Note di regia
La lettura del testo di Stefano Massini lascia letteralmente senza fiato, tanta è la voglia di godere di un linguaggio forbito ma, nello stesso tempo, estremamente quotidiano pur nella tecnicità dell’ambiente processuale. Gli interrogatori dei testimoni, i battibecchi tra procuratore distrettuale e avvocato della difesa, la scelta e l’uso delle parole e il conseguente processo alle parole che ne scaturisce sono un esempio mirabile di una scrittura sapiente e coinvolgente.
Mettere in scena Stato contro Nolan comporta però il confrontarsi con un’opera che appartiene sì al genere processuale ma la cui struttura appare (ed è stata ritenuta da molti) come una vera sceneggiatura cinematografica. Abbiamo cercato di rispettarne la scelta, accogliendola come valida, efficace e anche sfidante.
Stato contro Nolan ci pone una serie infinita di interrogativi sui nostri comportamenti, sul sentirsi parte di greggi che spesso confondiamo con comunità, sulla non consapevolezza di poter essere facilmente manipolati, disinformati, indotti a certi comportamenti anziché ad altri, con il solo scopo dell’interesse e del profitto.
La paura, sentimento necessario e vitale per ogni essere, diventa invece lo strumento per la manipolazione delle masse, per modificarne il pensiero, per costruire il consenso. Attraverso le parole scritte, meglio scelte.
“Credo che questo sia un processo anche alla scrittura, a ciò che smuove, a ciò che comporta. Di più: qui la scrittura è un po’ come l’arma del delitto.” L’affermazione del procuratore distrettuale Eleanor Miles riassume magnificamente l’essenza di quest’opera e, speriamo, di questa messinscena.