Geova Heart Mother: intervista a Ettore Ferrini
Ettore Ferrini pubblica le sue prime vignette satiriche nel 2009, ma si impegna da sempre nella denuncia e nella dissacrazione degli estremismi e degli analfabetismi. Sono oramai famosi i suoi interventi comici e sarcastici sui gruppi social, tanto che, anche di recente, rispondendo a esternazioni omofobe che prendevano di mira Tiziano Ferro, ha raccolto l’attenzione di Radio Capital che lo ha intervistato in diretta radio. Nel 2010 inizia la sua fortunata produzione per il Vernacoliere, rivista storica del settore, di cui oggi è uno degli autori principali, grazie alla rubrica Pensieri in Ironia e soprattutto alla tavola Famiglia Padana, lo scorso mese trasformata in Famiglia Littoria. Nel 2011 pubblica il primo libro, Non ho niente contro i preti… altrimenti lo avrei spruzzato dappertutto seguito, nel 2012, da Il Sacro e il Propano, scritto a quattro mani con Gabriele Moretti. Nel 2014 è su tutti i giornali d’Italia per aver scritto il testo della canzone Quando i grillini fanno no, cantata da Tony Troja, parodia del noto pezzo di Povia dedicata alle rigidissime regole del primo M5S. Nel 2016 esce Cinemaialate, una sorta di Morandini al contrario, scritto assieme a Claudio Marmugi. Nel 2018 esce Linkoglioniti, il primo saggio comico sui social e arriva anche la prima vittoria in tribunale, contro un deputato della Repubblica che lo aveva querelato per diffamazione: Carlo Sibilia, antivaccinista al quale aveva, come da tradizione, risposto sarcasticamente su Facebook. È stata una sentenza storica che ha stabilito un importante precedente sul diritto di satira. Nel 2020 esce il suo primo romanzo Snake, seguito da un’altra querela che fa scalpore. Stavolta viene portato in tribunale da cinque suore, ma il giudice riconosce la libertà d’espressione e archivia. Nel 2022 esce la seconda parte del dittico: Snake 2. Il 2023 è l’anno di Boule de Neige, romanzo in larga parte autobiografico e che comincia proprio là dove finisce Geova Heart Mother.
Geova Heart Mother é fresco di stampa ed è già un successo. Di cosa parla?
È la storia, quasi vera, dei miei primi diciott’anni vissuti da testimone di Geova. Tutto ciò che concerne la religione e l’applicazione delle sue regole è assolutamente reale. I personaggi sono ispirati a persone che ho davvero conosciuto e frequentato, ma i loro nomi ovviamente sono diversi e le azioni che attribuisco loro spesso sono la somma di varie esperienze.
Perché hai deciso di raccontare questa storia?
Ho iniziato a scrivere solo per raccontare com’era nato il personaggio di Boule De Neige, perché era piaciuto molto e anche quel libro racconta tanto di me, dei miei “anni 90”. Invece mi sono ritrovato in qualcosa di molto più grande, e lo dico con estrema franchezza. Si è rivelata una lunga seduta di autoanalisi, nella quale ho fatto i conti con parecchi fantasmi del passato. Del resto con i veri testimoni di Geova a me è proibito parlare, quindi se anche avessi voluto ricercare quelli reali sarebbe stato inutile, oltre che folle, dopo trent’anni. Qualcuno sarà pure morto, di sicuro lo sono io per loro.
Come mai sostieni ti sia addirittura proibito parlare con i testimoni di Geova? Sei nato e cresciuto in una famiglia praticante. Come è possibile, ora, non avere più alcun contatto con delle figure di riferimento come genitori, parenti, amici che ti hanno visto crescere?
Con i genitori, chiaramente, puoi continuare a parlare, sebbene capirai che i rapporti si complichino parecchio, soprattutto se vivi con loro. È imbarazzante, per esempio, trovarsi a tavola mentre pregano e tu guardi il soffitto. I parenti riducono al minimo indispensabile i contatti, diciamo che ti rivolgono giusto qualche parola se vengono a trovare i tuoi. A tutti gli altri, amici d’infanzia inclusi, è assolutamente proibito anche soltanto rivolgerti il saluto se ti incrociano per strada. Per questo quando vieni disassociato è un’esperienza traumatica, perché prima fanno in modo di non lasciarti frequentare chi “fratello” non lo è e poi ti abbandonano completamente. In definitiva ti ritrovi totalmente solo, sia là dentro che fuori. Peraltro, soprattutto a quell’età, un testimone viene percepito dagli altri adolescenti – perlopiù cattolici – come una specie di invasato e non è affatto semplice integrarsi.
Questo ambiente culturale e religioso deve aver profondamente condizionato la tua formazione e le tue relazioni, eppure le figure primarie del nucleo familiare restano un riferimento, nonostante possano anche apparire molto distanti da noi. Ritieni di esserti svincolato dalle tue radici, anche senza reciderle?
Nel titolo non è un caso che ci sia la parola “mamma”. Perché lei era veramente una testimone modello, per anni è stata una pioniera regolare, cioè dedicava 1000 ore all’anno alla predicazione di casa in casa, significa circa tre ore al giorno. Certo, può sembrare una pazzia, ma questo ti dà anche la misura della distanza che nel tempo si è creata fra di noi. Per lei ero letteralmente un morto che camminava, perché Geova mi avrebbe giustiziato nel giorno di Armageddon. Immagino che sia stato un dolore quasi insopportabile, ma io per quanto si possa amare una madre, non potevo rinunciare alla mia vita, peraltro fingendo di essere qualcosa che non ero, comportamento che comunque non avrebbe accontentato lei e tantomeno me.
Il titolo del romanzo sembra anche voler omaggiare Atom Heart Mother, forse un disco emblema della maturitá artistica dei Pink Floyd. Possiamo ritenerlo il rimando ad una fase importante della tua crescita artistica ed umana?
Le citazioni e gli omaggi ai miei riferimenti sono tanti, i capitoli per esempio si chiamano tutti come film di Truffaut e di Hitchcock. Il primo ha raccontato meglio di chiunque altro l’adolescenza, il secondo la paura, che sono gli ingredienti principali del mio racconto. I Pink Floyd c’entrano moltissimo con la mia storia, perché mi fu proibito di ascoltarli in quanto ritenuti – senza alcuna ragione – musica satanica. Dovetti disfarmi di un’intera collezione che oggi varrebbe una fortuna.
Atom Heart Mother di sicuro è un disco di rottura, di cambiamento. E anche di smarrimento, perché la strada da seguire l’avrebbero trovata nel disco successivo, dove c’è Echoes. Per questo credo che sia affine al mio libro.
Quali sono i protagonisti del romanzo? E quali le figure antagoniste?
I personaggi principali del racconto sono: Daniel, un ragazzo che paradossalmente io ho convertito ai Testimoni e che poi è diventato un impeccabile soldatino facendo la spia sui miei peccati. Mirco, un ‘fratello’ che ne aveva combinate più di me ma era diventato bravissimo a non farsi scoprire e poi due grandi, travolgenti, amori: Rebecca e Julìe. La prima è l’amore che mi è stato negato, fatto di segreti e sotterfugi, lettere d’amore scambiate di nascosto. La seconda è la ragazza che – pur inconsapevolmente – mi ha aiutato ad uscirne fuori, mostrandomi che si poteva amare e darsi piacere anche senza attendere anni per sposarsi. Ai testimoni di Geova non solo è proibito qualsiasi contatto fisico, compreso il tenersi per mano, ma anche il semplice vedersi da soli per parlare. L’antagonista principale forse è il Sorvegliante Igor. Ma non voglio svelare troppo.
Si può ritenere si tratti di un romanzo di formazione che testimonia l’emancipazione della propria identità da canoni imposti?
Sì, è decisamente un romanzo di formazione, ed è stato un lavoro non facile rindossare quei panni lì, ricordarsi quella meraviglia, lo stupore che c’è negli occhi di chi ancora ha molto, se non tutto, da scoprire. Il mio cervello di adesso, più cinico e nichilista ha operato una certa resistenza.
Ma quali consapevolezze si guadagnano scardinando i canoni restrittivi del proprio gruppo di appartenenza? Ci si sente liberati dai lacci di credenze che non ci appartengono?
La libertà è un concetto che hanno tentato in molti di teorizzare, da Aristotele fino alle visioni orientali come il taoismo. Non sarò dunque io a definirla, comunque penso che essere liberi non significhi poter fare tutto ciò che ci pare, ogni persona deve certamente tendere alla propria realizzazione ma nei limiti dell’etica e della virtù. L’io ha la funzione di dominare l’es, altrimenti saremmo controllati da istinti esclusivamente egoistici. Però, attenzione, l’etica e la morale sono due faccende molto diverse, la prima esiste in funzione della ragione e del rispetto degli altri, la seconda è un parto della religione, del’ timore’ di Dio e del suo giudizio. Ecco, io sono cresciuto in un ambiente dove c’era molta morale e pochissima etica.
L’ironia è uno strumento di dissacrazione ancora efficace nel nostro sistema sociale?
Non tutta è efficace, non tutta è di buon gusto, ma di sicuro preferisco vivere in una società in cui si fa anche ironia discutibile che in una dove la satira è sottoposta a delle regole. La satira è sempre contro, se la ingabbi diventa propaganda.
Nel contesto storico attuale, ritornano ad acuirsi barriere profonde e conflitti sanguinosi che certamente hanno ragioni anche culturali e religiose. Questo libro è destinato a trasmettere un messaggio di riflessione?
Spero di sì. Credo che usare la torcia della satira, a volte anche spietata, sugli aspetti illogici della religione o delle superstizioni sia sempre salutare. Al di là di questo, posso affermare per esperienza diretta che sui social è diventato ormai impossibile scrivere di scontri religiosi, soprattutto se si tratta di ciò che sta accadendo a Gaza. Qualsiasi post a riguardo viene fatto scomparire, nascondendolo agli utenti. Lo chiamano Shadow Ban, ma si legge Censura. Questo meccanismo aumenta l’ignoranza e di conseguenza alimenta le posizioni polarizzate, basate solo sui pregiudizi.
In definitiva è ancora una volta la Fede a vincere contro la Ragione, e soprattutto contro la verità. Questo è un libro che spero faccia riflettere, ma strappi anche qualche sorriso. Non è un libro comico, questo no, ma spero di avergli dato anche una certa leggerezza nella sua tragicità.