“Moby Dick – il rito”
di Roberto Negri rientra nel novero di quei progetti artistici scaturiti dal tempo sospeso del lockdown, alimentati da un sentimento di necessità febbrile verso il teatro, rinnovato come in una rivelazione dalla lontananza forzosa dal luogo teatrale. Rivelazione o riscoperta dello spettacolo come rito collettivo e comunitario, prima ancora che prova di perizia tecnica.
Questa genesi del lavoro si imprime in un allestimento essenziale ma non scarno, denso bensì di oggetti di primaria materialità: cordami, legni, panneggi, la sapienza annosa di un bastone nodoso, la linea sinuosa di un moschetto d’epoca …
Ogni elemento visivo trova un impiego scenico diretto, tattile e corporeo, rifuggendo da una finalità decorativa, facendosi al contrario “macchina teatrale” per l’attore. Una crasi virtuosa che proviene da una condivisione progettuale e da una collaborazione fattiva tra regista ed attore, tra messinscena e drammaturgia: Roberto Negri, oltre che interprete, ha curato l’adattamento testuale del romanzo di Melville, operazione immane e perigliosa proprio come una navigazione oceanica, intrecciata a doppio filo con la tessitura di una traduzione scenica. La regia di Federigo Vigorito accompagna questo coordinamento tra “voce narrante” e “corpo presente” dell’attore, coinvolgendo lo spazio scenico in un gioco polifonico e polisemico.
Il risultato conduce non a caso ad una performance che può a ben titolo rientrare nella categoria del teatro d’attore, ma su tutto colpisce una gestione bilanciata dei toni mirata a non sormontare un protagonista ulteriore e superiore: l’opera di Melville, la visione dell’esistenza di cui la vicenda tragica ed i suoi personaggi iconici sono quasi un correlativo oggettivo.
Negri fa uso del suo bagaglio attoriale, che spazia dal teatro popolare ai principi della scuola russa, avendo cura di non spettacolarizzare l’effetto. Il quadrato “ritagliato” sulla scena viene percorso ed abitato nei suoi angoli per connotare una coralità di personaggi contrastanti e complici ad un tempo, componendo un panorama umano chiaroscurale ma coeso.
Un meccanismo orchestrale su cui la presenza di Achab infine sormonta inevitabilmente. Eppure, rifranta nel carisma sincero e pieno che egli accende nei suoi uomini, la sua dimensione umana sorprende anche noi, ci conquista e muove alla compenetrazione, trasmutando il suo elitario destino d’eroe in condivisione, la sua individuale ossessione nella condizione universale di mistero che avvolge il senso profondo del nostro agire.
Paolo Verlengia
CREDITS:
"MOBY DICK - IL RITO"
dal Moby Dick Herman Melville
riduzione e adattamento di Roberto Negri
voce narrante e corpo presente: Roberto Negri
regia, impianto scenico e disegno luci: Federico Vigorito
assistente alla regia: Carolina Vecchia
costumi e attrezzeria: Rossella Ramunni
realizzazione scene: Area 5 Lab
organizzazione: Flavia Ferranti
produzione: Officina Dinamo, Seven Cults
Florian Metateatro, Stagione 2023-24, Rassegna Teatro d'autore ed altri linguaggi