Che il gala internazionale di danza Les Étoiles non sia “il solito gala” si sa. Da sempre, nelle sue scelte il Direttore Artistico Daniele Cipriani affianca ai brani più amati del repertorio di tradizione, novità coreografiche (spesso viste per la prima volta in Italia) e, alle stelle del balletto classico, interpreti altrettanto importanti di altri generi di danza.
Nel quadro della collaborazione tra Daniele Cipriani Entertainment e Fondazione Musica per Roma, i quattro appuntamenti romani con Les Étoiles si terranno nella grande Sala S. Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica Ennio nei giorni 15 marzo (ore 21), 16 marzo (doppio spettacolo, ore 16.30 e 21) e 17 marzo (ore 16.30). In quell’occasione, accanto alle stelle già annunciate – Bakhtiyar Adamzhan, Sergio Bernal, Alessandro Frola, Claudia García Carriera, Dani Hernández, Isaac Hernández, Maia Makhateli, Roman Mejia, Tiler Peck, Giada Rossi, Daniil Simkin – e all’étoile a sorpresa il cui nome è ancora coperto dal segreto, ci sarà anche, come ospite speciale, un nome storico del teatrodanza: il tedesco Lutz Förster.
Nel corso di una carriera quasi cinquantennale, Lutz Förster ha danzato nella José Limón Dance Company (è stato un indimenticabile Iago ne La pavana del Moro, per un certo periodo anche condirettore della compagnia newyorkese), nonché per il regista Bob Wilson. Inesauribile e preziosa è stata la sua attività didattica all’Università delle Arti di Folkwang. Soprattutto, Lutz Förster è noto per la lunga e fertile collaborazione con Pina Bausch e il Tanztheater Wuppertal.
Tutto ebbe inizio nel 1975 quando la ‘Grande Signora’ del teatrodanza lo nota durante una recita universitaria e chiede al professore della facoltà di prestarglielo per la sua Sagra della primavera; non ne conosce il nome ma, come Lutz stesso ha raccontato nel suo monologo Dance Stories (visto a Rovereto e Parma alcuni anni fa), lo indica così: “Quello alto, col nasone, ed una bella seconda posizione!” Tre anni dopo Lutz entrava a far parte del Tanztheater Wuppertal dove avrebbe interpretato molti dei lavori più celebri della Bausch: da Kontakthof a Nelken, da Arien, Gebirge, Bandoneon, Danzon, a Iphigenie auf Tauris e Macbeth. Il sodalizio artistico con Pina Bausch si protrasse fino alla di lei morte, sopraggiunta improvvisamente nel 2009, continuando perfino dopo poiché, nel 2013, Lutz prende le redini della compagnia e la dirige fino al 2016.
La sua presenza ironica e un’aria decisamente aristocratica (è stato descritto come un incrocio tra Fred Astaire e David Bowie), hanno fatto di Lutz Förster una delle figure di maggior spicco sulla scena di fine Novecento. Immortalato da Wim Wenders nel film Pina, Lutz ha costruito diversi assolo iconici inseriti nei più celebri spettacoli del Tanztheater Wuppertal.
Quale omaggio alla grande coreografa tedesca, di cui quest’anno ricorre il quindicesimo anniversario della scomparsa, sarà proprio uno di questi Stuck (“pezzi”), integrato nel celebre lavoro Nelken (1982) di Pina Bausch, che Lutz Förster offrirà al pubblico di Les Étoiles. Si tratta della personale versione di Förster, nella lingua dei segni, della canzone The Man I Love di George e Ira Gershwin, cantata da Sophie Tucker. Il “danzattore” verrà raggiunto in palcoscenico dagli altri protagonisti maschili del gala, a cui lui stesso insegnerà i “segni”. Il pezzo ha un profondo significato per Förster: “Ogni volta che lo eseguo”, confida, “è come se sentissi, insieme alla voce ruvida della Tucker, anche quella del mio amato compagno Axel (morto di leucemia); è come se cantassero insieme.”.
Il pubblico assisterà a un momento emozionante in cui ciò che nasce dal linguaggio dei segni dei non udenti diventa un’elegante coreografia. “Anche questa è danza, una danza meravigliosa”, dice il direttore artistico Daniele Cipriani. “Proprio perché priva di parola, la danza è in grado di ‘parlare’ a tutti. Come già in edizioni precedenti di Les Étoiles, tengo a sottolineare l’urgenza di affrontare il tema dell’inclusione che deve essere totale nella società del futuro che si va costruendo, passo dopo passo, ognuno con i propri mezzi, noi con l’arte della danza. Sarei felice se l’inserimento nel programma di un brano nella lingua dei segni potesse attirare anche una presenza di non udenti tra il pubblico: la voce dell’anima risuona più forte di qualsiasi parola o musica. La danza è per tutti.”