazione, dovuta ad un errore, ha lasciato il segno nella
vita nella poetessa. In questo libro ne troviamo traccia nella poesia dal titolo Nebbia: «Nelle
mie giornate di nebbia / c’è il calore del cuore / stretto nella morsa del passato di / sbarre
pungenti / nere / pesanti». Ed anche in Dopo, con la faticosa ripresa della normalità per
assaporare di nuovo il gusto della libertà, il ritrovato amore per il cosmo. Potremmo far
rientrare in questa problematica personalissima anche l’incipit del libro, costituito solo da sei vocaboli, ognuno dei quali ha le singole lettere seguite da un puntino, spezzandole così con una simbolica separazione: «i. g.i.o.r.n.i. / f.i.t.t.a. / p.o.l.v.e.r.e. / s.u.l. / v.i.s.o» (Febbraio).
Un’esegesi di ciò potrebbe condurre a pensare che le parole frante (aspetto estetico)
significhino una vita lacerata appunto dall’esperienza patita, poi accentuata dal testo (aspetto contenutistico). Un’interpretazione più estesa ci condurrebbe invece ad attribuire tale ‘tecnica’ alla visione generale dell’esistenza. Si tratterebbe comunque, sia nell’uno che nell’altro caso, di un messaggio ‘subliminale’ indirizzato al lettore.
Oltre a tutto quanto già analizzato, si riescono ad individuare altri spunti interessanti in
Corrispondenze, come, ad esempio, l’amore per la musica classica, testimoniato dalla
composizione Concerto di primavera, dedicato a quattro musicisti: Rossini (versi giocosi come la musica di Gioacchino); Martucci (un preferito da Toscanini, richiamo d’immagini del mare); Debussy (paesaggi deserti); M. De Falla (inseguimenti d’amore nei ritmi per l’autore de La danza del fuoco). Oppure come la felicità espressa in Gravidanza, che si diffonde
nell’ambiente circostante, come se ci fosse un’osmosi di sentimenti e sensazioni: «… La
felicità … / offre visione incantata delle cose / che si dilatano oltre lo spazio / luminose e
accoglienti. // Vi indugio / grata alla Natura / che sa contenere / nel suo morbido guanciale / la certezza di futuro / inesausto». O ancora come l’unione in amore, che è simile ad un laccio che stringe e mette in comunione gli amanti, e il noi diventa sinonimo di libertà ed energia cosmica (Laccio).
Infine, questo forte desiderio di ricomposizione, armonizzazione, medicazione, che prorompe qua e là nei testi di Rossella Abortivi accanto alle lacerazioni e ferite dell’esistenza, diviene un compito assegnato all’arte poetica: un «…filo che unisce / l’intimo di ogni essere…» (pace interiore); un «…filo che unisce / le persone a guardarsi con amore…» (senso dell’altro); un filo che unisce l’umanità al di là di ogni differenza di qualsiasi genere (La poesia). La scrittura non è quindi “l’arte per l’arte”, cioè fine a se stessa, come in talune visioni avanzate in epoca contemporanea, ma assolve ad un’importante funzione etica e sociale.
ENZO CONCARDI
ROSSELLA ABORTIVI, Corrispondenze, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore,
Milano 2023, pp. 68, isbn 979-12-81351-07-3, mianoposta@gmail.com.