diHarold PinterconRaffaele TotaroLeonardo Venturiregia Alessandro GrisoliniTEATRO DI CESTELLO – CdG
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«Adesso sono diventato comprensibile, accettabile, eppure le mie commedie sono sempre le stesse di allora. Non ho cambiato una sola battuta!» affermava Harold Pinter, all’apice del successo, dopo i tanti giudizi negativi ricevuti dalla critica.
Oggi, tuttavia, le sue commedie, oramai ritenute tra i grandi classici del teatro, tornano, forse, ad essere incomprese a molto pubblico, più destinato all’intrattenimento che all’analisi delle opere ricche di simbologie.
Il calapranzi risale al 1957, ma bisogna immediatamente riconoscergli una drammatica aderenza alla realtà contemporanea che conferma il genio dell’autore, in grado di vedere, prevedere e narrare, innovando la struttura capillare dei tempi teatrali, in funzione di una denuncia del sistema sociopolitico, interpretato nell’atto stesso delle sue dinamiche stritolanti.
Il pagliaccio Bianco e l’Augusto che, a lungo, hanno riempito le sale di risate, sono adesso gli assassini protagonisti di una tragedia canzonatoria e torturante che deve ancora accadere; l’autoritario si è fatto prevaricante e violento, mentre la sua spalla, l’ incapace smarrito, si è fatto passivo aggressivo.
Tutta l’atmosfera è un covare di attese beckettiane, nello stridore snervante dei suoni macchinosi e rugginosi del tempo, che trascorre come una tagliola sulle loro teste.
I vuoti di silenzio non si colmano, ma vengono continuamente ricollocati, senza mai definire il loro significato o enfatizzare l’azione.
Il quadro è quello della disorganizzazione frammentaria e psicotica; una condizione che pare essere imposta da una qualche entità al di sopra dei due disgraziati che,come topi in gabbia affamati, finiscono per volersi sbranare tra loro.
Affrontare una prova di questa caratura attesta, anzitutto, la temerarietà degli attori in scena e un lavoro di regia riuscito, nella proposta disturbante e dissonante di questo spettacolo che, certamente, non può smettere di stupire ma anche di suggerire, sottilmente, tutto uno spirito animalesco di sopravvivenza che si ostina nel tentativo di risolvere il labirinto di un sistema vorace, schiavista e disumano.
Ines Arsì