Delicato e potente. Così il testo, che la recitazione di Franco Branciaroli fa deflagrare modulando il timbro vocale che stigmatizza una fine crudele e ingiusta, paradigma dell’odio razziale che ha segnato la Storia del Novecento.
Dopo il prologo in cui la portinaia dello stabile racconta l’antefatto che ha portato Leo Kaufmann alla condanna a morte per “inquinamento razziale”, le luci si accendono su una gabbia posta sulla destra del palcoscenico nella quale è rinchiuso un condannato. Siamo nel 1941 e nella cella di massima sicurezza del carcere di Stadelheim, alla vigilia dell’esecuzione Kaufmann chiede l’assistenza del cappellano. È ebreo e non intende convertirsi, ma vuole affidare al sacerdote un ultimo messaggio per Irene Seidel, anch’essa incarcerata con una condanna a quattro anni per falsa testimonianza nel tentativo di salvare lui. Toccato dalla dignità con cui il condannato sostiene la propria innocenza, il frate è disposto ad ascoltare le sue ragioni. Inizia il racconto, angoscioso, dolce, intimo.
Nel 1933 il suo amico Kurt gli scrive chiedendogli di prendersi cura della figlia Irene che si stabilirà a Norimberga per studiare fotografia. Leo è un commerciante sessantenne vedovo, presidente della comunità ebraica di Norimberga. Irene è una ventenne esuberante, ariana, che illumina l’esistenza dell’uomo, incupitosi in una nostalgica vedovanza. Stima, affetto, dolcezza accompagnano la giocosa amicizia intessuta di confidenze e segreti, con punte di represso desiderio.
Le Leggi dell’Onore e del Sangue del 1935 impediscono rapporti sessuali tra ebrei e cristiani per scagionare l’inquinamento della razza. Il governo nazista fomenta l’odio e i vicini iniziano ad alimentare i pettegolezzi. Lo stimato signore diventa oggetto di diffidenza, ostilità, calunnia, delazione ed entra in campo la Giustizia. Il giudice istruttore Hans Groβ vorrebbe proscioglierlo in mancanza di prove ma lo spietato antisemita presidente del Tribunale speciale Rothenberger forza gli indizi e manipola le dichiarazioni dei testimoni: sullo sfondo il tabù della razza e della differenza d’età. Merita ricordare che il giudice Rothenberger sarà processato dal Tribunale alleato di Norimberga per crimini contro l’umanità.
Dentro la gabbia Branciaroli inizia gli stralci del racconto, sull’altra metà del palcoscenico rivive in flashback gli anni e le emozioni condivisi con Irene.
Il processo si concluderà con la condanna dell’uomo ormai ridotto in miseria, a sancire l’intolleranza di una società inquinata dall’ideologia nazista che ha messo in moto l’infernale e inarrestabile macchina persecutoria e sterminatrice contro gli ebrei.
La pièce è la trasposizione dell’omonimo romanzo di Giovanni Grasso, ispirato dal saggio storico di Raul Hilberg “La distruzione degli ebrei d’Europa” in cui, tra le altre, è citata la vicenda di Leo Katzenberger e Irene Seidel, di cui Grasso legge gli atti del processo.
Giornalista parlamentare e saggista, l’autore con questo primo romanzo ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Cortina d’Ampezzo per la narrativa italiana e il Premio Capalbio per il romanzo storico.
Franco Branciaroli esprime tutto il suo ampio registro interpretativo di variazioni emotive e di cromatismo vocale che tocca l’acme nel monologo finale, aggrappato alle sbarre della gabbia come un eroe epico. Viola Graziosi è la vibrante Irene, Graziano Piazza è il maestoso cappellano testimone della profondità di un uomo e dell’iniquità della società, Alessandro Albertin, Franca Penone, Piergiorgio Fasolo e Andrea Bonella gli altri interpreti. La regia di Piero Maccarinelli esalta le emozioni che suscita la vicenda e amplifica le peculiarità dei protagonisti. Scene di Domenico Franchi, luci di Cesare Agoni, musiche di Antonio Di Pofi, costumi di Gianluca Sbicca.
“Quello che mi affascina del testo di Giovanni Grasso è proprio l’iniziale indifferenza e poi la demenziale insensatezza della costruzione di indizi contro di lui da parte della sua piccola comunità di quartiere. – scrive Piero Maccarinelli nelle note di regia – Eppure, tutto è affrontato con grande pudore e, insieme, con una inesorabile denuncia della mediocrità della calunnia che porterà all’esecuzione di Kaufmann per disonore razziale. Rappresentare questa storia è per me un piacere e un dovere civile”.
Dopo il debutto a Brescia, Il Parioli di Roma inaugura la stagione con questo spettacolo, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e altri rappresentanti della comunità ebraica.
Tania Turnaturi