La versione francese de la “Lucie di Lammermoor”, l’opera lirica in tre atti tradotta in francese ed adattata da Alphonse Royer e Gustave Vaez (dal libretto di Salvadore Cammarano) su musica di Gaetano Donizetti nella replica pomeridiana domenicale ha riscosso un generale consenso da parte del folto pubblico del teatro sociale di Bergamo che ha applaudito in varie fasi convintamente da platea e palchetti. Sull’opera, che costituisce oltretutto il capolavoro di Donizetti, quest’ultimo vi mise mano sulla partituta quattro anni dopo la versione italiana che fece con successo il giro del mondo a partire dal 1835.
Tuttavia l’opera donizettiana il cui debutto “francese” risale esattamente al 6 agosto del 1839 al Theatre della Renaissance di Parigi ha suscitato e saputo riscuotere in Città alta contrastanti emozioni difronte ad un pubblico attento nelle quasi tre ore d’esecuzione. Grande intesa tra l’orchestra: “Gli originali” diretta dal maestro Pierre Dumoussaud ed il coro dell’Accademia del teatro alla Scala diretto dal maestro Salvo Sgrò per la regia di Jacopo Spirei, in un’opera – con costumi moderni – la cui scenografia era ambientata in un tipico periodo autunnale dentro ad un bosco di una località scozzese dinanzi al tronco di un albero divenuto elemento centrale della scena accanto del quale viene raccontata una storia d’amore come tante, e che termina, in questo caso, (e purtroppo) in un tragico epilogo.
Un amore quello di Lucie (la brava soprano Caterina Sala) contrastato dal fratello Henri Ashton (bravissimo il tenore Vito Priante) che per ragioni politiche vuol concedere in sposa al nipote del potente lord Athold, sir Arthur Bucklaw (Jiulien Henric), Ma come in ogni storia d’amore che si rispetti, Lucie ama Edgard Ravenswood (il bravo tenore Patrick Kabongo) appartenente all’ultimo ramo della famiglia nemica degli Ashton. Con Gilbert (David Astorga) a fare da terzo incomodo e tenere le fila una volta da una parte oppure dall’altra a seconda delle convenienze del momento, e che finirà col tradire la coppia Edgard–Lucie informando il fratello degli incontri furtivi lontani da occhi ed orecchie indiscreti. Lucie, sa bene come il dilemma risieda nell’odio covato dalle due famiglie, tuttavia ella se ne vuol sottrarre, ci tiene alla sua libertà di donna ed al suo amore per Edgard.
Edgard, dal canto suo, sospinto dallo zio per una missione diplomatica in Francia su suo incarico, vorrebbe convolare a nozze con la sua Lucie e chiederà al fratello di lei di sposarlo non senza prima che si scambino i due anelli in prossimità della partenza. Nel frattempo, Gilbert si fa una copia dell’anello che Lucie aveva donato al suo fidanzato e dandolo al fratello, quest’ultimo, glielo mostra riferendole che Edgard non l’ama più. Lucie, a quel punto, cede con rabbia e frustrazione, al matrimonio con Arthur. Durante la celebrazione nuziale subentra Edgard che maledice Lucie della sua rocambolesca decisione avallata dal cappellano Raimond (Roberto Lorenzi) che gli mostra il contratto di matrimonio.
A questo punto Edgard fugge e ritorna da Henri quando lui è solo per sfidarlo a “singolar tenzone”. In questo frangente mentre è in corso la festa nuziale al castello degli Ashton, Raimond sopraggiunge fornendo la notizia dell’uccisione di Arthur per mano di Lucie che appare in scena tutta insanguinata con un coltello in mano con il quale avrebbe ammazzato il suo novello marito. Lucie è letteralmente impazzita, vaneggia continuamente del suo amore per Edgard e predice la sua morte che avverrà da lì a poco. Quasi contestualmente Edgard che va sul luogo del duello viene informato di quanto accaduto e delle dichiarazioni di fedeltà per lui da parte di Lucie.
Edgard, conosciuta allora la verità, decide di farla finita ed impugnando un coltello che stringe al suo fianco cade a terra morente in una scena in cui vi è un’auto con la carrozzeria distrutta e delle donne ripiegate su se stesse e morte sul ciglio di una strada con un uomo del coro che prendendo una tanica di liquido infiammabile si vede intento a spargerlo con disprezzo sulle donne a terra e tutt’intorno per darle fuoco con un accendino acceso in mano, mentre si chiude il sipario.
Un momento particolare, quest’ultimo – in coincidenza della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne del giorno precedente – che suscita una riflessione profonda quasi per far capire in una sorta di messaggio ideale come, invece, azioni del genere, violente e di sopraffazione nei confronti del gentil sesso non debbano mai più accadere; un’impronta decisamente maschilista che s’evince, del resto, da come tali donne siano state trattate nel corso della rappresentazione dagli uomini del coro sin dal momento stesso in cui inizia l’opera e che, proprie di quel tempo e giunte sino ai nostri giorni, come le cronache registrano quasi quotidianamente ormai, vadano assolutamente respinte.