Dalla pellicola al palcoscenico. Monica Guerritore rielabora il film del 1986 di Federico Fellini scritto con Tonino Guerra e Tullio Pinelli, protagonisti Giulietta Masina e Marcello Mastroianni, che volge uno sguardo critico sulla realtà della televisione popolare e sul ruolo della pubblicità.
La vigilia di Natale alcuni frastornati personaggi scendono da un pullmino davanti alla vetrata di un albergo rimasto al buio sotto l’insegna di una discoteca, recando in mano attrezzi del mestiere come una testina con parrucca, una valigia, un abito di scena, un cilindro. Sono stati scritturati per lo show di una televisione privata che utilizza persone sconosciute sosia di personaggi famosi, insieme ad Amelia Bonetti e Pippo Botticella, anziana e logora coppia di ballerini che avevano acquisito notorietà ballando il tip tap e interpretando Ginger Rogers e Fred Astaire in numeri di avanspettacolo. Amelia desidera rivivere la magia del palcoscenico e recuperare il filo del sentimento che l’aveva legata a Pippo, ma dovrà misurarsi con i perfidi meccanismi pubblicitari della televisione commerciale che tutto fagocita. I due ballerini, ormai patetici, servono infatti a riempire gli intervalli, definiti “rigatteria d’antan”.
Emergono tutti dal buio, come fantasmi che chiedono di trasformarsi in personaggi. In sala trucco, in atteso di andare in onda, una sarabanda vociante e fantasmagorica di sosia dilettanti e bizzarri aspirano a un momento di gloria, in attesa che il presentatore, come il domatore di un circo, li faccia entrare, quali animali ammaestrati soggetti ad applausi pilotati, in una tragicomica performance. Ma Ginger e Fred sono diversi, sono stati dei professionisti e chiedono tempo per le prove, o per parlare con il regista. Non sanno di essere solo materiale di ‘varia umanità’ che deve riempire i buchi tra una pubblicità e l’altra.
Giunto il loro turno iniziano a danzare sotto la luna di carta che Fred ha chiesto al macchinista, e l’arrivo del Presidente della tv che galantemente accenna il tip tap con Amelia, dà vigore alla donna, mortificata dalla minaccia di Pippo di andar via, mentre il pubblico ride e applaude sollecitato dall’ispettore di studio che controlla la registrazione televisiva.
Salta la luce nello studio e lo spettacolo si interrompe. Al buio, uno accanto all’altra senza più incanto, Fred esprime l’amarezza del ridicolo: “Siamo due fantasmi che vengono dal buio e nel buio se ne vanno…”. La morte dell’ospite d’onore, l’Ammiraglio-eroe, interrompe bruscamente lo show. Al ritorno della luce la coppia conclude il suo numero ma, dopo, si saluterà per sempre. Come ha voluto Fellini.
La Guerritore affronta la scrittura scenica curandone la regia e riservandosi il ruolo di Amelia, facendo coppia con Massimiliano Vado che ha precipitosamente sostituito Pietro Bontempo fermo per infortunio. La sua presenza in scena è discreta nell’ambito della rappresentazione corale, in cui il gran circo mediatico si muove in modo confusionario, ciarlando privo di coerenza ed esprimendo esibizionismo e superficiale compiacimento. In tale turbinio, Vado si è appropriato con verosimiglianza del personaggio di Pippo, nonostante il poco tempo di preparazione, mostrando in coppia buone capacità coreografiche. In scena anche Alessandro Di Somma, Mara Gentile, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni, Lucilla Mininno, Valentina Morini e Claudio Vanni.
La scenografia di Maria Grazia Iovine, all’inizio eccessivamente buia, asseconda la fantasmagoria della rappresentazione, supportata dai costumi di Walter Azzini, le coreografie di Alberto Canestro e il light design di Pietro Sperduti.
“La mia non è una mera trasposizione scenica ma una vera e propria rilettura ‘politica’ dell’intuizione felliniana oggi più che mai attuale – afferma Guerritore -. La battaglia di Fellini (non si interrompe così un’emozione) va oltre l’interruzione di un racconto, un film, che è un’opera finita e per questo intoccabile, ma mette l’accento soprattutto sulla potenza del bombardamento pubblicitario che trasforma lo spettatore in consumatore rendendolo ignoto anche a se stesso. È nell’osservazione di questo piccolo popolo, nella comprensione, nella partecipazione alle loro vite disvelate durante le ore di attesa, nella loro umanizzazione prima di essere usati come ‘caricature’ e spediti al massacro, che emerge la pietas che spinge Fellini a scrivere e dirigere Ginger & Fred”.
Tania Turnaturi