La “Famiglia” comunemente intesa, rimane e rimarrà sempre una piccola società naturale che rappresenta i tratti salienti di una comunità degna di tal nome. In essa si trova di tutto, ed è un po’ il compendio di una vita intera di generazioni che si susseguono le une alle altre.
Ebbene, la “Famiglia” portata in scena domenica scorsa al teatro del Grillo di Soverato (Catanzaro) – di cui è direttore artistico Claudio Rombolà – di e per la regia di Valentina Esposito ne è stata una plastica rappresentazione. Si parte dal racconto di uno dei membri: Alessandro, che rivanga il tempo perduto e l’arrabbiatura e conseguente tristezza che si porta nel cuore all’indomani della scomparsa del padre.
In pratica, il racconto che ne consegue si snoda sin dal momento in cui il “nonno Hitler” così come veniva chiamato (interpretato da uno splendido Marcello Fonte) parte col suo camioncino “sgarrupato” dalla provincia di Reggio Calabria con la propria consorte incinta della più piccola ed altri tre maschietti, con destinazione Roma. Poi la scena si concentra soprattutto nel momento in cui è proprio l’ultima ed unica femmina a convolare a nozze ed in cui si ritrovano le tre generazioni in un momento di festa, ma dove, contestualmente, compaiono tutte le contraddizioni frutto delle incomprensioni delle vite di ciascuno dei componenti.
Vite sospese per certi versi, dove il vecchio capofamiglia “sovrintende” con la consueta autorità al destino dei suoi congiunti sebbene oramai fosse morto da tempo. Tuttavia la sua presenza è tangibile per l’educazione fornita a figli e nipoti dove prevaleva quell’autoritarismo deleterio che contraddistingueva le famiglie patriarcali di un tempo oramai remoto ma che comunque risultava preponderante, nonostante tutto.
E da qui le rivendicazioni di figli e nipoti per ciò che è stato e non doveva essere, i risentimenti covati per troppo tempo dal maggiore dei nipoti di nonno Hitler – sempre Alessandro sulla scena – che a causa di un rapporto diffcile col padre si vede “costretto” ad emigrare negli Stati Uniti in cerca di fortuna con l’aiuto dello zio e che rientra soltanto per far contenta la sorella per via del suo matrimonio.
E’ un dramma sottile e delicato quello che si consuma in quattro pareti dove riafforano i ricordi delle esistenze di ognuno, tra alti e bassi. Laddove il sogno confina con la realtà che è poi finzione calcando un palcoscenico, ma dove ognuno degli spettatori potrebbe pure “intravedere” delle storie che non siano poi tanto lontane dal proprio vissuto. Nonostante, nel frattempo, siano pure scomparsi i figli di quel nonno Hitler così presente e così “invadente” allo stesso tempo.
E’ una commedia che viaggia sul profilo psicologico dei suoi protagonisti, dai tratti talvolta cupi, che fa dire ad uno dei quattro nipoti di nonno Hitler come nella loro famiglia siano i morti a comandare e a regolare il flusso “normale” delle loro vite. Ma dove risiede anche la speranza che ciò che non è accaduto di positivo possa, eventualmente, concretizzarsi lo stesso, come nel caso sempre del nipote Alessandro – divenuto filo conduttore dall’inizio alla fine – che nonostante l’odio perdurante per quel padre con cui non era riuscito neanche a scambiare qualche parola durante il matrimonio della sorella confida ancora di poter, alla fin fine, recuperare un rapporto perduto finanche col “fantasma” di quel genitore che gli ricompare spesso in sogno, anche se questi, com’è evidente, non c’è più.
Bravi tutti gli attori, nell’interpretazione dei singoli personaggi e nel cambio delle scenografie. Bravi gli addetti alle luci, la regia e quanti hanno concorso a portare in scena il lavoro della compagnia Apache al suo decimo anno di attività.
Fort Apache cinema teatro è l’unica compagnia teatrale italiana stabile costituita da attori ex detenuti oggi professionisti di cinema e palcoscenico. È diretta da Valentina Esposito, autrice, regista, docente universitaria. Realizza produzioni teatrali e cinematografiche e collabora con Sapienza Università di Roma in Progetti di Ricerca e Formazione.
La compagnia, che nel 2024 festeggerà i suoi primi 10 anni di attività esterna alle carceri, è alla sua seconda Tournée nazionale, portando anche nella stagione teatrale 2023/2024 le sue produzioni nei più importanti teatri italiani, confermando l’impegno di integrare sempre di più nei circuiti professionali una prassi di lavoro che promuove un “Teatro sociale d’arte” sospeso fra realtà e finzione, capace di ristabilire il legame tra esperienza di vita ed espressione artistica e coinvolgere una nuova comunità di spettatori inclusiva e trasversale.
Il processo di realizzazione dello spettacolo “Famiglia” è al centro del documentario “Fort Apache” (prod. Jumping Flea, 2020), vincitore nel 2022 del Premio Miglior Documentario al Festival Vision 2030 di Noto, del Premio Miglior Documentario al Caorle Film Festival, del Premio Miglior Documentario allo Student Doc Fest di Roma e del Premio del Pubblico come Miglior Documentario all’Edera Film Festival. Il tutto per una produzione Fort Apache Cinema Teatro con il sostegno di ministero della cultura, regione Lazio, fondi otto per mille della chiesa Valdese in collaborazione con ministero della giustizia – dipartimento dell’amministrazione