“Pink” è il titolo del monologo, fresco di debutto, interpretato da Elena Fioretti che ne firma il testo unitamente alla regista Elena De Carolis. Un titolo accattivante, rapido, efficace nello spargere un umore atemporale: proietta il candore classico di pizzi e merletti quanto lo spirito lisergico sprigionato in fumi colorati da un palco rock. Al contempo aleggia sospeso, criptico, tale da necessitare un sottotitolo argomentativo e nominale. Sono tutti indizi che in scena troveranno forma e conferma, sviluppando motivi di approfondimento interessanti.
Lo spettacolo ha difatti il merito di portare a conoscenza la figura di un personaggio storico notevole come Nelly Bly, ancora da scoprire per il vasto pubblico ma sorprendentemente attuale, come sempre accade, d’altronde, con le figure di valore assoluto. E’ uno pseudonimo, quello di Nelly Bly, strumento spesso applicato nella storia quando le donne si cimentavano con la scrittura, mestiere spesso considerato poco commendevole e in ogni caso ammesso soltanto nella zona della prestazione maschile. Il tutto avveniva ancora in epoca contemporanea, nella nazione capofila dell’innovazione tecnica quanto culturale: siamo in America a cavallo tra Ottocento e Novecento, e Nelly è una giornalista, per vocazione ma anche per necessità (il padre muore quando lei è ancora bambina).
Eppure, tra i due poli è la vocazione ad imporsi gerarchicamente fino a stagliarsi limpida: Nelly sembra irradiare un talento non confinato alla sua individualità, bensì proiettato alla condivisione ed all’utilità sociale. Il suo è un giornalismo d’inchiesta, d’indagine, d’investigazione, dove la notizia non spettacolarizza, non amplifica il dato già conosciuto, ma porta luce sulle quote di criticità della società industriale.
Sono inchieste scandalose, scomode: lo sfruttamento dei lavoratori, delle donne, le condizioni inumane in cui versano le fasce più fragili della popolazione. Sono inchieste pericolose, da svolgere sotto copertura, adoperando ulteriori strati d’identità fittizia, adoperandosi corporalmente nell’inchiesta. Azioni di intelligence compiute in prima linea, come quelle che oggi si attribuiscono ai cosiddetti “infiltrati” o “agenti provocatori”.
Ma allora, dov’è il rosa in un tale spaccato di genuina, urticante veracità? Lo spirito iconico condensato nel titolo dello spettacolo si produce in scena in una scelta drammaturgica e registica che mira saggiamente alla sottrazione. “Pink” non si propone d’essere un biopic, uno spettacolo biografico; sceglie invece di concentrarsi su di un frammento del personaggio storico e di lasciarlo rifrangere verso l’esterno, verso l’ultratempo. Di una vita intensa, densa come quella di Nelly Bly viene focalizzato un arco di tempo circoscritto: dieci irripetibili giorni.
Così la scena non è riempita da posticce imitazioni d’interno o d’ambientazione storica. Gli elementi scenici sono strumenti d’attuale ordinarietà, pensati per l’uso corporeo, che obbligano e ridisegnano progressivamente la corporeità dell’attrice. Lentamente i contorni di Nelly Bly evaporano, lo schermo della finzione lascia posto alla condivisione, alla confessione autentica. Il limite del proscenio cede al dialogo con la platea, la profondità del palcoscenico accoglie le evoluzione di un corpo scosso, trasformato, rinnovato dalla danza. La musica viene a sovrascrivere la scena, come elemento sonoro ma anche tematico. Diventa un nuovo capitolo della storia, proveniente da un tempo altro, ancora più fortemente, riconoscibilmente nostro.
Paolo Verlengia
CREDITS:“PINK – dieci giorni con Nelly Bly”con Elena Fiorettiregia Elena De Carolisdrammaturgia Elena De Carolis, Elena Fiorettimusiche Simone Lallimuci Alessandro Maestrinicostumi Roberta Marchesinifoto e grafica Storyboard Labproduzione Look Up APS