La storia del Novecento di Gaeta va in scena al Teatro Ariston col sottotitolo “Quando la canzone si fonde con la Storia dei nostri padri”, intersecata dalla voce potente di Lina Senese che intona canti e canzoni di libertà.
Il Comune di Gaeta (l’etimologia del toponimo affonda nel mito tra gli Argonauti, Enea e la maga Circe) rievoca così l’ottantesimo anniversario della liberazione della città dal nazifascismo, avvenuta il 19 maggio 1944 per opera delle truppe americane, entrate in una città ridotta in macerie e alla quale il Presidente della Repubblica, il 15 febbraio 1961, conferì la medaglia d’argento al valor civile per aver stoicamente resistito a bombardamenti e rappresaglie.
La popolazione gaetana subì 12 incursioni aeree alleate tra il 9 settembre con l’entrata dei tedeschi in città e l’ordine di evacuazione anche dai territori circostanti, e il 19 maggio 1944, giorno della liberazione e rientro dall’esodo sui monti limitrofi.
Il sindaco Cristian Leccese, introducendo lo spettacolo, lancia un messaggio di pace affermando che il destino dei popoli non passa attraverso le guerre e che la tradizione di Gaeta alla libertà deve essere trasferita alle nuove generazioni come valore fondante.
La voce narrante del giornalista Giuseppe Bonavolontà conduce il pubblico attraverso le tappe storiche della vita di Gaeta, abilmente ricostruite drammaturgicamente da Cosmo Di Russo, storiografo di rigoroso studio e appassionato cantore della valenza geograficamente strategica della sua città.
Ricchissimo e a tratti inedito il corredo iconografico di oltre 200 immagini della città bombardata, del festoso arrivo degli alleati accolti dalla popolazione, dell’abbattimento dei fasci littori sulla casa del fascio e di innumerevoli altre immagini di repertorio dell’Italia littoria e della propaganda, che Di Russo ha attinto dal suo vasto archivio con una ricerca filologicamente pertinente.
Sobria e sanguigna, fasciata in un abito vermiglio che evoca sangue e libertà, Lina Senese lancia la denuncia contro le atrocità della guerra intonando La guerra di Piero di De André, abbracciata da un prato di rossi papaveri proiettato sullo schermo.
La lotta di protesta e di emancipazione femminile dalle condizioni di lavoro durissime passa attraverso Il canto delle mondine, attinto dal repertorio popolare e sociale, trasformato in canto di lotta contro lo sfruttamento padronale sulla melodia della canzone risorgimentale La bandiera tricolore, trasformato dopo la guerra in un canto partigiano.
Il viaggio nella storia continua con gli intermezzi di reading e le canzoni dei soldati della prima guerra mondiale come La leggenda del Piave, mentre la tragica attualità della guerra irrompe con ‘O surdato ‘nammurato e il canto degli alpini Quel mazzolin di fiori. Poi la classica ‘O sole mio musicata sui versi di Giovanni Capurro da Eduardo Di Capua in una giornata di sole a Odessa nel 1898, l’abruzzese Vola vola vola, la canzone popolare calabrese Calabrisella e quella siciliana Vitti ‘na crozza, la napoletana Santa Lucia luntana dedicata agli emigranti che partivano per terre lontane dal porto di Napoli, la canzone dei soldati al fronte Lili Marleen, l’inno dei partigiani La Brigata Garibaldi.
Gli americani introducono nuovi ritmi e nascono figli neri, come racconta Tammurriata nera e il brano charleston con il corpo di ballo de Il Centro del Movimento di Rita Spinosa. L’anima napoletana di Lina affiora con Na sera ‘e maggio, la canzone rivolta agli Alleati a Napoli Simmo ‘e Napule paisà e un medley di brani iconici.
La tessitura del teatro-canzone prosegue con l’interpretazione vibrante di Haber yakir li in ebraico e l’Inno di Mameli che vibra potente, per concludersi con La vie en rose, brano dell’altra anima di Lina, quella francese che l’ha fatta definire “la nouvelle Edith Piaf”.
I musicisti l’accompagnano suonando dal vivo ed esibendosi in alcuni magnifici assolo: arrangiamenti di Raffaele Cherubino che suona piano, sax e flauto, alle chitarre Massimo Izzizzari, alla batteria Azeglio Izzizzari, al basso Mauro Arduini.
Tania Turnaturi