Per la prima edizione di Planetaria, il Festival di divulgazione artistica e scientifica dedicato all’emergenza ambientale e co-prodotto dal Teatro della Toscana, è in scena, presso il Teatro della Pergola di Firenze, Una tazza di mare in tempesta, la breve pièce di Roberto Abbiati, Premio Fiesole per le arti, liberamente ispirata al romanzo Moby Dick di Herman Melville e a Un Tentativo di balena di Matteo Codignola.
Il pubblico è esortato al silenzio ancora prima dell’ingresso nell’antica sala da ballo, raggiunta attraverso il curioso percorso tra le scale di sicurezza del teatro; effettivamente, l’ espediente che vuole invitare all’ascolto e alla comprensione come esperienza centrale, ha immediato particolare successo, mentre gli spettatori sono accolti dal suono rituale e vibrante del didgeridoo di Johannes Schlosser e raggiungono la piccola stiva di una nave bizzarra che rassomiglia all’interno di una botte di legno, arredata per un viaggio straordinario nelle perigliose acque di un sogno.
Attraversare la bibbia del mare non è uno spettacolo per bambini, racconta Abbiati, ma saranno i bambini, forse, quelli che sapranno meglio spiegare agli adulti il movente omerico che invita i mozzi ancora inesperti a veleggiare verso coste sconosciute, per conoscere se stessi.
Un fracasso scuote le assi di legno, fino a quando la musica di Fabio Besana non quieta la piccola stanza oscura, in partenza per l’avventurosa immersione nell’ignoto; allora, la sapienza scenica prende progressivamente a concedere vita a tutti gli angoli dello spazio, ornati di tabernacoli votivi che celebrano le arti più disparate; si animano e si illuminano di luce calda e diretta, uno per uno, tanti piccoli sipari che si aprono e si chiudono, ciascuno secondo la profondità scenica del brano che li occupa di corposa atmosfera lirica.
La botte gettata tra le onde si muta in bottega artigiana delle meraviglie e macchine sceniche ingegnose e barocche, piccoli oggetti straordinari, riescono ad evocare la grandezza del romanzo e a materializzare miracolosamente la narrazione, attraverso sculture minute di argilla, grucce, pezzettini di tela che mimano le vele sbattute dal vento, piccoli frammenti di legno per galeoni di fantasia che hanno il dono di infondere pienamente le sensazioni suggerite dalla cronaca degli eventi, secondo l’arte secolare che fu prima dei cantastorie.
La magia, palpabilissima nell’angusto spazio, è quella delle fiabe che inabissano nelle più profonde sfide, senza annegare, nonostante, nella bufera della tempesta, trapeli anche l’acqua dal ponte della nave e traballino le lampade, memori di atmosfere già fermate nel tempo da Van Gogh e Picasso.
La potenza dell’opera di Melville è incorniciata e imbrigliata da una scenografia di puro, ricercato incanto che riesce a ricostruire nel dettaglio una storia oscura, eroica e picaresca.
I bambini che assistono sono incantati e i più grandi rassomigliano ai piccoli, nello sguardo assolutamente assorto: non c’è altro da fare che assicurarsi agli sgabelli e aspettare che la tempesta si sfoghi, che il destino, predetto dai desideri, accomuni la balena alla baleniera, che il male prosciughi la rabbia e la sete di vendetta.
All’indefinito biancore dell’essere vivente più grande del pianeta che minaccia di annullare la piccolezza dell’antropocentrismo, sopravvivrà solo il testimone della disfatta, aggrappato ad una bara galleggiante e, così, al senso intero della vita.
Ines Arsì
UNA TAZZA DI MARE IN TEMPESTA
dal Moby Dick di Herman Melville
un viaggio in mare di Roberto Abbiati
in compagnia di Johannes Schlosser
musiche originali di Fabio Besana
teatro de gli Incamminati
spettacolo realizzato con il contributo di Armunia
Foto di Lucia Baldini