Quando penso al blu, mi viene in mente la malinconia, uno stato interiore, l’introspezione. To have the blue devils – era un’espressione utilizzata nella lingua inglese dal XVII secolo per indicare uno stato allucinatorio post astinenza da alcool da cui nasce il termine Blues. Musicalmente parlando – mi riferisco al Jazz – si può pensare all’album Blue Train capolavoro di John Coltrane del 1957 o all’album A Kind of Blue di Miles Davis del 1959. Ma non finisce qui. Venti anni dopo, nel 1979, esce il singolo Hey Hey, My My (Out of the blue) di Neil Young. É l’anno in cui esplode il Punk, quando i Sex Pistols cantavano “No future”.
Blue è anche qualcosa a cui non pensiamo mai: è uno stato visivo monocromo che va verso la cecità, causato da un’infezione da citomegalovirus che intacca la retina e che consente di vedere solamente nei toni del blu.
Su Derek Jarman
Blue è uno stato mentale, artistico, esistenziale nel film “Blue” (1993) di Derek Jarman, colpito da questa infezione dopo aver contratto il virus dell’HIV. Vale la pena spendere alcune parole su questo artista inglese scomparso subito dopo l’uscita di questo film. Derek Jarman (1942-1994) artista poliedrico, regista, scenografo, scrittore, pittore, giardiniere, dichiarato omosessuale, sceneggiatore anche di video musicali in pieno periodo Punk (come per i The Smiths e i Pet Shop Boys), ma anche di film come Jubilee del 1977, il suo primo film inglese sulla cultura Punk. Sostenitore delle lotte contro la legislazione anti-gay e sensibile rispetto al problema dell’AIDS. Nel 1986 gli viene diagnosticata la sieropositività all’Hiv ed è qui che inizia il suo isolamento in un cottage a Dungeness, un sito nucleare, dove realizza un capolavoro di botanica. Derek, appassionato di botanica sin dall’infanzia, riuscì ad unire il suo sguardo artistico da pittore alle sue competenze botaniche nella creazione di un suo spazio paradisiaco in cui convivevano sculture di pietra, conchiglie trovate sulla spiaggia, piante, fiori, di cui vi è testimonianza in oltre 150 fotografie scattate dal suo amico Howard Sooley nell’ultimo libro di Derek, appunto “Il giardino di Derek Jarman”.
“Il paradiso è l’ossessione dei giardini e anche il mio ne è ossessionato” (Derek Jarman ne “Il giardino di Derek Jarman”.
É da qui che parte lo spettacolo Derek Jarman. Thinking blind, spettacolo andato in scena il 20 e 21 aprile 2024 nell’ambito della Rassegna Itaca (in corso sino al 2 giugno 2024 al Teatro Fontana di Milano) e già performance finalista alla Biennale Teatro di Venezia College Teatro 2021 con la regia di Ivonne Capece e la drammaturgia di Capece e Walter Waleri. Capece, regista originale e sperimentale nel panorama teatrale italiano, fondatrice della compagnia teatrale (S)blocco5 nella città di Bologna è da poco anche direttrice artistica del Teatro Fontana di Milano. Derek Jarman. Thinking blind è un omaggio al film Blue e alle ultime fasi della malattia di Jarman, in particolare è un omaggio al pensare da ciechi (thinking blind appunto), ovvero sviluppare un pensiero senza organi, in cui possa trovare posto ciò che non vediamo. Blue infatti è anche mare, spiritualità e dolore: “siamo pesci nel mare, immersi nella fluidità del mondo. Un mondo inquinato”. Nel film Blue Jarman parla della sua malattia, è un film a immagine fissa in monocromo Blue Klein. Colpiscono la voce fuori campo narrante, profonda e bellissima di Darek e le musiche auliche di Simon Fisher Turner.
Derek Jarman. Thinking blind.
Siamo nel giardino nell’eden dove un’enciclopedia artistico-storico-sociale sui colori (Chroma) è un viaggio onirico verso la visione monocroma del blu e verso la cecità.
Darek Jarman. Thinking blind. è un viaggio nella parola che, più che enunciata sembra un ipnotico canto volto a connetterci con la parte più profonda e spirituale di noi stessi. Capece ha pensato infatti a un’immersiva esperienza sonora, in cuffie wireless che quasi invita a spegnere il senso della vista per rendere totalizzante l’esperienza dell’ascolto.
Sul palco c’è una Eva-Natura vestita di blu, di cui non vedremo mai il volto e di cui potremo sentire solo la voce. É Ivonne Capece, quasi per tutto il tempo immobile e di spalle sul palco, è come un fiore parlante dentro questo giardino paradisiaco e surreale. Derek Jarman è un Adamo danzante (interpretato da Giulio Santolini) in continua metamorfosi: “la tua retina è un pianeta distante (…) hai perduto la visione periferica dell’occhio destro, la retina danneggaiata ha iniziato a staccarsi”(dice). Anche il corpo di Adamo-Derek si cospargerà di macchie blu.
La performance parte da qui per fare una riflessione più profonda e ampia sulla tragedia dell’epidemia di HVI diffusa nella comunità Lgbt negli anni 90, ma è anche un’esplosione di energia, un tableau vivant di emozioni. Malinconia, dolore, saggezza e forza si mescolano: è il “Blu che si addentra nel labirinto”. Bicchieri d’acqua blu popolano il palco, mentre un’affascinante storia sui colori tratta da Chroma. A book of color di Derek Jarman (1993) è una riflessione sulla società, a volte critica e dura, a volte poetica e artistica. Anche la musica diventa Blu, quando, esattamente come pesci, siamo immersi in un soundscape marino: sentiamo il suono del mare, come quello che possiamo ascoltare quando accostiamo una conchiglia alle nostre orecchie.
Derek Jarman. Thinking blind è un invito a vivere dentro nuovi stati di coscienza e nuove galassie esistenziali, dove convivere con il dolore diventa uno stimolo universale ad accettare la propria condizione, creando nuove prospettive di vita e nuove forme di vita.
Le piante in un giardino sono lo stato vitale verso cui ci si muove: raffinata, leggera e commovente la scena finale in cui Derek- Adamo si innalza spiritualmente mettendosi a nudo, abbandonando lo status di umano-animale per passare a quello di pianta. È perpendicolare sulla forza delle sue braccia, resta immobile, di spalle, esattamente come quel bellissimo fiore-blu- Eva (Ivonne Capece): “Abbandonare l’orizzonte animale/umano per per riscoprire la verità fluida del mondo, cioè un rapporto più autentico con la vita” (da una recente intervista a Ivonne Capece pubblicata su Gay.it)
A kind of blue….
Lavinia Laura Morisco