CeDAC
Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna
La Grande Prosa e Danza
AL TEATRO MASSIMO DI CAGLIARI
Stagione 2023-2024
Viaggio nei labirinti della mente e del cuore con i grandi capolavori della storia del teatro con un ricco cartellone che spazia da Shakespeare a Beckett, da Sofocle a Eduardo tra moderne riletture dei classici e testi contemporanei, accanto alle raffinate creazioni di importanti coreografi per la Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza al Teatro Massimo di Cagliari organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC/ Ministero della Cultura e della Regione Sardegna e con il patrocinio del Comune di Cagliari e il contributo della Fondazione di Sardegna. Dieci titoli da novembre ad aprile con artisti del calibro di Laura Marinoni e Elisabetta Pozzi che si alternano nei ruoli delle due regine in “Maria Stuarda” di Friedrich Schiller, per la regia di Davide Livermore (Premio Le Maschere del Teatro – miglior attrice protagonista a Laura Marinoni), Geppy Gleijeses e Lorenzo Gleijeses diretti da Armando Pugliese in “Uomo e Galantuomo” di Eduardo De Filippo, con la partecipazione di Ernesto Mahieux, e ancora Giuliana De Sio e Alessandro Haber ne “La signora del martedì” di Massimo Carlotto, con regia di Pierpaolo Sepe, per una enigmatica e conturbante storia in noir.
Una vertiginosa interpretazione di Franco Branciaroli nei panni di Shylock ne “Il mercante di Venezia” di William Shakespeare con adattamento e regia di Paolo Valerio e la visionaria mise en scène di “Aspettando Godot” di Samuel Beckett firmata da Theodoros Terzopoulos con Paolo Musio, Stefano Randisi e Enzo Vetrano accanto a Giulio Germano Cervi e Rocco Ancarola, alle prese con uno dei testi emblematici del Novecento. Il fascino del mito in “Edipo Re / Una favola nera”, uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia che trae spunto dalla tragedia di Sofocle per indagare le molteplici sfaccettature dell’animo umano, con Edoardo Barbone, lo stesso Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia e Valentino Mannias e gli immaginifici costumi di Antonio Marras mentre Arturo Cirillo porta in scena la sua versione di “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand, accentuando il lato poetico della vicenda di «un uomo, o un personaggio, in fondo salvato dal teatro».
Un omaggio all’eclettico scrittore, poeta, drammaturgo e pittore bellunese ne “La corsa dietro il vento / Dino Buzzati e l’incanto del mondo” di e con Gioele Dix, in scena con Valentina Cardinali, ma anche “Il segreto del talento”, con l’originale commedia per musica di Valeria Parrella e Paolo Coletta, interpretata da Teresa Saponangelo e Elisabetta Valgoi sulle note dell’Ondanueve String Quartet e ancora “Festen. Il gioco della verità” con Danilo Nigrelli e Irene Ivaldi, per la regia di Marco Lorenzi: uno spettacolo crudo e dirompente, sulla falsariga della sceneggiatura dell’omonimo film di Thomas Vinterberg (uno dei fondatori di Dogma 95, Premio Oscar nel 2021 con “Un altro giro”).
La Grande Danza torna protagonista al Teatro Massimo di Cagliari con quattro titoli (più uno) tra gennaio e aprile: si parte con un affascinante Trittico della Paul Taylor Dance Company che comprende “Hope is the Thing with Feathers” di Michelle Manzanales, accanto a “Airs” e “Piazzolla Caldera”, due creazioni di Paul Taylor, celebre coreografo statunitense che ha saputo coniugare la danza classica e contemporanea. “Duets and Solos” è lo spettacolo di musica e danza proposto da Daniele Cipriani Entertainment: un’antologia di raffinati e virtuosistici assoli e pas de deux per riscoprire opere fondamentali della storia del balletto con le stelle della danza. “Notre Dame de Paris”, balletto in due atti di Stéphen Delattre, si ispira al romanzo di Victor Hugo per un evocativo racconto per quadri interpretato dal danzatori del Balletto di Milano. Infine un tributo al genio di Ludwig van Beethoven con “Beethoven 6” (da “La Pastorale”) del Malandain Ballet Biarritz, in cui il coreografo francese Thierry Malandain celebra l’amore del compositore tedesco per la natura sulle note della Sesta Sinfonia, accanto a un estratto da “Mozart à 2”. Fuori abbonamento, in gennaio, “Sabir / viaggio mediterraneo” con l’étoile Emanuela Bianchini e i solisti della Mvula Sungani Physical Dance, uno spettacolo sul tema dell’integrazione e del dialogo tra popoli e culture.
IL CARTELLONE
In apertura della Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza ritorna al Teatro Massimo di Cagliari “Il marito invisibile”, uno spettacolo scritto e diretto da Edoardo Erba e interpretato da Maria Amelia Monti e Marina Massironi, con scene di Luigi Ferrigno, costumi di Nunzia Russo, musiche di Massimiliano Gagliardi, disegno luci di Giuseppe D’Alterio e realizzazione video a cura di Davide Di Nardo e Leonardo Erba (produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo) in scena sabato 11 novembre alle 20.30 (fuori abbonamento) e domenica 12 novembre alle 19 (recupero data turno E): una commedia brillante e fantascientifica sull’amore ai tempi dei social media. La pièce è incentrata sul dialogo a distanza, in videochat, fra due amiche che non si vedono da tempo, e la narrazione si sdoppia tra la scena e gli schermi di cellulari e computer: si parla del più e del meno, finché Lorella, reduce da una lunga serie di amori sfortunati, confida a Fiamma (immersa nella stanca routine del suo matrimonio, con un marito sempre più distante) di essersi sposata. Una notizia straordinaria di per sé, ma ben presto emergono dettagli sorprendenti e un po’ inquietanti su quest’uomo quasi perfetto, salvo per un piccolo particolare: è invisibile. Fiamma si preoccupa per la salute mentale dell’amica, teme che l’isolamento le abbia causato danni irreparabili e un po’ per l’ansia un po’ per curiosità inizia a interessarsi allo sconosciuto, «ma non ha fatto i conti con la fatale, sconcertante, attrazione di noi tutti per l’invisibilità».
Il sipario si apre su “Maria Stuarda” di Friedrich Schiller – da mercoledì 29 novembre a domenica 3 dicembre – nella mise en scène firmata da Davide Livermore (produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino / Teatro Nazionale, CTB / Centro Teatrale Bresciano) con due signore della scena, Laura Marinoni e Elisabetta Pozzi, che si alternano nei ruoli delle due regine (negli eleganti e evocativi costumi di Dolce & Gabbana), accanto a Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi e Sax Nicosia, e alla cantautrice Giua (chitarra e voce) che ha curato le musiche dello spettacolo insieme al compositore Mario Conte. Il dramma, nella traduzione di Carlo Sciaccaluga, ricostruisce il feroce antagonismo tra Elisabetta d’Inghilterra e Maria Stuarda, sullo sfondo di una Gran Bretagna insanguinata dai conflitti politici e religiosi, mettendo in risalto i differenti temperamenti e le aspirazioni, tra la ferrea volontà dell’algida figlia di Enrico VIII e la passione della temeraria sovrana di Scozia, imprigionata dalla cugina e rivale, e condannata a morte.
«Vogliamo far risaltare l’elemento del “caso”, del destino» – sottolinea nella presentazione Davide Livermore – con un escamotage iniziale», quasi un gioco delle parti, «che aggancia il pubblico a questa vicenda e alla casualità terribile in cui si muove la Storia».
Un intrigante gioco di teatro nel teatro con “Uomo e Galantuomo” di Eduardo De Filippo – dal 13 al 17 dicembre – con Geppy Gleijeses e Lorenzo Gleijeses, e con Ernesto Mahieux, Antonella Cioli, Ciro Capano, Gino Curcione e Roberta Lucca, Gregorio Maria De Paola, Irene Grasso, Salvatore Felaco, Brunella De Feudis, per la regia di Armando Pugliese, con scene di Robero Crea, costumi di Chiara Donato, disegno luci di Luigi Ascione, musiche di Matteo D’Amico (produzione Gitiesse / Artisti Riuniti). La scoppiettante commedia narra le disavventure di una compagnia di guitti, ospiti di un giovane benestante e invitati a tenere una serie di recite presso uno stabilimento balneare, alle prese con mille difficoltà e imprevisti, culminanti nella famosa scena delle prove di “Mala Nova” di Libero Bovio dove un maldestro suggeritore viene costantemente frainteso dagli attori, con effetti surreali e esilaranti. Arte e vita s’intrecciano, e la vicenda assume sempre più i toni della farsa, mentre dietro le quinte emergono simpatie e antipatie, sbocciano relazioni amorose e esplode la gelosia, arginata grazie a una simulata follia.
Geppy Gleijeses, allievo di Eduardo, ha ricevuto dal maestro il permesso di rappresentare le sue opere, ottenendo per la sua interpretazione di “Filumena Marturano” con la regia di Liliana Cavani il premio Miglior Attore Europeo dell’Accademia Europea Medicea.
Viaggio tra le righe con “La corsa dietro il vento / Dino Buzzati o l’incanto del mondo” – in cartellone dal 17 al 21 gennaio – una pièce ispirata alle atmosfere e alle trame folgoranti dei racconti dell’eclettico scrittore, giornalista e pittore, con drammaturgia e regia di Gioele Dix, protagonista insieme con Valentina Cardinali, sullo sfondo di un ideale studio d’artista evocato dalla scenografia di Angelo Lodi, con musiche di Savino Cesario, costumi di Marina Malavasi e Gentucca Bini e disegno luci di Carlo Signorini (produzione CTB / Centro Teatrale Bresciano in collaborazione con Giovit). «Ho cominciato a leggere i racconti di Dino Buzzati all’età di dodici anni» – rivela Gioele Dix –. «Sono diventati parte del mio immaginario. La sua voce assomiglia spesso alla mia. Lo considero l’inventore di racconti perfetti, che non solo ti avvincono – perché vuoi sapere come vanno a finire – ma ti lasciano sempre un segno dentro, ineffabile però familiare».
“La corsa dietro il vento” è quindi una preziosa antologia di storie e personaggi nati dalla penna dell’artista bellunese, «fine scrutatore d’anime», con la sua cifra che intreccia la dimensione realistica a quella onirica e fantastica (come dimostrano i testi tratti da “Sessanta racconti”, “Il colombre”, “In quel preciso momento”) e regala un vivido affresco di varia umanità, dove «spettatrici e spettatori possono ritrovare tracce di sé».
Un classico del Novecento come “Aspettando Godot” di Samuel Beckett – dal 31 gennaio al 4 febbraio – nell’affascinante e immaginifica versione di Theodoros Terzopoulos, uno dei più importanti registi contemporanei, che firma anche scene, luci e costumi, con un eccellente cast, che schiera (in o.a) Paolo Musio, Stefano Randisi e Enzo Vetrano accanto a Giulio Germano Cervi e Rocco Ancarola, musiche originali di Panayiotis Velianitis, consulenza drammaturgica e assistenza alla regia di Michalis Traitsis e training attoriale a cura di Giulio Germano Cervi (produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli / Teatro Bellini in collaborazione con Attis Theatre Company). “Aspettando Godot” (nella traduzione di Carlo Fruttero) è un testo emblematico del “teatro dell’assurdo”, incentrato sul dialogo tra due figure stravaganti e enigmatiche, due clochards che si confrontano con i grandi temi esistenziali e filosofici, in un tempo sospeso, mentre si susseguono sconcertanti apparizioni.
«I personaggi beckettiani si muovono in una zona grigia, in un paesaggio del nulla, quello dell’annientamento dei valori umani» – sottolinea Theodoros Terzopoulos –. «[…] Essi cercano la fine della fine, che tuttavia non arriva mai. […] I personaggi tacciono aspettando la rivelazione dell’indicibile, che non si rivela mai». E conclude: «L’arte del teatro esiste e persiste proprio in virtù delle domande senza risposta».
Un’antica tragedia che si interroga sull’ironia del fato, rivive in “Edipo Re / Una favola nera”, uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia – dal 14 al 18 febbraio – per una rilettura contemporanea del mito, con Edoardo Barbone, Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia e Valentino Mannias, impreziosita dai costumi “materici” di Antonio Marras (realizzati da Elena Rossi e Ortensia Mazzei) e dalle maschere di Elena Rossi, mentre la decorazione del mantello di Edipo è di Tonino Serra, con disegno luci di Nando Frigerio e sound design di Giuseppe Marzoli (produzione Teatro dell’Elfo). «Il nostro viaggio verso Tebe è un viaggio attraverso uno delle leggende più note che ci arrivano dal mondo remoto, eppure vicinissimo, della civiltà greca: l’Edipo Re» – spiegano Ferdinando Bruni e Francesco Frongia –. La trama è nota: il fanciullo, figlio di un re, abbandonato sui monti per un’infausta profezia, una volta cresciuto sconfigge la Sfinge e diventa sovrano di Tebe, quando la peste che colpisce la città fa riaffiorare episodi del passato e rivela le sue origini e le sue colpe. «Come tutto questo vada a finire, come il ‘vissero felici e contenti’ si ribalti in catastrofe è cosa piuttosto nota ed è fonte di ispirazione per innumerevoli variazioni che, dal capolavoro di Sofocle, arrivano fino al secolo appena concluso, passando per Seneca, Dryden e Lee, Thomas Mann, Hoffmansthal, Cocteau, Berkoff» – sottolineano Bruni e Frongia –. «Ed è quello che vogliamo raccontare nel nostro spettacolo, coniugando la tragedia con la fiaba».
Ritratti d’artiste tra parole e note con “Il segreto del talento”, originale commedia per musica di Valeria Parrella e Paolo Coletta – dal 28 febbraio al 3 marzo – nell’interpretazione di Teresa Saponangelo e Elisabetta Valgoi sulle note dell’Ondanueve String Quartet (formato da Andrea Esposito, Marco Pescosolido, Paolo Sasso, Luigi Tufano), con scene di Alessandro Chiti, costumi di Carla Ricotti, disegno luci di Angelo Grieco e movimenti coreografici a cura di Fabrizio Angelini, per la regia di Paolo Coletta (produzione Teatro di Napoli / Teatro Nazionale e Società per Attori). «Melina e La Dernier, ladre improvvisate per necessità, sono due donne in crisi, due artiste, sorprese nel loro disperato tentativo di uscire dal cono d’ombra in cui sono piombate» – sostiene il regista nonché coautore Paolo Coletta –. «Ci fanno sorridere, e intanto continuano a rimandare il loro personale appuntamento con il destino: sembrano ignorare che questa inattesa “commedia di rapine”, offra loro l’occasione per ritrovare la luce».
“Il segreto del talento” si inserisce nel filone dell’opera buffa, il testo assomiglia infatti a un libretto, con una scrittura in versi, talvolta in rima che ben si presta a essere messo in musica, con un giocoso contrappunto, tra «ricami consonanti e non, in ritardi e note di volta», in un’alternarsi di arie e recitativi, cavatine e cabalette che sembrano rap, in un raffinato divertissement metateatrale.
Un dramma familiare tra inquietanti segreti e dolorose rivelazioni con “Festen / Il gioco della verità” di Thomas Vinterberg, Mogens Rukov & BO Hr. Hansen – dal 6 al 10 marzo – versione teatrale della sceneggiatura dell’omonimo film a cura di David Eldridge, con traduzione e adattamento di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi (sua anche la regia): sotto i riflettori Danilo Nigrelli e Irene Ivaldi insieme con Yuri D’Agostino, Elio D’Alessandro, Roberta Lanave, Carolina Leporatti, Barbara Mazzi, Raffaele Musella e Angelo Tronca (produzione TPE / Teatro Piemonte Europa, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti in collaborazione con Il Mulino di Amleto). La pièce riflette la trama del film che mette a nudo l’ipocrisia della società e specialmente dell’alta borghesia, con la necessità di salvare le apparenze anche quando tra le mura di casa si consumano i più atroci delitti e si perpetrano abusi e violenze e indaga i legami affettivi e i rapporti di potere. L’uso della cinepresa in chiave drammaturgica permette agli spettatori di scegliere tra l’azione che si svolge in tempo reale sul palcoscenico e la sua proiezione, in un lungo piano sequenza girato dagli stessi attori, con l’intento di «amplificare, ironizzare, dissacrare e approfondire il senso delle domande di “Festen”» sull’importanza della verità.
Un amore inconfessato tra musica e poesia con “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand – dal 20 al 24 marzo – nella mise en scène di Arturo Cirillo, protagonista insieme con Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Irene Ciani, Giulia Trippetta e Giacomo Vigentini di una versione inedita del capolavoro del drammaturgo francese, con scenografie di Dario Gessati, costumi di Gianluca Falaschi (Premio Le Maschere del Teatro 2023) e disegno luci di Paolo Manti, e con musica originale e rielaborazioni di Federico Odling (produzione Marche Teatro, Teatro di Napoli / Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro / ERT Teatro Nazionale). La storia del poeta e spadaccino che non osa dichiararsi all’amata Rossana, perché fin troppo conscio della propria bruttezza e che anzi finisce con il prestare le sue rime all’aitante cadetto di cui lei si è invaghita, aiutandolo a conquistarne il cuore e custodendo il segreto anche dopo la di lui morte sul campo di battaglia, si arricchisce di ulteriori suggestioni, con una colonna sonora dove le canzoni del “Cyrano” di Domenico Modugno si intrecciano a brani più o meno famosi, spaziando da Èdith Piaf a Fiorenzo Carpi. Una «continua contaminazione», come afferma Arturo Cirillo, che privilegia «il lato poetico e visionario e meno quello di uomo di spada ed eroe della retorica» per raccontare un personaggio dell’immaginario, ispirato allo scrittore Savinien Cyrano de Bergerac, in forma di teatro canzone, e far rivivere il dramma «di un uomo che si considerava brutto e non degno d’essere amato. Un uomo, o un personaggio, in fondo salvato dal teatro, ora che il teatro ha più che mai bisogno di essere salvato».
Una storia intrigante tra erotismo e noir, con “La signora del martedì” di Massimo Carlotto – dal 10 al 14 aprile – con due protagonisti del calibro di Giuliana De Sio e Alessandro Haber, che dividono la scena con Paolo Sassanelli, Riccardo Festa e Samuele Fragiacomo, diretti da Pierpaolo Sepe, con scenografia di Francesco Ghisu e costumi di Katarina Vukcevic (produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo – Teatro della Toscana / Teatro Nazionale). Una lunga relazione si consuma attraverso gli incontri pomeridiani, una volta alla settimana, tra Alfonsina Malacrida, detta Nanà, che compra così un’ora d’amore e Bonamente Fanzago, attore porno ormai al tramonto, occasionalmente pure gigolò, che si è pure scoperto innamorato di lei, ricevendo però un netto rifiuto da colei che intende restare solo una “affezionata cliente”. La strana coppia si ritrova regolarmente nella pensione dove abita l’attore, gestita da Alfredo Guastini, il “signor Alfredo”, che preferisce vestirsi e soprattutto considerarsi come “una bella donna” (ormai decisamente sfiorita), finché non si presenta un giornalista, Pietro Maria Belli, intenzionato a far riemergere l’oscuro passato di Nanà. “La signora del martedì” è «un testo intriso di torbida sensualità ma anche di dolcezza e di grazia» – si legge nelle note – «arricchito da un’ironia elegante e tagliente che produce leggerezza e sorriso». Una trama sul filo della suspense, con un finale tutto da scoprire.
Una pièce elisabettiana di sconcertante modernità, ovvero “Il mercante di Venezia” di William Shakespeare – dal 24 al 28 aprile – con uno strepitoso Franco Branciaroli nel ruolo dell’ebreo Shylock, vittima di ingiurie e soprusi, che escogita una singolare e crudele maniera di vendicarsi dei suoi nemici, accanto a Piergiorgio Fasolo e Francesco Migliaccio e con (in o.a.) Emanuele Fortunati, Stefano Scandaletti, Lorenzo Guadalupi, Giulio Cancelli, Valentina Violo, Dalila Reas, Mauro Malinverno e Mersila Sokoli, per la regia di Paolo Valerio (produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – CTB / Centro Teatrale Bresciano – Teatro de Gli Incamminati). Un dramma (quasi) a lieto fine incentrato sull’assurda richiesta di “una libbra di carne” per il mancato pagamento di un debito in denaro, una penale iperbolica con cui il banchiere risponde agli insulti e alle umiliazioni da parte del ricco mercante Antonio, ma che costui, in seguito a una sfortunata serie di circostanze, potrebbe essere costretto a versare, forse a prezzo della vita. Una vicenda intricata, tra questioni d’affari e affari di cuore, in cui emerge il conflitto culturale oltre che religioso, insieme ai pregiudizi verso chi è straniero o diverso, su cui mette l’accento il celebre monologo di Shylock, con tutta l’amarezza di chi subisce ingiustizie e discriminazioni, e rivendica invece intera la propria umanità.
LA DANZA
La Stagione 2023-2024 de La Grande Danza al Teatro Massimo prende il via – sabato 27 e domenica 28 gennaio – con l’affascinante Trittico della Paul Taylor Dance Company, fondata dal danzatore e coreografo Paul Taylor, pioniere della modern dance americana: in programma due creazioni di Taylor, “Airs” (1978) su musiche di Georg Friedrich Händel, che esprime l’amore e la gioia, in una perfetta armonia tra suono e corpi in movimento e “Piazzolla Caldera” (1997) sulle note di Astor Piazzolla e Jerzy Peterburshsky, che rievoca le atmosfere di una milonga, dove donne e uomini si incontrano, danzano, si sfiorano e si perdono, tra passione e solitudine, a ritmo di tango. Completa il Trittico “Hope is The Thing with Feathers” di Michelle Manzanales, con una colonna sonora “a tema”, da “Three Little Birds” di Bob Marley a “Blackbird” dei Beatles a “Cucurucucú Paloma” di Tomás Méndez e “Pajarito del Amor” di Carla Morrison: una coreografia che rimanda al comportamento degli uccelli, in stormo o da soli, nei loro, con uno stile fluido e ironico.
Una raffinata e intrigante antologia di assoli e pas de deux dai capolavori della storia del balletto classico e contemporaneo – sabato 24 e domenica 25 febbraio – con “Duets and Solos”, uno spettacolo di musica e danza firmato Daniele Cipriani Entertainment con artisti di fama internazionale come Davide Dato, primo ballerino dell’Opera di Stato di Vienna e Sergio Bernal, già primo ballerino del Ballet Nacional de España, sulle note del pianoforte di Maurizio Baglini e del violoncello di Silvia Chiesa, per riscoprire l’eleganza e la perfezione, l’energia e la forza espressiva dell’arte di Tersicore. Un viaggio tra creazioni di grandi maestri e moderne coreografie, da una insolita “Morte del Cigno” al maschile di Ricardo Cue alla sensualità di un flamenco danzato sull’ipnotico e travolgente Boléro di Maurice Ravel, accanto a una Suite of Dances di Jerome Robbins pensata per Mikhail Baryshnikov e a un avvincente duetto al maschile con un’icastica Folia de Caballeros. Un interessante programma che attinge al vasto repertorio della danza e spazia tra stili e epoche differenti, alternando alle performances suggestive pagine musicali.
Atmosfere “gotiche” e umane passioni – sabato 16 e domenica 17 marzo – per “Notre-Dame de Paris”, nuova creazione del coreografo francese Stéphen Delattre per il Balletto di Milano, ispirata al celebre romanzo di Victor Hugo, con videoproiezioni di René Zensen, costumi di Federico Veratti e consulenza musicale di Davidson Jaconello: un racconto per quadri incentrato sulla figura di Quasimodo, il campanaro della Cattedrale, perdutamente innamorato della zingara Esmeralda. Il Balletto in due atti rievoca l’amore impossibile dell’essere deforme, ma dal cuore buono e generoso, per la splendida gitana che incanta (suo malgrado) anche Frollo, arcidiacono di Notre Dame, un uomo tormentato in cui il fanatismo religioso si scontra con il desiderio. Sulle tracce del libro, che mette in luce il contrasto tra la miseria della corte dei miracoli e la ricchezza e lo sfarzo dell’aristocrazia, Stéphen Delattre costruisce uno spettacolo emozionante e coinvolgente sulle umane passioni, come amore e odio, senza dimenticare il veleno della gelosia.
Sulle note di Ludwig van Beethoven – sabato 20 e domenica 21 aprile – con “Beethoven 6” (da “La Pastorale”) di Thierry Malandain che trae spunto dall’amore del compositore tedesco per la natura e dal clima sereno e quasi idilliaco che pervade la Sesta Sinfonia. Il coreografo francese firma per la sua compagnia, il Malandain Ballet Biarritz, una raffinata partitura per corpi in movimento, tra sensualità e astrazione, per trasportare sulla scena la dimensione sospesa della contemplazione, l’emozione davanti alla bellezza del creato, insieme al ricordo dell’Arcadia, mitica terra di pastori: «la nostra “Pastorale” evoca il periodo ellenico» – spiega Thierry Malandain – «come luogo di nostalgia e ricerca, del dolore di un desiderio senza fine nel regno spirituale dell’infinito». L’incanto della vita agreste suggerito dall’armonia tra musica e danza, eco di una profonda spiritualità che trova appagamento e conforto nella visione e nell’ascolto della natura, nell’immergersi nel paesaggio, tra alberi e rocce, lascia il posto a un intenso e toccante estratto da “Mozart à 2”.
Una visione inclusiva e aperta della società con “Sabir / viaggio mediterraneo” della Mvula Sungani Physical Dance (produzione Arealive srl, MSPD Studios) – sabato 13 gennaio alle 20.30 al Teatro Massimo di Cagliari (fuori abbonamento) – uno spettacolo ispirato alla lingua franca dei marinai, diffusa mille anni fa sulle navi e nei porti, attraverso cui genti di diverse regioni e nazionalità riuscivano a comunicare. “Sabir”, con coreografie di Emanuela Bianchini e Mvula Sungani (sue anche ideazione e regia), trae spunto dalle storie di immigrati e di emigranti, tra la realtà dell’Italia di oggi con le drammatiche cronache dei naufragi e le mille peripezie affrontate da chi vi giunge con una valigia carica di sogni, e quella dei primi del Novecento, quando a partire erano tanti italiani, con la speranza di una vita migliore. Sotto i riflettori l’étoile Emanuela Bianchini e i solisti della compagnia, per un emozionante racconto per quadri con le musiche originali di Erasmo Petringa, tra sonorità elettroniche e echi mediterranei.
IL LAGO DEI CIGNI, OVVERO IL CANTO – CON CAROLA PUDDU
Un’anticipazione della Stagione 2023-2024 de La Grande Danza con “Il Lago dei Cigni, ovvero il Canto”, una creazione di Fabrizio Monteverde per il Balletto di Roma – sabato 25 novembre alle 20.30 e domenica 26 novembre alle 16.30 al Teatro Massimo di Cagliari (fuori abbonamento) – con Carola Puddu e Roberta De Simone, nei ruoli rispettivamente del Cigno Nero e del Cigno Bianco, per una rilettura del celebre balletto su musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij. La favola triste dell’amore del principe Siegfried per la bella Odette, vittima di un crudele incantesimo del mago Rothbart, che grazie all’ingannevole apparizione della figlia Odile impedisce ai due giovani di raggiungere la felicità, rivive nell’interpretazione di una compagnia di anziani danzatori. Fabrizio Monteverde intreccia “Il Lago dei Cigni” di Čajkovskij e “Il Canto del Cigno” di Anton Čechov: «condannata ad una perenne metamorfosi, donna a metà tra il bene e il male, Odette/Odile sarà cigno e principessa, buona e crudele, amante fedele e rivale beffarda» metafora dell’arte, anch’essa prigioniera in un interminabile “Lago”.
La Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza al Teatro Massimo di Cagliari è organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC/ Ministero della Cultura e dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e con il patrocinio del Comune di Cagliari e il contributo della Fondazione di Sardegna.