Cantata scenica di Gioachino Rossini
Il viaggio a Reims
Cantata scenica di Gioachino Rossini
Come rovinare un viaggio e lasciare tutti contenti
A cura di Giosetta Guerra
Il viaggio a Reims è una cantata scenica di Gioachino Rossini, che ha come tema centrale l’incoronazione di Carlo X a re di Francia nella cattedrale di Reims. È una composizione vivace e ricca di colore con un ritmo frizzante e serrato che a volte si placa in pagine di accurata melodia. Il colore è dato dalle differenti peculiarità degli Stati europei da cui provengono gli illustri partecipanti al viaggio, le pagine accorate esprimono i sentimenti d’amore che sorgono tra questi personaggi, forzatamente riuniti in una spa per incidenti di percorso.
In pratica si narra del viaggio che i capi di ogni stato europeo fanno per raggiungere la cattedrale di Reims e partecipare ai festeggiamenti dell’incoronazione, viaggio purtroppo interrotto da imprevisti che bloccano i reali in un centro termale, dove, per partecipare idealmente alla festa del re, cantano l’inno del proprio stato. Lo spirito di questa cantata può emergere soltanto nel rispetto dei colori e dei movimenti dell’azione scenica e non può essere rovinato o nascosto da una presentazione in forma di concerto, dove non solo non emerge niente di caratteristico, ma non si capisce neanche il plot, perché i personaggi sono tantissimi. Sarebbe stato molto meglio e molto più gradito riprendere l’originale allestimento di Ronconi – Aulenti del 1984 con le marionette dei fratelli Colla, tanto più perché si festeggiavano i quarant’anni da questa prima rappresentazione.
Invece, a chiusura del ROF 2024, nel rinnovato Auditorium Scavolini, i protagonisti de Il viaggio a Reims (in nero gli uomini e colorate le donne), erano seduti davanti a un grande coro tutto nero su un palcoscenico poco illuminato e anch’esso nero. Il viaggio a Reims è una festa mobile e non un quadro immobile. Presentando la cantata in forma di concerto si perde la vivacità dell’azione che è basilare in questo lavoro, si perde anche l’identificazione dei personaggi. Fortunatamente c’è Rossini che ci porta in un mondo scintillante di bellezza e d’ironia, di colore e di effervescenza, di invenzione e di poesia, mondo che è stato proiettato più o meno fedelmente dall’Orchestra e dagli artisti della
serata. L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta da Diego Matheuz, ha alternato momenti di leggerezza e di rispetto delle voci a momenti di invadenza e di fragore. Il Coro del Teatro Ventidio Basso, preparato dal maestro Giovanni Farina, ha affiancato le sonorità dell’orchestra con la potenza delle voci ben amalgamate. I cantanti, non tutti noti, hanno dimostrato di conoscere la prassi esecutiva rossiniana e di saperla applicare in base alle loro peculiarità vocali. Hanno brillato su tutti, per qualità vocali ed interpretative, il Lord Sydney di Michael Mofidian (accattivante voce di basso), il Don Profondo del basso Erwin Schrott (che ha caratterizzato in modo personale l’aria “Medaglie incomparabili”), il Barone di Trombonok del baritono Nicola Alaimo (vocalmente e teatralmente imponente), il Don Prudenzio del basso Alejandro Baliñas, il Conte di Libenskof di Dmitry Korchak (bravo tenore già noto al R.O.F.), il Don Alvaro di Vito Priante (bella voce di baritono).
Brava anche Vasilisa Berzhanskaya, soprano nel ruolo di Corinna, soprattutto nell’aria finale che ha arricchito di dinamiche personali. Nina Minasyan come Contessa di Folleville è stata poco “Folleville”, anche se ha ben eseguito le acrobazie del ruolo. Anche gli altri interpreti sono stati corretti, ma in condizioni compresse si fa fatica a brillare. La Marchesa era Melibea Maria Barakova, Madama Cortese era Karine Deshayes, il Cavalier Belfiore era Jack Swanson, Don Luigino era Tianxuefei Sun (corretto nella dizione e molto preciso), Delia era Paola Leguizamón, Modestina era Vittoriana De Amicis, Zefirino e Gelsomino erano interpretati da Jorge Juan Morata, Antonio era Nicoló Donini. Il pubblico è stato comunque coinvolto dalle acrobazie della musica rossiniana ed ha applaudito calorosamente.