Sorprendente questa versione della dodicesima notte messa in scena alla Pergola di Firenze. Sorprendente per la sua originalità e la sua capacità di attirare il pubblico dentro un gioco farsesco nel quale travestimenti, inganni e trucchi sono manovrati dai personaggi come se fossero dei burattinai.
Pier Paolo Pacini firma la regia di questa edizione della Dodicesima notte di Shakespeare che, pur essendo scritta quattro secoli fa (probabilmente andata in scena per la prima volta nel 1601), riesce ad essere attuale e a coinvolgere con grande divertimento lo spettatore.
La scena è una scatola senza pareti, il pubblico è immerso in una dimensione onirica e fluttuante, niente è definito, i personaggi entrano ed escono da questo cubo inconsistente per confondersi con il pubblico in sala costretto, più che coinvolto, nelle loro baruffe. Sul palco neon colorati, coni riflettenti e proiezioni sono il risultato del lavoro dell’artista e designer Fran Bobadilla. Il gioco di specchi dei coni sulla scena crea l’idea che ogni personaggio non è solo quello che sembra, ma il prodotto di una doppia visione; il personaggio gioca con più identità, una volta reale, l’altra fittizia. Lo spettacolo ha una interessante colonna sonora, brani classici e brani della nostra contemporaneità vengono alternati creando una partitura per una storia del tutto contemporanea. Non sono di ostacolo da questo punto di vista i costumi che, pur rifacendosi a quelli classici del Seicento, in realtà rimandano al nostro oggi attraverso la scelta di colori e tessuti.
Lo spettacolo è ambientato nella regione balcanica dell’Illiria e racconta di due gemelli, Viola e Sebastian, che dopo un naufragio entreranno in contatto con il Duca Orsino e la dama Olivia. Viola, che si finge ragazzo ma perdutamente innamorata di Orsino, riceve da questi l’ingrato compito di fare da messaggero e di portare ad Olivia la notizia dell’amore del duca per lei. La dama però in modo imprevisto si innamorerà del messaggero non sapendo che in realtà dietro le mentite spoglie del giovane schietto e baldanzoso si cela una femmina.
Il ruolo maschio femmina in questa commedia viene spesso invertito e l’identità di genere diventa un confine labile con il quale si può giocare o si può superare per motivi di amore. Come nelle commedie dell’epoca elisabettiana i ruoli femminili erano recitati da maschi ed era impossibile per una donna accedere alla professione di attore, in questo caso la regia ha deciso di invertire la regola e così la parte maschile del Maggiordomo di Olivia, Malvolio, viene interpretato da una donna che interpreta un uomo in giarrettiera.
Lo spettacolo è piaciuto al pubblico e soprattutto è stato bello sentire all’uscita le scolaresche (spesso portate a forza dagli insegnanti del liceo) commentare “Era proprio forte!” Perchè sì, lo era, o almeno è l’unica strada da intraprendere questa per far comprendere a un adolescente che Shakespeare ci parla ancora tanto di noi…