Le “geografie del nostro tempo” (questo il titolo sotto il quale si articola la trentottesima edizione del Romaeuropa Festival diretto da Fabrizio Grifasi), sono anche quelle del teatro internazionale, dei nuovi linguaggi che lo attraversano slabbrandone i confini e generando estetiche e segni originali e personali. È il caso della regista tedesca Susanne Kennedy che il 19 e il 20 settembre debutterà per la prima volta al festival, sul palco del Teatro Argentina, con il suo Angela (a strange loop) (coproduzione REF2023).
In scena, un’influencer – donna/ragazza/bambina – è alle prese con una misteriosa malattia di cui poco è dato sapere se non le poche descrizioni condivise online con i suoi followers. Il suo fidanzato, la sua migliore amica, persino sua madre entrano ed escono dalla sua vita come da una sitcom televisiva. I loro dialoghi scorrono pre-registrati mentre gli attori li incarnano in uno straniante playback. Una misteriosa figura, come emersa da un videogame, accompagna il percorso di Angela. Dalla nascita alla morte, la sua esistenza è narrata da un avatar, un animale peloso ma con la voce umana a cui è affidato il compito di tracciare le fila delle differenti fasi dell’esistenza della protagonista. Lo stato febbrile di cui Angela è vittima (e che caratterizza anche il clima dell’intero spettacolo), l’iper-infiammazione che attraversa il suo corpo, la costringe alla ricerca di una catarsi, una fuga dal corpo, un graduale bruciare della realtà o il suo parcellizzarsi in riflessi di puro sogno prima di una nuova genesi. A segnare questi passaggi sono le trasformazioni dello spazio virtuale realizzato da Markus Selg attraverso generatori di frattali 3D, reti neurali, software di modellazione. «In Angela, l’architettura video della stanza riflette il processo che sta attraversando. La frattalità e i loop sono importanti mezzi strutturali che usiamo per ingrandire e rimpicciolire il video mentre ci addentriamo sempre più nella vita del personaggio» spiega l’artista.
Classe 1977, vincitrice nel 2017 dell’European Theatre Prize con il riadattamento di The Virgin Suicides di Jeffrey Eugenides, Kennedy si è imposta all’attenzione internazionale dopo anni di sperimentazione tra la Germania e l’Olanda durante i quali ha fondato un linguaggio personale ancorato ad una profonda riflessione sul presente dei Social Network, del metaverso, dello sviluppo tecnologico e delle forme di socializzazione e auto-rappresentazione ad esso connesse. «Le sue visioni del mondo postumane e psichedeliche, rappresentate attraverso videogame, film e arte visiva, e le sue performance, affiancate da esperienze immersive, hanno creato una nuova ondata espressiva che sta aprendo nuove strade per il teatro nell’era digitale» ha scritto, non a caso, la giornalista Erina Ascomb su Wired Japan.
Ecco allora visioni del mondo contaminate da frattali psichedelici, abitate da personaggi la cui voce arriva da un luogo distante dalla scena e le cui parole risuonano gelide e lapidarie come commenti ai Reel di Instagram o ai video di TikTok, come vocali su Whatsapp o come emozioni affidate alla tastiera di uno smartphone. «Vedo il palcoscenico come una sorta di dispositivo per creare la realtà virtuale. Ciò che creiamo sul palco è una sorta di illusione, un’altra realtà. Il palcoscenico esisteva molto prima della nascita del cinema, quindi in questo senso non è esagerato dire che è stata la prima macchina per creare la realtà virtuale» afferma la regista.
Realtà virtuale e dispositivi tecnologici, in fondo, sembrano essere per Susanne Kennedy meri strumenti per osservarci più da vicino, per guardarci da dentro. In tutti i suoi più recenti lavori come Three Sisters (2020), I AM (VR) (2021), JESSICA – An incarnation e il riallestimento di Einstein on the Beach commissionato da Theater Basel e Berliner Festspiele del 2022, Susanne Kennedy sembra partire dal presupposto che il presente e la sua rappresentazione non possano prescindere dall’ormai indissolubile intreccio che esiste tra le nostre vite e le tecnologie digitali tanto sul piano sociale che su quello emotivo e psichico. Cosa è umano? Cosa è reale? Susanne Kennedy sembra rispondere a queste domande attraverso una radicale reinvenzione delle strutture drammaturgiche, segniche e simboliche, nutrendosi di un’idea di futuro arcaica e al contempo ipertecnologica, spirituale e macchinica. Nel suo teatro convivono David Lynch e Final Fantasy, Second Life, New Age, psichedelia e doppelgängers, TV e Manga, 2001: Odissea nello spazio di Kubrick e ancora Freud e Jung oltre alla realtà dei dialoghi ascoltati per strada o in video su YouTube, letti su un giornale o sui social network. «Mi affascina questo tipo di confusione sensoriale che sfida la nostra concezione della realtà; spesso è il punto di partenza di una mitologia. Abbiamo bisogno di storie per spiegare il reale, soprattutto ciò che rimane difficile da spiegare» afferma ancora la regista.
Ultraworld productions – “Angela (a strange loop)” è la prima produzione teatrale della struttura indipendente di arti dello spettacolo Ultraworld Productions, fondata da Susanne Kennedy e Markus Selg. È un laboratorio di ricerca per artisti interdisciplinari che prendono tecnologie come la realtà virtuale e l’intelligenza artificiale come punto di partenza per creare nuove forme di teatro (virtuale) attraverso la pratica artistica.