La compagnia Giardini dell’Arte porta di nuovo in scena a Firenze La strada, spettacolo tratto dalla celebre sceneggiatura di Federico Fellini, Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, approdata nelle sale nel 1954 con il film vincitore, tre anni più tardi, dell’Oscar al miglior film in lingua straniera.
Sul palco del Reims, con la regia di Marco Lombardi, una meravigliosa Raffaella Afeltra (Gelsomina), Aldo Innocenti (Zampanò), Michele Cimmino (il Matto) e poi Paola Bartolozzi, Laura Bozzi, Riccardo Giannini, Massimo Blaco, Fiamma Mariscotti, Chiara Foianesi, Benedetta Chiari, Anna Serena, Brenda Potenza e Rosanna Reccia.
La strada è una «fiaba feroce», come la definisce il regista, che mischia l’allegria dei colori del circo con l’ombra grigia della malinconia e della solitudine. Grigia come la strada che accoglie e toglie, espone e spoglia, fortifica e incattivisce.
Un testo lirico a crudele, in cui lo spettatore osserva il mondo attraverso lo sguardo ingenuo di Gelsomina, per cui prova compassione, a volte tenerezza, a tratti quasi un moto di rabbia, un desiderio di scuoterla e trascinarla via dalla gabbia che lei stessa pare essersi costruita.
Difficile trasformare una sceneggiatura di questa portata in due atti scenici che lasciano spazio a importanti scelte registiche, e soprattutto far rivivere in un unico impianto scenico, statico e quasi bidimensionale, la vivacità di personaggi in perenne movimento.
Un arduo esperimento a cui forse manca ancora qualcosa per definirsi riuscito in pieno. Il sipario si apre su un gruppo di circensi (una novità rispetto al film) che un po’ introducono il racconto scenico, un po’ ne sono parte. Il loro estro giocoso, però, non è amplificato da elementi scenici e musicali: l’atmosfera del circo è appena accennata e si contrappone alla struggente poesia di Gelsomina solo flebilmente, quasi assecondando la sua malinconia.
Eppure di musica ne La strada ce n’è, eccome. Anzi, più che colonna sonora è una vera e propria protagonista, tanto che nel 1967 dal film fu tratto l’omonimo balletto, con le coreografie di Mario Pistoni e Carla Fracci nel ruolo di Gelsomina.
Nello spettacolo dei Giardini dell’Arte, le bellissime sinfonie sono tutte opere originali di Marco Simoni, il quale ha rielaborato anche il tema di Gelsomina che Nino Rota aveva composto per il film di Fellini. Su queste note la protagonista si specchia nella sua anima, una suggestiva figura bianca in cui forse per la prima volta, eccezionalmente, vede sé stessa, accetta di esistere e di provare anche lei sentimenti. I brani cantati dal vivo – bella l’interpretazione di Anna Serena – faticano a trovare un ruolo preciso nella messinscena, costituendo di fatto quasi una parentesi nella narrazione.
Quello che resta dello spettacolo è la malinconia di Gelsomina, a cui solo il Matto e le sue carezze dolceamare sembrano riuscire a dare speranza, portandola con sé nei suoi numeri acrobatici e nei suoi pensieri, sempre più in alto, sempre più lontana da terra.
Foto di scena di Enrico Gallina