Lisette Oropesa
incanta il pubblico del Teatro dell’Opera di Roma al debutto nel ruolo di Amina ne La sonnambula di Bellini: la voce straordinaria e la presenza scenica del soprano americano ipnotizzano la platea di uno degli appuntamenti della stagione dedicati al belcanto, mentre il nuovo allestimento (multimediale) di Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil > le lab non sembra essere all’altezza.
Travolgente ed emozionante tutta la parte musicale dell’opera, grazie a una brillante, attenta e sempre equilibrata direzione del direttore Francesco Lanzillotta, che torna all’Opera dopo L’elisir d’amore dello scorso anno, e che sembra quasi compiere un passo indietro con una direzione d’orchestra misuratissima. Il risultato è quello di voler lasciare soprattutto spazio e spessore alla bellezza delle voci per esaltare la magnificenza delle magnifiche melodie belliniane.
Divina Lisette Oropesa, al debutto nel ruolo, vera star della serata, favolosa Amina di intenso spessore che ipnotizza il pubblico con una presenza scenica invidiabile, le espressioni del volto, la bellezza delle voce fra trilli, acuti e virtuosismi.
L’impareggiabile Oropesa deve però rinunciare per indisposizione al secondo atto, ben sostituita dalla buona performance di Ruth Iniesta del secondo cast.
In ottima sintonia con la Oropesa, John Osborn sempre convincente nel ruolo di Elvino, che brilla nelle singole arie e nei duetti con Amina, che regala al personaggio sfaccettature e spessore. Roberto Tagliavini è un ottimo Conte Rodolfo dalla voce piena, molto brava anche Francesca Benitez nel ruolo della villain di turno, Lisa, di ammaliante nero vestita che apre la scena, sempre una garanzia Monica Bacelli nel ruolo di Teresa che ben si lega al resto del cast e al Coro di Ciro Visco che spesso occupa attivamente la scena spesso fin troppo affollata.
Lode alla parte musicale di un’opera dalla trama semplice, con spunti idilliaci, che continua a generare empatia fra il pubblico travolto dai virtuosismi del belcanto belliniano, ma l’allestimento, audace e multimediale, è piuttosto pasticciato.
“In maniera forse paradossale, abbiamo incentrato questo allestimento non tanto sul risveglio della sonnambula – spiegano Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil > le lab – quanto sul suo addormentarsi, che viene mostrato all’inizio dello spettacolo. La messinscena offre un viaggio all’interno del sonno agitato della protagonista, una giovane che vive in uno stato di dormiveglia, in un regime sensoriale alterato. Attraverso l’uso di video registrati in una camera d’albergo romana, nel quartiere del Teatro dell’Opera e a Palazzo Barberini, seguiamo il viaggio interiore di Amina fino al giorno del suo matrimonio con Elvino”.
In effetti neppure l’attenta spiegazione dei registi nel libretto riesce a giustificare un allestimento fin troppo ambizioso: tutto appare essere una sorta di installazione performativa (con le più celebri arie proposte come performance numerate) che svolge all’interno della Galleria Elvezia, una galleria d’arte pop-up collocata sul palcoscenico del Teatro Costanzi che dovrebbe richiamare la Svizzera dove si svolge l’azione evocata dalle bandiere e dagli abiti in simil Ottocento.
Se i registi spiegano i diversi livelli di lettura proposti nel loro allestimento, è pur vero che lo spettatore si trova travolto da troppi input e tutto appare troppo confuso (o forzato, come i messaggi whatsapp di Amina travolta dai dubbi prima del matrimonio).
In un andirivieni continuo fra contemporaneo e classico, troneggia di tanto un grande letto al centro, sullo sfondo i pannelli che triplicano in versione attualizzata quadri classici, una Amina di giallo vestita, una Lisa in versione femme fatale di nero vestita. In scena insomma una Sonnambula bellissima da ascoltare, un po’ meno da vedere per una regia un po’ troppo pretenziosa.
Fabiana Raponi