Terzopoulos reinventa Beckett in Aspettando Godot
È andata in scena a Bologna, dopo una lunga tournée internazionale e italiana, la nuova
versione del capolavoro beckettiano Aspettando Godot prodotta da Emilia Romagna
Teatro ERT / Teatro Nazionale e Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, in
collaborazione con Attis Theatre Company. A dirigerla un nome d’eccezione, Theodoros
Terzopoulos, fra i registi più apprezzati del panorama contemporaneo. In scena una delle
coppie più iconiche e affiatate del teatro italiano, Enzo Vetrano e Stefano Randisi,
affiancati da Paolo Musio, Giulio Germano Cervi e Rocco Ancarola.
La famosa coppia di barboni Didi e Gogo prende vita in un contesto cupo e grigio,
inizialmente orizzontale, come fossero sepolti in un cimitero che rappresenta un mondo in
rovina. Sul palcoscenico solo una struttura che gioca fra i piani contrapposti
verticale/orizzontale che spostandosi, ora aprendosi e ora chiudendosi disvela scene,
presenze e visioni.
Il regista fa suo uno dei drammi più celebri del “teatro dell’assurdo” per interrogarsi sul
futuro prossimo, non certo roseo, fra mille contraddizioni che lo contraddistinguono. Quali
sono le condizioni minime per pensare ad una vita che valga la pena di essere vissuta? La
stasi in cui si trovano i personaggi aspettando qualcuno che non verrà mai si dilata a tal
punto che piani e riflessioni si confondono, rendendo labili i confini fra sogno e realtà, fra
ciò che è vero e ciò che è falso. Terzopoulos punta l’accento fra la dimensione sociale
dell’essere umano e quella interiore, esplorando i confini della relazione con “l’altro da noi”
attraverso la contrapposizione inconciliabile fra la supremazia di Pozzo e la sottomissione
di Lucky o il rapporto di dipendenza reciproca nel bene e nel male fra Didi e Gogo, non
dimenticando allo stesso tempo di nutrire “l’altro dentro noi”.
Al di là dell’insieme di azzeccate e coerenti scelte registiche, non ultima quella di
rappresentare il famoso albero ai cui rami si vorrebbero impiccare i due protagonisti con
un bonsai sul proscenio che rende impossibile l’impresa, emerge ancora una volta la forza
interpretativa di due animali da palcoscenico come Vetrano e Randisi. Meravigliosi nella
loro empatia, evocativi e calzanti nei ruoli, i due si fanno interpreti di una delle coppie più
iconiche del teatro degli ultimi 70 anni, continuando il filone esplorato nel proprio percorso
artistico di un’altra grande coppia, tutta italiana, di emarginati, di figure ai confini della
realtà sociale come Totò e Vicè, splendide creature nate dalla penna del drammaturgo
palermitano Franco Scaldati.
Aspettando Godot di Terzopoulos dimostra una volta di più la contemporaneità di un
dramma che non conosce limiti di possibilità di rappresentazione.
Erika Di Bennardo