Atlantis ha radici lontane. Nel 2015 Armando Punzo ha avviato una ricerca sul canone occidentale e sui suoi limiti, a partire dai testi di uno dei suoi massimi rappresentanti: William Shakespeare. Dopo un primo lavoro (Dopo la Tempesta, 2015-2016), nel quale l’affresco umano dipinto dal Bardo veniva messo in discussione per la sua ineluttabile graniticità, il percorso è proseguito con l’approdo alla poetica di Jorge Luis Borges (Beatitudo, 2017-2018), un autore capace con il suo surrealismo magico di offrire un diverso punto di vista sull’esperienza umana e letteraria. L’ultimo atto di questo lungo viaggio che muove dall’Homo Sapiens per andare verso un ideale Homo Felix è stato Naturae-La valle della permanenza (2019-2022), per il quale Punzo e la Fortezza hanno dato vita a un quadro visionario abitato da figure, parole e immagini capaci di dare forma a qualità interiori che esistono, hanno una loro concretezza, ma che difficilmente facciamo emergere: armonia, letizia, stupore, principio speranza…
Atlantis tenta ora un passo ulteriore nella creazione di questa opera infinita che ha al centro una riflessione sulle potenzialità dell’uomo e sulla felicità. Come in Naturae, non c’è un autore di riferimento. La drammaturgia prende forma dall’idea che si può non essere soli in questo mondo, che il sapere e la conoscenza s’incarnano in una costellazione di uomini e donne che ci traghettano verso domande non usuali.
Il loro punto di vista, la loro vita trascorsa al servizio di un’idea più grande di loro allarga gli orizzonti ristretti della nostra esistenza. Punzo sembra voler convincere il mondo intero che è possibile dar forma a un altro mondo, a un altro uomo. I suoi strumenti sono quelli che lui definisce lo sguardo infante e gli uomini straordinari che questo sguardo hanno saputo mantenere. Si tratta di ricerca utopica, di utopia come la intende Ernst Bloch: quel “davanti a noi” che prefiguriamo e che possiamo realizzare grazie al nostro impegno. La riscoperta della forza rivoluzionaria dell’utopia concreta al tempo del pensiero distopico.
La prigione reale, nella sua poetica, resta metafora di una prigione più grande dove tutti siamo rinchiusi e della quale possiamo liberarci: “Il mondo urla la sua presenza agonizzante fuori da queste mura”.
Note di regia
Il tempo buio ha sempre accompagnato il viaggio dell’umanità, questo è innegabile, fino ad essere inciso in noi come una ferita profonda che definiamo “realtà”. La Realtà. Ci si chiede se questa non sia solo parte della verità, se non sia solo una questione di punti di vista. Tutto dipende da dove poniamo il nostro sguardo, da cosa stiamo cercando, dalla qualità della nostra azione e dal modo in cui essa si riflette nel mondo. La domanda è: cos’è che ci guida? La paura che si genera da questa ferita, di cui pure siamo consapevoli, o il bisogno di non arrenderci ad essa, di non arrenderci a noi stessi compromessi da questo sguardo che annichilisce ogni altra strada?È ancora possibile concederci il coraggio di superare questo sentimento di stasi e guardare verso i segni, le forme, la concretezza di una luce non buia?
Si tratta, forse, di abitudine, di routine del nostro essere quotidiano, di dimenticanza, di mancanza di energie da convogliare verso uno sforzo che ci affatica. C’è in gioco la qualità della nostra vita, ma sembra che questo non ci interessi. Dimentichiamo. Mettiamo da parte, neghiamo, senza rendercene conto, quello che potremmo essere a favore di quello che siamo. Cerchiamo strade nel mondo dell’adesso, non pensiamo di poter uscire dal recinto in cui ci sentiamo comunque rinchiusi.
Non guardare alle nostre altre potenzialità è diventato un gioco alla moda, non solo per la politica, ma anche per molti artisti. Guardare alle possibilità più che alle impossibilità è un’offesa al senso comune. Schiere di persone cosiddette “impegnate” stigmatizzano il solo porsi domande in tal senso. Ma questa è l’unica strada che resta invece insuperata e profondamente rivoluzionaria, perché contrasta la natura umana con le armi dell’umanità nell’uomo. Oggi, per molti, il teatro che non affronta direttamente temi di attualità è un teatro che parla di nulla, un teatro senza senso, senza valore politico. Ma non è l’uomo in tutte le sue migliori potenzialità l’attualità più attuale di tutte? Non dovrebbe esserci proprio l’essere umano nel suo più completo essere e sviluppo al centro della nostra ricerca? Non è questa azione di ricerca interiore, la più attuale tra le azioni? Molto più necessaria di quelle che sembrano definirci svilendoci e lasciandoci incatenati a una natura scritta per sempre?
Negli uomini ho imparato a cercare il bene, le potenzialità, non il buio, il male, i limiti.
La storia dell’uomo, quella parallela e tangente alla cosiddetta grande storia che tanto ci attira, è costellata di umanità che non si è arresa al senso comune, un’umanità curiosa, spesso definita geniale per allontanarla da noi, ma che indica invece possibilità in noi straordinarie.
Le domande di quelle donne e quegli uomini, in tutti i campi del sapere umano, della conoscenza, sono anche le nostre domande. Dove arriva un uomo possono arrivare tutti gli uomini.
Il protagonista di questa storia non accetta più la realtà in cui vive, decide di prendere le distanze da sé stesso e da un mondo in cui non si riconosce più. Parte per un viaggio che lo porterà a scoprire possibilità fino ad ora mai immaginate.
Questa è la scintilla iniziale.
“Lui” è il suo nome.
Il suo compito è portarci da un’altra parte, farci scoprire nuovi orizzonti. La sua missione è dimostrare che c’è un’altra possibilità. Deve svelare e dar forma a una visione che sembra impossibile realizzare.
Il nostro compito, al tempo stesso, è di portarlo da un’altra parte, fargli scoprire nuovi orizzonti. La nostra missione è dimostrare che c’è un’altra possibilità. Dobbiamo svelare e dar forma a una visione che sembra impossibile realizzare.
La distanza che separa noi e Lui è quella che ci troviamo a colmare e riempire di senso mentre scriviamo e viviamo la sua storia. Ciò che accade a Lui deve corrispondere a ciò che accade a noi nella nostra esistenza quotidiana.
Dobbiamo diventare capitani di noi stessi per traghettarci oltre noi stessi.
Armando Punzo
Prenotazioni aperte, entro e non oltre il 20 luglio 2024, per le seguenti repliche: sabato 27 luglio ore 16.30
domenica 28 luglio ore 16.30 lunedì 29 luglio ore 16.30 martedì 30 luglio ore 16.30 mercoledì 31 luglio ore 16.30 giovedì 1 agosto ore 16.30 venerdì 2 agosto ore 16.30 sabato 3 agosto ore 16.30
E’ possibile effettuare le richieste per poter assistere alle repliche di “ATLANTIS Capitolo2″ presso la Fortezza Medicea/Casa di Reclusione di Volterra. Seleziona la data e compila il form online, dove troverete le informazioni utili relative ad autorizzazioni e ingressi in carcere